Blue Stream, il gas sotto il mare
L’inaugurazione da parte di Berlusconi, Putin ed Erdogan del gasdotto Blue Stream attraverso il Mar Nero. La nuova politica energetica di Russia e Turchia, il ruolo dell’Eni e i progetti alternativi anglo americani. Dal nostro corrispondente
Durus è un tipico villaggio della costa occidentale del Mar Nero, non lontano dal porto di Samsun. Nei giorni scorsi la vita dei suoi abitanti è stata scossa dalle straordinarie misure di sicurezza messe in atto per l’arrivo, il 17 novembre, di Tayyip Erdogan, Vladimir Putin e Silvio Berlusconi. Alla vigilia del vertice le autorità in un incontro con il sindaco di Durus e di altri cinque villaggi del circondario hanno comunicato la decisione di chiudere i trenta caffè della zona, l’entrata in vigore per i contadini del divieto di lasciare scorazzare "animali di piccola e grossa taglia" ed hanno chiesto che gli abitanti si astenessero "dall’abbandonare rifiuti per la strada e da altri comportamenti negativi". A garantire l’incolumità dei tre illustri ospiti erano presenti 4.500 poliziotti turchi e più di 500 agenti della sicurezza russa.
La motivazione ufficiale dell’incontro dei tre leaders era l’inaugurazione del gasdotto Blue Stream che porta il gas naturale russo alla costa turca, a Durus appunto, e da lì alla capitale Ankara. Un’inaugurazione puramente simbolica però visto che il gasdotto è in realtà già attivo da circa due anni.
Il progetto Blue Stream ha preso il via nel 1997 con la firma di un accordo tra la società turca Botas e quella russa Gazexport (Gazprom) per la fornitura venticinquennale di gas, 16 miliardi di metri cubi annui con il progetto a pieno regime.
Il gasdotto è lungo 1.200 chilometri. 380 di questi, realizzati dall’Eni, sono posati ad una profondità di 2.140 metri sul fondo del Mar Nero e rappresentano il più profondo gasdotto sottomarino del mondo. Costato più di tre miliardi di dollari e completato nell’ottobre 2002, Blue Stream è entrato in funzione nel 2003 passando da una capacità di un miliardo di metri cubi l’anno all’attuale di due miliardi e 123 milioni. La realizzazione del progetto è stata però costellata di polemiche. Da parte turca è stato ripetutamente criticato il prezzo di vendita del gas stabilito dai russi, giudicato molto al di sopra del prezzo di mercato. Polemiche che in Turchia hanno prodotto anche una bufera politica con l’accusa di corruzione per il Ministro dell’Energia Ergezen, firmatario dell’accordo nel 1997. Nel marzo 2003 poi il riaccendersi delle critiche ha portato addirittura ad una interruzione delle forniture. I giornalisti turchi presenti a Durus hanno chiesto sulla questione del prezzo del gas anche l’opinione di Paolo Scaroni, amministratore delegato e rappresentante dell’ENI al vertice: "Gazprom vuole vendere il suo gas allo stesso prezzo in tutto il mondo. Per delle condizioni diverse sono necessari accordi speciali tra la Turchia e la Russia" è stata la risposta di Scaroni.
Il progetto Blue Stream costituisce l’ultimo tassello della nuova politica turca in campo energetico inaugurata a metà degli anni ’90. A partire da quella data la Turchia ha cominciato progressivamente a sostituire il tradizionale carbone, del quale il paese è ricco, con il gas naturale come combustibile per il riscaldamento delle sue città e per l’attività delle sue centrali elettriche. Una rivoluzione che ha avuto, tra gli altri, un effetto molto tangibile sulla qualità della vita di molte città del paese, ora non più oppresse da una cappa nerastra durante i durissimi mesi invernali.
La Turchia ha cominciato ad acquistare gas dalla Nigeria, dall’Algeria, dall’Iran. L’accordo con quest’ultimo, siglato dall’allora primo ministro Erbakan del partito filo-islamico Refah, è stato furiosamente criticato da più parti ancora una volta per l’eccessivo prezzo pagato e per aver instaurato un legame di dipendenza con un paese guardato sovente in Turchia con una forte dose di sospetto.
L’importazione di gas russo è iniziata nel 1995 attraverso un gasdotto che entra in Turchia dalla Tracia. Con il completamento del progetto Blue Stream la Russia diventerà il principale fornitore della Turchia e quando il progetto sarà a pieno regime Mosca provvederà a più del 60% del fabbisogno di gas del paese. Una dipendenza dall’estero, e dalla Russia, che solleva molte critiche. Un rapporto dell’Ordine degli Ingegneri pubblicato recentemente sostiene la necessità di "spezzare la dipendenza dalla Russia dando la precedenza alle fonti di energia locali". Il presidente Erdogan nel suo discorso a Durus ha voluto rispondere a queste critiche: "Si tratta di una dipendenza reciproca". Erdogan ha continuato poi sottolineando come il progetto contribuirà "a rafforzare la stabilità e la cooperazione regionale permettendo di rinsaldare le relazioni economiche e commerciali tra i paesi coinvolti". Berlusconi rivolgendosi agli "amici Vladimir e Tayyip" ha ricordato come "oggi si realizza quello che tempo fa era definito il sogno azzurro". Putin dal canto suo ha definito Blue Stream "un ponte energetico tra Est ed Ovest" ed ha poi preannunciato la volontà di aumentare la portata annua di Blue Stream a trenta miliardi di metri cubi.
