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Bosnia e Kosovo: corti costituzionali e conflitto etno-nazionale

Rischiano d’essere più che garanti dell’ordine democratico uno strumento di "lawfare", la continuazione della guerra attraverso mezzi legali. In questo saggio pubblicato recentemente da EURAC l’analisi dell’operato delle Corti costituzionali di Bosnia Erzegovina e Kosovo

22/01/2014, -

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In questo saggio pubblicato da EURAC, Stefan Garziadei, ricercatore dell’Università di Graz, analizza il ruolo delle Corti costituzionali in Bosnia e Kosovo, entrambe istituzioni che vedono la compresenza di giudici locali e internazionali e che si trovano ad affrontare numerosi casi che riguardano controversie tra diverse fazioni etno-nazionali.

Un’attenzione particolare è dedicata alla Corte costituzionale bosniaca che, a detta dell’autore, rappresenta uno dei casi più significativi ed interessanti di “lawfare”, neologismo composto dalla parola “law” e da “warfare”. Un termine coniato in riferimento alla continuazione della guerra attraverso mezzi legali.

Nel caso specifico i vari gruppi nazionali si combattono all’interno della Corte per ottenere decisioni a loro favorevoli.

In Kosovo invece, secondo Graziadei, la Corte costituzionale non solo ha avuto un ruolo importante nel proteggere le minoranze ma in particolar modo ha dato un proprio contributo al rafforzamento nel paese del concetto di democrazia.

L’articolo conclude affermando che le corti costituzionali rappresentano importanti istituzioni per la risoluzione del conflitto interno in società divise e importanti fattori di costruzione del multiculturalismo in società post-conflitto attraversate da profonde divisioni etno-nazionali.

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