Bosnia e vignette
Il settimanale sarajevese Dani ha chiesto a scrittori, intellettuali, giornalisti, personaggi della vita pubblica e religiosa della Bosnia Erzegovina cosa pensano delle caricature su Maometto. Nostra traduzione
Di Esad Hecimovic, Dani 10 febbraio 2006 (tit. orig. Svijet i mi: karikature poslanika Muhameda uzdrmale su planetu Il testo che segue è un estratto del lungo testo orginale).
Traduzione per Osservatorio sui Balcani: Ivana Telebak
Nermina Kurspahic, scrittrice
In concreto, partendo dal diritto assoluto alla libertà d’espressione, che comprende anche la libertà di credenza, i giornali danesi hanno messo in atto anche il diritto di rappresentare il profeta Maometto, anzi di vederlo come terrorista. Il vero problema non è tanto nella rappresentazione, alla quale sono inclini gli sciiti, ma nell’interpretazione di tale visione del Profeta. I caricaturisti danesi e di altri paesi, così come i giornalisti, potevano immaginare che questa rappresentazione avrebbe potuto essere offensiva per gran parte dei musulmani. Però, non potevano prevedere tutto il resto. Credo che siano sinceri quando dicono che gli dispiace che con le loro caricature hanno offeso le credenze religiose di molti musulmani. Sarebbe stata una buona cosa se ci fossero state delle proteste, ma di quelle che portano al dialogo, alla disputa degli argomenti, e che tenessero conto anche di queste scuse. Tutto quello che è accaduto dopo è stato un eccesso. E anche di più. Le ambasciate bruciate, i morti e le minacce di tagliare le teste e di sgozzare (queste parole sono state dette fra i manifestanti a Londra, su una c’era scritto Ready for real Holocaust). Per me questa è la maggior caricatura della religione. Il maggior danno alla dignità dell’islam lo recano quelli che vogliono tagliare le teste di innocenti e che spingono a suicidi di massa. Le loro azioni sono più pericolose di qualsiasi disegno. Alla fine sono stati loro a produrli.
Neven Andjelic, pubblicista
Sembra che un senso di solidarietà abbia colto l’Europa occidentale, così che i giornali hanno mostrato solidarietà per il giornale danese attaccato, pubblicando le controverse caricature in nome della libertà di parola. "Siamo tutti danesi", è il sottotitolo sul sito internet Brussels Journal. Significa allora che Samuel Huntington aveva ragione scrivendo dello scontro di civiltà. Tuttavia, sembra che si tratti di più di uno scontro tra i principi delle società secolari dell’Occidente e del mondo religioso, diciamo, dell’Est. Il problema che ha l’islam con gli standard dell’Occidente non è significativamente diverso dal problema di altre grande religioni monoteiste. Offendere le cose sacre della religione è tollerato nel nome della libertà di pensiero, ma esistono comunque delle differenze nel rapporto con le cose sacre. Quando tre anni fa allo stesso giornale danese Jyllands-Posten furono offerte una serie di caricature su Gesù Cristo, la redazione rifiutò di pubblicarle per non offendere la minoranza dei suoi lettori. Ricordiamoci le reazioni ai film Amen di Kosta Gavras, oppure L’ultima tentazione di Cristo di Martin Scorsese, poi il noto romanzo Il codice Da Vinci di Dan Brown. Sono state forti, passionali, ma la gente non moriva per il sentimento di offesa della religione. Queste dimostrazioni sono state organizzate prima. Guardate solo le scene di Beirut: tutti hanno le stesse bandiere. E’ curioso che nessuna bandiera fosse gialla, come quella del partito sciita più forte – Hezbollah. A loro la rappresentazione di Maometto, dunque, non dà fastidio, e nemmeno ai musulmani sufi. La questione sta nell’interpretazione della religione. Anche l’insegnamento sunnita e wahabita vieta queste rappresentazioni, proprio come l’insegnamento fondamentalista protestante vieta la rappresentazione di Gesù Cristo. Però, l’Europa è più attenta verso le religioni "autoctone" così lo Spectator londinese, due anni fa, si è scusato con la comunità ebraica per aver pubblicato sulla prima pagina la stella di David che dirige la bandiere britannica. Nessuno allora aveva mostrato solidarietà per la libertà d’espressione. Forse veramente un’Europa giudeo-cristiana secolarizzata non può accettare l’islam popolare, proprio come il mondo islamico forse non riesce ad accettare le società secolarizzate. Dopo l’assassinio del registra olandese Theo van Gogh, gli attacchi con le bombe a Madrid e a Londra, le proteste a Parigi, sembra che la maggior parte degli europei guardi ai musulmani come minimo in modo sospetto. Se veramente sulla scena c’è uno scontro di civiltà, io non voglio che mi si guardi con sospetto, ma non voglio nemmeno essere danese.
