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Bleiburg, l’imbarazzo della chiesa austriaca

Ogni anno a Bleiburg, cittadina austriaca, vengono commemorati con una messa i collaborazionisti dei nazisti e i civili – in ritirata – uccisi dai partigiani nel maggio 1945. Quest’anno però la Chiesa austriaca ha detto stop

22/03/2019, Sven Milekić - Zagabria

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Nelle ultime settimane il governo, la destra e la Chiesa cattolica croata hanno nuovamente unito le forze per sostenere l’organizzazione della commemorazione dell’anniversario di Bleiburg. Ogni anno, nell’ambito della commemorazione di Bleiburg, si tiene una messa commemorativa che, in quanto organizzata dalla Chiesa cattolica croata, deve essere autorizzata dalla Chiesa austriaca.

Tuttavia, lo scorso 8 marzo, il vescovo di Klagenfurt ha vietato la celebrazione della messa prevista per quest’anno. La spiegazione ufficiale, fornita dal vescovo, è che la santa messa viene strumentalizzata per fini politici e che questo potrebbe danneggiare la reputazione della Chiesa.

La Conferenza episcopale croata (HBK) ha reagito con veemenza al divieto della celebrazione della messa, e anche il governo di Zagabria si è schierato con la Chiesa croata, attaccando senza mezzi termini la Chiesa austriaca. È scattata così una competizione tra le istituzioni croate nell’ingraziarsi le simpatie della Chiesa cattolica croata.

Prima di esprimere il suo sostegno alla Chiesa croata, il premier Andrej Plenković ha dovuto difendersi dagli attacchi della destra croata, che lo ha accusato di aver collaborato con la Chiesa austriaca affinché la messa di Bleiburg venisse vietata. Dopo aver respinto queste insinuazioni, Plenković ha dichiarato di sperare che la situazione si risolva in modo tale da consentire lo svolgimento della cerimonia di commemorazione delle vittime. Il premier ha inoltre respinto qualsiasi possibilità di una strumentalizzazione politica dell’evento, affermando che il suo governo si è dimostrato pronto a prendere le distanze da ogni forma di totalitarismo.

Anche la ministra degli Affari Esteri ed Europei Marija Pejčinović Burić ha dimostrato una notevole abilità diplomatica, dichiarando che non è il suo lavoro “intromettersi negli affari degli altri paesi”, una dichiarazione da includere negli annali della diplomazia internazionale.

Qualche giorno più tardi, il ministero degli Affari Esteri ed Europei ha inviato un comunicato ai media austriaci, in cui ha espresso rammarico per alcuni articoli apparsi sulla stampa austriaca in cui la commemorazione di Bleiburg viene presentata come “una festa fascista” e “il più grande raduno dei neonazisti nell’UE”, parole vissute dal ministero come una “dolorosa offesa”.

Mentre la presidente croata Kolinda Grabar Kitarović ha dichiarato di non poter intervenire a livello istituzionale, dicendosi però rammaricata “come cittadina croata e fedele cattolica” per la decisione della Chiesa austriaca, il presidente del parlamento croato (istituzione sotto la cui egida viene organizzata la commemorazione di Bleiburg) Gordan Jandroković si è spinto ben oltre. Dopo aver protestato duramente contro la decisione di vietare la messa, esprimendo il suo sostegno alla Conferenza episcopale croata, Jandroković ha deciso di negare la realtà, dichiarando che la messa sarà celebrata. In che modo, non si sa.

Cos’è Bleiburg

Bisogna dire qualcosa a proposito di Bleiburg per capire l’importanza dell’intera vicenda. Ogni anno, a maggio, la Croazia attira l’attenzione dei media internazionali con una cerimonia organizzata su un prato nei pressi della città austriaca di Bleiburg dove, con la celebrazione di una messa, vengono commemorati i collaborazionisti dei nazisti e i civili uccisi dai partigiani in quella località alla fine della Seconda guerra mondiale.

Nel maggio 1945, dopo la resa della Germania nazista, molte brigate che sul territorio dell’ex Jugoslavia combatterono a fianco dei nazisti iniziarono la ritirata verso l’Austria con l’intenzione di consegnarsi all’esercito britannico ed evitare così di cadere nelle mani delle forze partigiane.

Guidati dai membri del movimento ustascia e seguiti da molti civili, perlopiù croati – tra cui anche alcuni membri dell’amministrazione ed esponenti del vertice politico dello Stato indipendente della Croazia (NDH) – , i soldati giunsero nei pressi di Bleiburg dove stanziavano le truppe britanniche.

Dopo averli disarmati, l’esercito britannico li consegnò ai partigiani, che decisero di vendicarsi dei crimini commessi dai collaborazionisti durante la guerra, senza risparmiare nemmeno i civili innocenti. Questo evento viene ricordato come il massacro di Bleiburg e Križni put [Via crucis], con evidente richiamo alla terminologia cristiana.

Nonostante negli ambienti della diaspora filoustascia si sia ampiamente speculato sul fatto che il numero dei morti a Bleiburg fosse molto superiore a quello ufficiale, le stime effettuate dal demografo croato Vladimir Žerjavić parlano di un numero tra 55mila e 67mila, di cui circa 6.800 civili. Sia i soldati che i civili furono uccisi senza alcun processo.

La commemorazione di Bleiburg e Križni put è controversa per varie ragioni. Le prime celebrazioni dell’anniversario di Bleiburg risalgono ai primi anni Cinquanta e furono organizzate dai membri del movimento ustascia e quello dei domobranci, che riuscirono a fuggire dalla Jugoslavia dopo la fine della guerra.

