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Bosnia Erzegovina: Petrisch impone le modifiche costituzionali

E’ una delle questioni più discusse in BiH negli ultimi mesi. La Comunità Internazionale ha cercato di stimolare una soluzione nata dai soggetti politici bosniaci. Ma come è spesso accaduto l’ultimo passo è arrivato solo grazie ad un’imposizione dall’alto.
Ha collaborato Davide Sighele

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In seguito ad un pronunciamento della Corte Costituzionale bosniaca in merito alla incostituzionalità di alune previsioni di legge delle due Entità, il 27 marzo scorso i leader bosniaci avevano raggiunto uno storico accordo sui cambiamenti costituzionali che andavano approvati dai parlamenti delle due Entità.
L’Accordo, conosciuto sotto il nome di "Accordo di Mrakovica Sarajevo" garantisce uno status paritario ai tre popoli costituenti la Bosnia Erzegovina su tutto il territorio nazionale; prevede dei meccanismi che garantiscano la difesa degli interessi di ciascuna comunità ed inoltre prevede una rappresentanza equilibrata dei tre popoli negli organi decisionali.
Quando però si è arrivati nei rispettivi parlamenti, per la ratifica delle decisioni prese dalla maggior parte dei partiti bosniaci, il processo si è nuovamente bloccato.
Il parlamento della Republika Srpska ha introdotto alcune modifiche costituzionali nella direzione di quelle indicate nell’Accordo ma, come ha affermato Oleg Milisic, portavoce dell’OHR, "i rappresentanti del Gruppo di Contatto, gli ambasciatori francese, statunitense, inglese, tedesco, russo ed italiano, hanno comunicato a quattro dei maggiori rappresentatni politici della RS che gli emendamenti adottati dal parlamento nazionale non erano sufficienti". Dure le reazioni in Republika Srpska. Milorad Dodik ad esempio, per alcuni anni a capo del governo in quell’Entità, ha dichiarato che "l’Alto Rappresentante dovrebbe essere soddisfatto di quanto votato in Parlamento" per poi aggiungere che ciò che viene contestato dall’OHR sono in prevalenza questioni tecniche e quindi marginali.
Nel parlamento della Federazione si è affrontato l’argomento lo scorso 18 aprile, con esiti disastrosi. L’SDA si era già rifiutato di firmare l’Accordo di Sarajevo sostenendo di non avere sufficienti garanzie che le autorità della Republika Srpska lo avrebbero rispettato. I suoi rappresentatni si sono quindi astenuti nel voto in parlamento. Lo stesso è avvenuto per il rapprsentanti dell’HDZ che hanno addirittura abbandonato l’aula sostenendo che "i croati con questo disegno di legge resteranno comunque minoritari e sottorappresentati".

Ma quello che non sono riusciti a fare i due parlamenti è riuscito, come spesso in Bosnia, all’Alto Rappresentante. Quest’ultimo infatti il 19 aprile, giorno successivo alla debacle nel parlamento della Federazione, ha imposto gli emendamenti alla costituzione della Federazione. Questi ultimi non avrebbero a suo avviso raggiunto la maggioranza dei due terzi necessaria alla loro approvazione per "ostruzionismo dei partiti nazionalisti, all’opposizione, l’Sda e l’Hdz". Inoltre, agli emendamenti alla costituzione della Rs, che il parlamento di Banja Luka ha approvato il 4 aprile, Petritsch ha apportato delle modifiche laddove differivano da quanto concordato dai partiti il 27 marzo ( Dnevni Avaz, 19.04.02; Oslobodjenje 20.04.02;
Slobodna Bosna 28.03.02; Ansa Balcani).

"E’ di fatto un primo passo nella direzione dell’abolizione delle due Entità, in ogni caso verso il superamento delle tendenze separatiste" ha dichiarato Christophe Solioz, direttore del Forum for Democratic Alternatives commentando il raggiungimento dell’accordo. "Quello che dona maggior spessore all’accordo è il fatto che è stato il risultato di una negoziazione tra i partiti moderati delle due Entità … certo che il fatto che i due parlamenti non siano stati in grado di approvare poi gli emendamenti costituzionali previsti dimostra ancora come sia forte il potere d’ostruzione delle forze nazionaliste … ".

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