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Bosnia: dal narcotraffico alla Siria

I servizi segreti internazionali lo affermano da un po’ di tempo. Mujaheddin starebbero partendo dalla Bosnia per combattere in Siria. Il settimanale bosniaco Dani ha seguito le tracce di uno di loro

21/05/2013, Majda Tatarević -

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(Tratto da Dani, pubblicato il 25 aprile 2013, selezionato e tradotto da Le Courrier des Balkans e Osservatorio Balcani e Caucaso)

Bajro Ikanović, un wahabita di Hadžići, si è recato in Siria nel 2012 per combattere come volontario. Dalla sua storia si apprende un po’ più sul movimento wahabita in Bosnia di quanto non si faccia dalle informazioni contenute nei rapporti ben documentati dei servizi segreti stranieri. Poco prima di partire per la “Jihad” in Siria Ikanović si era vantato di buone connessioni con mujaheddin dell’Afghanistan, della Cecenia e dell’Iraq, che l’avrebbero potuto “aiutare”.

Come impone la regola wahabita Bajro Ikanović ha dovuto raccogliere dei soldi per mantenere la propria famiglia prima di partire: ha quindi chiesto ai “fratelli” di aiutarlo, discretamente. Aveva inoltre bisogno di fondi per finanziare il suo viaggio. Secondo nostre informazioni lo stesso capo della comunità, Nusret Imamović, si è dimostrato molto generoso.

Secondo le nostre fonti, pochi giorni dopo essere arrivato in Siria, Bajro Ikanović è stato ferito. Aveva raggiunto un gruppo locale specializzato in razzie: di computer, portatili, stampanti, lettori DVD e altri materiali. Problema: un altro gruppo ha voluto rimpiazzarli. I rivali si sono affrontati con le armi automatiche e Bajro Ikanović sarebbe stato colpito mentre tentava di proteggere il bottino.

Gravemente ferito, ha rischiato di vedersi un arto amputato. I suoi “fratelli” siriani gli hanno allora suggerito di rientrare a casa. Ma in Bosnia Erzegovina non ha alcuna assicurazione sanitaria che gli permetta di pagarsi cure così costose. Ha quindi preferito farsi accogliere in un ospedale riservato alle vittime del regime di Bashar Al-Assad, gestito da alcune Ong e finanziato da aiuti internazionali.

Un trafficante convertito al wahabismo

L’avventura di Bajro Ikanović potrebbe essere nulla di più che la storia di qualcuno che ha cercato di trarre profitto dalla tragedia della guerra, e non contribuisce certo a rinnovare l’immagine dei bosniaci, a volte accusati di essere mujaheddin, a volte terroristi islamici o membri di Al-Qaeda… ma soprattutto è una storia che racconta di un passato difficile.

Infatti, secondo la polizia bosniaca, Bajro Ikanović si guadagnava da vivere grazie al traffico di stupefacenti prima di convertirsi all’Islam. La prima volta che si è fatto il suo nome è stato nel 2005: era stato arrestato assieme ad altri wahabiti a seguito di un’operazione di polizia. Erano accusati della preparazione di un attentato in un paese europeo. La polizia ha trovato nell’appartamento dei suoi complici 20 kg di esplosivo, detonatori e armi. Condannato a 8 anni di prigione, Bajro Ikanović si è visto scontare la pena a 4 anni e mezzo in appello.

Nel giugno del 2009 ha beneficiato della condizionale dopo aver trascorso due terzi della pena in una prigione di Zenica. Il fatto che gli sconti di pena possano essere applicati anche a casi di terrorismo è evidentemente uno dei problemi principali della legislazione bosniaca.

Questo è particolarmente vero nel caso di Ikanović: immediatamente dopo la sua uscita di prigione, fa la conoscenza di Imad Al Husin, più conosciuto con il nome di Abu Hamza, uno dei capi dei mujaheddin bosniaci. Abu Hamza è stato anche lui arrestato nel 2008 per terrorismo e trasferito nel centro di detenzione di Lukavica. La procedura per la sua estradizione in Siria è stata bloccata dalla Corte europea dei diritti dell’uomo nel febbraio del 2012.

Legami privilegiati

Alla fine del 2010 Bajro Ikanović dà vita a casa sua a una scuola per wahabiti. In quel momento fa appello ai suoi “fratelli” per ingrandire la propria abitazione. Ma i vicini di casa, spaventati dall’aggressività dei suoi “allievi” hanno avvertito la polizia, che li ha obbligati a trasferirsi. Ikanović ha poi affermato di volersi trasferire a Gornja Maoča, l’enclave wahabita in Bosnia, dove avrebbe potuto allontanarsi da tutti quei "Kafirs" (infedeli) e “Vlaščine”, termine peggiorativo per designare i serbi. In realtà non si sposta da Hadžići.

Infine inaugura un centro di disintossicazione per alcolizzati e tossicomani in una fattoria del paese. Accoglie soprattutto membri della comunità wahabita. Ma questo centro non è che una copertura. Il suo vero lavoro è quello di “esattore” per conto di Dragan Stajić Sijalić, il primo nome sulla lista del crimine organizzato in Bosnia Erzegovina, secondo il ministero degli Interni bosniaco.

Ikanovic avrebbe lavorato anche per Naser Orić, antico capo bosgnacco a Srebrenica e per Naser Kelmendi, uno dei più importanti narcotrafficanti dei Balcani. Quando Kelmendi è stato obbligato alla fuga dalla Bosnia nel settembre del 2012 (è stato arrestato di recente in Kosovo, ndr) Bajro ha chiesto protezione, senza successo, a Naser Orić.

Ikanović avrebbe così deciso di andare a combattere in Siria.

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