Mustafa Spahic, imam
All’interno della tradizione europea c’è stata la blasfemia. Nel mondo antico col termine blasfemia – nel senso del contesto, del significato e in tutti i sensi – si intendeva bestemmiare, cioè, la bestemmia, la distruzione, il bruciare, l’attacco ai templi, l’offesa dei genitori e il tradimento della patria. Antigone si è formata sul tradimento della patria. Nel mondo antico, alla blasfemia sono associate le più pesanti punizioni: l’esilio, come la peggiore, poi la pena di morte senza diritto ad essere sepolti secondo il rito religioso e la pena di morte con il diritto al funerale. Il fratello di Antigone fu condannato a morte senza diritto al funerale. Lei, nonostante il re, lo Stato, la legge, prendendo il diritto da Dio, diritto della natura e il diritto eterno, seppellisce di nascosto il fratello e allora, naturalmente, inizia la tragedia. Il diritto consuetudinario inglese per la blasfemia dice: la cosa è blasfema se nega la verità della religione cristiana o della Bibbia, o del libro delle preghiere o l’esistenza di Dio. Dunque, le caricature apparse in questi giornali danesi prima di tutto le vivo come un tradimento della tradizione europea, dove sotto la firma della libertà si cerca di fare della blasfemia. Come sapete, l’islam vieta la rappresentazione figurativa non solo di Maometto, ma di tutti gli altri profeti. Il modo in cui la caricatura è stata fatta è inammissibile – il Profeta non deve e non può essere disegnato. Questo lo sanno tutti i musulmani del mondo.
Ugo Vlaisavljevic, presidente del centro PEN della BiH
Una vicenda che ha così numerose e rumorose reazioni a catena evidentemente penetra nel cuore stesso della realtà globalizzata. Bisogna partire dal fatto che si tratta di un’offesa per tutti i popoli, che non può essere giustificata con la libertà d’espressione. Prima di tutto perché è vissuta in modo così doloroso. Il perché è vissuta in questo modo ci apre a molte e difficili questioni. Traccerò due direzioni per la loro soluzione: geopolitica e religiosa. La prima indica una situazione per niente da invidiare del mondo islamico, che ovviamente ha disturbato l’orgoglio e la pazienza di tutti i popoli. La seconda direzione: se le caricature sono vissute come blasfemia, ciò significa che l’islam è entrato nella fase protestante della religione e si è cristianizzato abbastanza. Forse bisognava prima rispondere con l’indifferenza: non potete fare la caricatura del nulla, di un Essere non rappresentato. In questo caso Gesù (secolarizzato) è posto sotto Maometto.
Ivo Markovic, professore all’Università francescana di Teologia di Sarajevo
Bisogna differenziare il rispetto della religione, che dal rapporto privilegiato con Dio crea l’uomo come essere dell’amore, della pace e della forza vitale, dalla manipolazione più vile della cosa sacra quando qualcuno sottopone al sacro se stesso e il suo egoismo. L’ateismo occidentale non è venuto fuori dalla negazione di Dio, ma dalla non autenticità del cristianesimo che ha causato la negazione di Dio. E’ evidente che lo scopo delle caricature in questione non è offendere l’islam e i musulmani, ma proprio scoprire l’abuso della religione islamica nell’islamismo. E’ la forma legittima dello spirito del mondo occidentale e il mondo islamico non ha diritto di imporgli le regole del gioco, perché verrebbe vissuto come una sorta d’islamizzazione della cultura occidentale. Questo è praticamente il nocciolo del problema: la civiltà islamica e quella cristiana devono comunicare di più, conoscersi e rispettarsi ed accettarsi reciprocamente. Non è in questione il rispetto del sacro, ma non è in questione nemmeno la libertà matura di indicare che qualcuno al posto di chinarsi davanti a Dio ha reso assoluto se stesso.
