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Bosnia Erzegovina: niente fondi per gli sport

Si aprono domani le Olimpiadi invernali di Pechino e gli atleti bosniaci lanciano l’allarme: è da due anni che il governo centrale non li sostiene in alcun modo

03/02/2022, Marion Roussey -

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(Pubblicato originariamente dal Le Courrier des Balkans il 2 febbraio 2022)               

Lo sport in Bosnia Erzegovina zoppica. Negli ultimi due anni il ministero degli Affari Civili non ha versato alcun fondo al Comitato olimpico nazionale. "Questo ha un impatto diretto sui risultati degli atleti", dice Milanko Mučibabić, vicepresidente dell’organizzazione. In una riunione con i rappresentanti del governo tenutasi a Sarajevo il 18 e 19 gennaio, il Comitato olimpico nazionale ha chiesto lo sblocco di fondi di emergenza.

Infatti, senza soldi, gli atleti bosniaci avranno difficoltà a partecipare alle quattro competizioni internazionali previste per il 2022. A febbraio le Olimpiadi invernali di Pechino; a marzo e luglio, due turni del Festival Olimpico della Gioventù Europea (EYOF) si terranno a Vuokatti (Finlandia) e Banska Bystrica (Slovacchia); infine, quest’estate, dovrebbero svolgersi in Algeria i Giochi del Mediterraneo, rinviati l’anno scorso.

Dal 4 al 20 febbraio, sei atleti difenderanno i colori della Bosnia Erzegovina ai giochi olimpici invernali di Pechino. Tra loro c’è Elvedina Muzaferija, la prima sciatrice alpina della Bosnia Erzegovina a fare punti in Coppa del Mondo, l’anno scorso, nonostante la totale mancanza di sostegno da parte dell’Associazione sciistica bosniaca. Il suo percorso ricorda quello di Lana Pudar. A 15 anni, la giovane nuotatrice è riuscita a qualificarsi per le Olimpiadi di Tokyo senza una piscina olimpica in cui allenarsi o qualsiasi supporto finanziario reale dal suo paese.

Blocco istituzionale e politico

Per il ministro degli Affari civili, Ankica Gudeljević, la mancanza di fondi si spiega con la crisi istituzionale che colpisce il paese. Dall’inizio del 2020, l’Assemblea parlamentare è bloccata a causa di divergenze politiche e la situazione si è ulteriormente aggravata nell’estate del 2021, quando i deputati della Republika Srpska hanno deciso di boicottare le istituzioni centrali. Di conseguenza, i bilanci del 2020 e del 2021 non hanno potuto essere approvati e le sovvenzioni al Comitato olimpico bosniaco non sono state pagate.

Più in generale, non esiste un ministero dello Sport a livello dello stato centrale. Lo sport è sotto la giurisdizione del ministero degli Affari civili, che stanzia solo il 2% del budget nazionale per lo sport ogni anno, e preferisce pagare queste somme direttamente ai club piuttosto che al Comitato Olimpico. In pratica, sono principalmente le due Entità che gestiscono il finanziamento delle attività sportive. Nella sola Federazione, ci sono dieci ministeri cantonali dello sport e della cultura.

Come risultato di questo guazzabuglio amministrativo, lo sport riceve poco sostegno ed è altamente politicizzato. Alcuni club usano i loro contatti ai vari livelli per finanziarsi e ci sono pochi soldi per sostenere gli allenamenti a lungo termine degli atleti di punta. I risultati sportivi che si ottengono sono quindi il risultato di sforzi personali loro e dei loro allenatori.

"Abbiamo dei talenti incredibili ma non vengono premiati", lamenta Anja Margetić, ex nuotatrice olimpica ora membro del partito Naša stranka e vice sindaco di Sarajevo, intervistata da Al Jazeera. "Questo spinge gli atleti a lasciare il paese. Quelli che rimangono non partecipano a competizioni importanti o solo sporadicamente”.

A suo avviso il finanziamento pubblico dovrebbe essere coordinato dal livello statale e si dovrebbero mettere in atto soluzioni concrete: per esempio, lasciare la gestione degli sport praticati a livello nazionale alle Entità e fare invece fare in modo che le grandi competizioni internazionali rientrino sotto la responsabilità delle istituzioni statali.

Il progetto è già stato messo sul tavolo diverse volte, ma viene osteggiato dai partiti etno-nazionalisti al potere, riluttanti a investire in squadre sportive multietniche. Un’alternativa è quella di incoraggiare la diaspora e le aziende bosniache o internazionali a sponsorizzare gli atleti. "Lo sport e la cultura uniscono le persone. Questo è precisamente il motivo per cui non sono stati incoraggiati dallo stato negli ultimi 30 anni”, chiosa Anja Margetić.

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