In realtà l’appuntamento di Durus, al di là dall’apparenza rappresentata dall’inaugurazione di Blue Stream, aveva soprattutto l’obbiettivo di permettere ai tre leaders di fare il punto sulle prospettive di cooperazione in campo energetico. O meglio di discutere la possibilità di estendere la distribuzione del gas e petrolio russi. Uno degli obbiettivi prioritari di Mosca per l’immediato futuro sarebbe il prolungamento di Blue Stream attraverso la Grecia fino al porto siciliano di Augusta per creare un nuovo corridoio energetico verso l’Europa.
Putin poi ha parlato del progetto di portare il gas russo anche nei Balcani. Una prospettiva confermata alla stampa turca dal vicepresidente di Gazprom, Mevdeved, secondo cui la sua società è seriamente interessata al progetto TransBalkan.
L’Europa meridionale e balcanica non sono però l’unico obbiettivo di Mosca. Giovedì, nell’incontro riservato di 45 minuti tra Putin, Erdogan e Berlusconi, i rappresentanti di Botas, Eni e Gazprom, si è parlato soprattutto della possibilità di prolungare Blue Stream da Samsun fino al porto mediterraneo di Ceyhan, affiancandolo anche con un oleodotto. Erdogan ha esplicitamente dichiarato che "per il 2010 l’obbiettivo è quello di far arrivare il petrolio russo sulle rive del Mediterraneo con il progetto Samsun-Ceyhan".
La Turchia vede con particolare favore l’iniziativa anche come misura per ridurre drasticamente il traffico delle petroliere che, provenienti dai porti russi, attraversano quotidianamente il Bosforo con altissimi rischi per l’ambiente e per la sicurezza della metropoli Istanbul.
Più prudente è stato il russo Medvedev secondo cui "quello che per il momento è solo un progetto" avrebbe l’obbiettivo di portare gas e petrolio russo ai paesi del Medio Oriente e soprattutto ad Israele. Tel Aviv si sarebbe già mostrata interessata ad acquistare sei miliardi di metri cubi di gas l’anno.
Da più parti si è indicato l’Eni come candidato principale alla realizzazione del tracciato Ceyhan-Samsun. Paolo Scaroni in una intervista alla televisione turca NTV, confermando la volontà della sua società di continuare ad investire in Turchia, si è limitato a dichiarare: L’Eni ha partecipato anche alla gara per la privatizzazione della Tupras (Raffineria pubblica acquistata dalla holding dei militari Oyak*) ma non ha vinto. Siamo comunque interessati a progetti di nuove raffinerie nel paese".
La creazione dell’asse Tel Aviv-Ankara-Roma-Mosca è definito dalla stampa russa un contrattacco verso le politiche energetiche americane che mirano ad emarginare Mosca.
Il riferimento esplicito è all’oleodotto Baku-Tiblisi-Ceyhan, il gigantesco progetto per il trasporto del petrolio del Mar Caspio voluto dagli americani e dagli inglesi. Per molto tempo il progetto è stato infatti in ballottaggio con un tracciato alternativo sponsorizzato dalla Russia e che avrebbe portato il petrolio del Caspio ai terminali russi del Mar Nero. L’affermazione del progetto anglo-americano ha portato nel 2002 all’inizio dei lavori dell’oleodotto da parte di un consorzio guidato dalla BP.
Lungo 1760 chilometri, gran parte dei quali in territorio turco, e costato tre miliardi e seicento milioni di dollari, ha l’obbiettivo di portare sulle coste del Mediterraneo 50 milioni di tonnellate di petrolio l’anno. L’oleodotto ha cominciato a pompare petrolio dalla stazione di Baku lo scorso 25 maggio, alla presenza dei presidenti di Turchia, Georgia, Azerbaijan e Kazakstan.
Proprio lo scorso giovedì mentre a Durus Berlusconi, Erdogan e Putin accendevano la fiaccola per inaugurare ufficialmente Blue Stream, ad Ankara il Ministro per l’Energia turco Guler annunciava che il petrolio proveniente da Baku aveva raggiunto per la prima volta la frontiera turca e che sarebbe arrivato al terminale di Ceyhan entro due o tre mesi.
Un altro passo importante nella direzione di trasformare Ceyhan, che è il terminale anche di un oleodotto iracheno, in un "centro importante per il petrolio ed il gas" come hanno ricordato lo stesso Guler ed Erdogan. Ma soprattutto per consolidare la posizione della Turchia nel ruolo di "corridoio energetico" nel grande gioco dei prossimi decenni. Una carta alla quale Ankara sembra affidare molto dei suoi destini politici ed economici.
*errata corrige: per un refuso abbiamo scritto che la Tupras è stata acquistata dalla Oyak. E’ stata in realtà acquistata dalla Shell ndc
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