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Cannes: Mungiu, miglior regia

Si è chiuso nel fine settimana il Festival di Cannes. Premio alla miglior regia al romeno Cristian Mungiu, ex equo con il francese Olivier Assayas

23/05/2016, Nicola Falcinella -

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Il romeno Cristian Mungiu non si smentisce. Terza volta in concorso a Cannes e terzo premio, conferma anche del rapporto privilegiato tra il festival transalpino e il Paese cinematograficamente più forte dell’est Europa. Dopo la Palma d’oro per “4 mesi, 3 settimane, 2 giorni” nel 2007 e il premio alle attrici per “Oltre le colline, con “Bacalaureat – Graduation” ha avuto il premio per la miglior regia ex equo con il francese Olivier Assayas per “Personal Shopper”. Nell’edizione della seconda Palma a Ken Loach per “I, Daniel Blake”, Mungiu avrebbe anche potuto puntare a qualcosa di più. È rimasto fuori dai premi il suo connazionale Cristi Puiu, meno fortunato nei rapporti con i palmarès, con l’altrettanto bello “Sieranevada”: la buona notizia è che però quest’ultimo avrà una distribuzione italiana.

Per la Romania un altro premio, quello attribuito dai critici Fipresci, non ufficiale ma molto significativo, per la dura opera prima “Caini – Dogs” di Bogdan Mirica nella sezione Un certain regard. Per il concorso i critici hanno segnalato inoltre la commedia strampalata “Toni Erdmann” della tedesca Maren Ade, in buona parte ambientato tra Bucarest e Buzau seguendo la manager di una compagnia petrolifera e il bizzarro padre che la va a trovare.

Il film di Mungiu

“Bacalaureat” è una vicenda familiare raccontata nell’arco di pochi giorni, con una tensione crescente e il finale che lascia lo spettatore a interrogarsi caratteristico del cineasta. È mattina, un sasso colpisce un vetro della finestra del soggiorno di Romeo, medico separato in casa con Magda, e lo sveglia mentre dorme sul divano. Fuori ci sono cantieri, ma non vede nessuno. Più tardi accompagna in auto la figlia diciottenne Eliza a scuola: mancano pochi giorni agli esami di maturità e i loro pensieri sono tutti rivolti al dopo. La famiglia vuole che vada all’università all’estero, a Cambridge: ha due offerte di borse di studio, ma deve diplomarsi con una media altissima. Il tempo di attraversare la strada, la ragazza subisce un’aggressione con rapina e tentata violenza. Lo shock è forte per tutti, ma ciò che conta è sostenere gli esami. Eliza, deconcentrata, non fa bene la prima prova d’esame e, per integrarla e alzare il voto, serve cercare l’intervento di qualcuno potente.

Intanto la bella amante di Romeo, che ha già un figlio piccolo, ha un ritardo del ciclo mestruale e teme di essere incinta. Tra il preside e un vicesindaco troppo potente e non troppo con le mani pulite, che aspetta un trapianto di rene ed è intercettato dagli investigatori, il giro si allarga. Come in un domino, un tassello cade e ne muove un altro, facendo precipitare nel baratro Romeo, che aveva fama di medico onesto. È molto bella la scena del parco con il protagonista insieme al bambino e il dilemma su come reagire alle prepotenze e alle ingiustizie senza mettersi sullo stesso piano dei rivali. Un film solido, compatto, ambientato in una cittadina di provincia e coprodotto dai fratelli Dardenne, a loro volta in gara e fuori dai premi con “La fille inconnue”. Mungiu riprende questioni morali che riguardano la famiglia e il potere, ricorrenti nel cinema romeno, e le porta fino in fondo, senza fare sconti, né ai personaggi, né a chi guarda.

Turchia

È di buon livello l’esordio del turco Mehmet Can Mertoglu – che si era fatto notare con alcuni cortometraggi – con “Albüm”, vincitore del “Prix Révelation France 4” della Semaine de la critique. Un film rigoroso, pulito, asciutto, composto con inquadrature statiche, girato tra il sud e il centro dell’Anatolia, tra Antalya e Kayseri. Una storia di perbenismo, conservatorismo e apparenze, la normalità che nasconde sentimenti poco nobili sotto il peso delle regole sociali. L’inizio in una stalla moderna, con un toro che insemina una mucca e la successiva nascita di un vitello, sembra avere poco a che fare con la storia, invece la marca.

Poi una coppia, lui insegnante di liceo, lei impiegata ufficio tasse, vuole adottare un figlio senza che si sappia. La donna si mostra in giro con una pancia finta per simulare la gravidanza e insieme si scattano fotografie simulando i passaggi della gravidanza. Nel frattempo visitano alcuni orfanotrofi alla ricerca del bambino. Intendono adottare un maschio e rifiutano la bambina propostagli perché più scura: “Sembra siriana o curda” si dicono. Una volta trovato il neonato che si confà alle loro richieste, i problemi continuano perché il vero punto è che lo sappiano gli altri, i vicini o i colleghi. Così la storia prende una piega ancora più drammatica. “Albüm” è allo stesso tempo un film politico sul controllo e la paura diffusi e i protagonisti sono esponenti di un ventre profondo della Turchia che custodisce segreti e sentimenti di cui ci si vergogna. Anche qui è presente la preoccupazione per gli studi e il futuro dei figli: il direttore di uno degli orfanotrofi è più interessato a dove far studiare la figlia che al suo lavoro e chiede consiglio alla coppia.

Ci sono alcune scene a Sarajevo, ambientate nel 1993, in “Fai bei sogni” di Marco Bellocchio, con Massimo Gramellini (interpretato da Valerio Mastandrea) inviato di guerra per il quotidiano La Stampa. Insieme a un fotografo testimonia una coda per l’acqua, con un mezzo Onu che protegge le donne dai cecchini mentre attraversano la strada. Poi si recano sul luogo di una strage e assiste alla messa in scena di un fotografo che dispone un ragazzino che gioca a un videogioco vicino al cadavere di una donna morta per poterli ritrarre nella stessa inquadratura. E forse non è un caso che, proprio al rientro a Roma dopo questa esperienza, venga colpito dalla prima crisi di panico.

Ancora nella Quinzaine des realisateurs, menzione speciale per i cortometraggi al croato “Zvir – The Beast” di Miroslav Sikavica.

Infine il capolavoro del cinema sloveno “Dolina miru – La valle della pace” (1957) di France Štiglic, presentato in versione restaurata in Cannes Classic, sarà presentato il 23 agosto nella piazza principale di Lubiana per celebrare i 25 anni dell’indipendenza. Un film di guerra, protagonisti due bambini in fuga con un soldato afroamericano, ancora godibile e toccante, una pellicola densa di umanità che merita di essere recuperata.

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