Zvonimir Jukic, giornalista
Credo che nessun dogma religioso debba influenzare il modo d’espressione giornalistico o artistico, e con ciò nemmeno il dogma islamico sul divieto di rappresentate l’immagine del profeta Maometto. Anche nei paesi a dominante cristiana, quando in passato sono state riesaminati i dogmi religiosi, c’erano delle resistenze, ma con il tempo sono state superate, così credo che alcuni dogmi della religione islamica verrano presto superati. Per quanto riguarda in concreto le caricature, secondo me, il loro problema fondamentale è che esse rendono uguale una religione con il terrorismo e attaccano l’etichetta di terroristi a tutti i musulmani, cosa che è inammissibile. Le reazioni nei paesi islamici alla pubblicazione di queste caricature sono più che esagerate e in sostanza hanno provato che gli estremisti in Medio Oriente usano ogni occasione per omogenizzare gli abitanti locali, per operare delle manipolazioni e aumentare di continuo l’abisso fra Oriente e Occidente. Io personalmente non avrei pubblicato le caricature in questione, perché sono offensive e perché, almeno quelle che ho avuto occasione di vedere, non erano per niente ridicole.
Muharem Bazdulj, scrittore
La storia delle caricature su Maometto e le conseguenze della loro pubblicazione prova di nuovo che il rapporto moderno del cosiddetto Occidente e del cosiddetto mondo islamico è stato descritto nel modo migliore da Samuel Beckett: "Non c’è comunicazione perché non esistono i mezzi di comunicazione". Da una parte c’è il dogma liberal-democratico sulla cosiddetta libertà d’espressione, dall’altra parte il dogma religioso sul divieto di rappresentare l’immagine dell’Inviato (Maometto, inviato di Allah, ndt.). Alla fine, naturalmente, abbiamo un’immagine fiabesca con due arieti sulla trave. E che non debba essere così, lo prova anche quel non remoto film dove l’Occidente ha raccontato la storia dell’Inviato non offendendo i sentimenti religiosi dei musulmani. Oggi, invece, come hanno già notato alcuni commentatori, l’Europa parla sui musulmani, e non con i musulmani, mentre il mondo islamico vede esclusivamente nell’Occidente la colpa di tutti i mali, senza un minimo di autocritica. La storia delle caricature è soltanto una piccola nota a piè pagina in questa triste storia.
Jasna Samic, scrittrice
Il rapporto verso la libertà di parola non è uguale nei regimi democratici e in quelli totalitari, nei paesi occidentali e in quelli musulmani. Si sa che il regime totalitario vieta lo scherzo. E’ risaputo anche il fatto che l’islam non permette il disegno figurativo. Comunque tanto tempo fa in Oriente si era sviluppata la miniatura, si possono persino trovare dei ritratti di Maometto con l’aura. Forse in quel periodo l’islam era più tollerante di quello che si diffonde oggi, e i cui combattenti, sia che si chiamano islamisti, mudjahedin, talebani, wahabi, "barbuti" o fondamentalisti, sono uniti dalla stessa lotta per la vittoria dell’islam estremo ricorrendo al terrorismo e alla violenza. Una inammissibile risposta all’arroganza occidentale, che di fatto esiste. Ricordiamoci di come la legge sul divieto di portare il foulard in Francia ha suscitato il dissenso del mondo musulmano e le minacce di terrorismo. Per non nominare il caso Rushdie. Agli occidentali è nota questa "ipersensibilità musulmana", così la pubblicazione delle caricature di Maometto era sicuramente una provocazione, anche se non necessaria, un’arrogante provocazione. Era dunque "logico" aspettarsi la reazione del mondo musulmano, ma ribellioni di questo genere sono sbalorditive, in particolare in Turchia, l’unico paese musulmano laico, ed è spaventosa l’irrefrenabile isteria che si espande fra i musulmani. Io sono per una totale libertà di espressione, ma con il completo rispetto della dignità di ogni individuo e del popolo, e se c’è bisogno anche dei lori simboli e delle cose sacre; e qui si sottintende pure la cultura dell’espressione. Ma considero il silenzio come la risposta più dignitosa a questa bassa offesa. Generalmente bisognerebbe che prevalesse la libertà di parola e di stampa sull’obbligo di rispettare il sacro. Dire che ai fanatici è aliena la tolleranza, o il pensiero logico, sarebbe un pleonasmo; con loro non ci sono scherzi; perciò in questo caso la soluzione più semplice e più intelligente è che i danesi chiedano scusa al mondo musulmano. Le vite umane sono più importanti dell’orgoglio.
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