Bleiburg non ha alcun significato speciale, tranne quello di essere il luogo dove avvenne la resa delle forze collaborazioniste. Stando alla maggior parte delle fonti, solo poche persone furono uccise proprio a Bleiburg. Tuttavia, negli anni Cinquanta era il luogo più adatto per commemorare l’episodio perché situato al di fuori dei confini della Jugoslavia socialista, dove fu vietata la commemorazione degli ustascia morti nella Seconda guerra mondiale, ragione per cui le commemorazioni non sono mai state organizzate negli ex campi per prigionieri nazisti e collaborazionisti, situati perlopiù in Slovenia, dove furono uccisi migliaia di ustascia.

Oltre ad essere il luogo della commemorazione delle vittime, Bleiburg è diventato anche il luogo del rimpianto del progetto politico ustascia e della revisione degli eventi accaduti durante la Seconda guerra mondiale. Nel corso degli anni, a Bleiburg si recavano molti ex membri del movimento ustascia e criminali di guerra, tra cui l’ex comandante del campo di concentramento di Jasenovac Dinko Šakić. La commemorazione di Bleiburg ha assunto una rinnovata importanza negli anni Novanta, con la nascita della Repubblica di Croazia.

Nel tentativo di rompere ogni legame con l’eredità dell’antifascismo jugoslavo, la Croazia ha deciso di perseguire una politica della memoria in cui Bleiburg occupa un posto speciale come “la più grande tragedia del popolo croato”, cercando in questo modo – ispirandosi alla retorica di Tuđman imperniata sulla riconciliazione nazionale – di mettere sullo stesso piano ustascia e partigiani.

I muscoli della destra croata

Contemporaneamente è stato avviato un processo di revisione e manipolazione storica, volto a cancellare la memoria dei crimini commessi dagli ustascia tra il 1941 e il 1945 e soprattutto a sminuire il numero dei morti nel campo di concentramento di Jasenovac. Questo processo ha portato al diffondersi di falsità storiche, come l’idea secondo cui le vittime di Bleiburg sarebbero state uccise solo perché di nazionalità croata e fede cattolica, un’ipotesi insinuata anche da Gordan Jandroković, che ha giunto alla stessa conclusione anche in merito a Goli otok , nonostante la maggior parte dei detenuti a Goli otok provenisse dalla Serbia e dal Montenegro.

Per anni la commemorazione di Bleiburg è stata un’occasione, oltre che per esprimere commemorare le vittime, per un prova di forza della destra croata, istituzionale ed extra-istituzionale, con un ampio ricorso all’iconografia e ai simboli ustascia. A passarsela peggio di tutti durante queste cerimonie erano gli esponenti dei partiti di sinistra, che non di rado venivano fischiati, ma anche i membri dell’Unione democratica croata (HDZ) venivano attaccati quando si azzardavano a mettere in discussione alcuni aspetti della commemorazione di Bleiburg.

Benché negli ultimi anni gli incidenti di questo tipo siano diminuiti, in parte a causa dell’inasprimento dei controlli da parte della polizia austriaca, ma anche come conseguenza di una sorta di autocensura dell’HDZ, i media hanno avuto elementi sufficienti per costruire la storia del “più grande raduno dei neonazisti nell’UE”.

Il governo austriaco ha recentemente deciso di inasprire le sanzioni contro “i pellegrini indisciplinati”, e alcuni cittadini croati e sloveni sono finiti davanti al giudice con l’accusa di aver fatto il saluto romano, che in Austria è vietato per legge. A tutto questo si aggiunge una recente ordinanza emessa dalle autorità austriache che vieta l’uso dei simboli ustascia durante la cerimonia di Bleiburg.

Nonostante con il passare del tempo la commemorazione di Bleiburg sia diventata un evento ritenuto pubblicamente accettabile – che le forze di sinistra presenti nel parlamento croato hanno ignorato per anni, fino a quando il governo di Zoran Milanović non ha tolto il patrocinio alla commemorazione – , l’Austria ha evidentemente deciso di prendere in mano la situazione.

Un evento controverso

La commemorazione di Bleiburg è già di per sé un evento molto controverso. Il primo punto problematico riguarda la teoria delle vittime innocenti. Nonostante tra le vittime di Bleiburg ci fossero anche molti innocenti, alcune delle persone uccise erano membri del movimento ustascia che parteciparono allo sterminio di serbi, ebrei e rom nell’NDH. Tutte le persone uccise a Bleiburg possono essere considerate vittime, tanto più perché giustiziate senza alcun processo, ma l’epiteto “innocente” va usato con attenzione. L’uso indiscriminato di questa parola ha portato a considerare molti criminali nazisti come vittime innocenti.

Secondo, durante la messa celebrata a Bleiburg i sacerdoti cattolici non fanno alcuna distinzione tra vittime civili e quelle provenienti dalle fila del movimento ustascia e dei sostenitori dell’NDH, bensì insistono sull’appartenenza etnica e religiosa delle persone uccise, definendo tutte le vittime come croati cattolici.

Mentre l’NDH e gli ustascia non vengono mai citati, i comunisti jugoslavi vengono indicati come esecutori delle uccisioni, con una retorica che mette sullo stesso piano nazismo, fascismo e comunismo, mentre gli ustascia, secondo la Chiesa cattolica croata, non rientrano in nessuna di queste categorie.

Terzo, se i sostenitori della cerimonia di Bleiburg ci tengono così tanto a commemorare i morti per mano dei partigiani, perché vengono ricordate solo le vittime cattoliche e musulmane? Perché non hanno mai cercato di instaurare una collaborazione con la Chiesa ortodossa per commemorare anche i membri del movimento cetnico, i sostenitori di Dimitrije Ljotić e i cosacchi uccisi dai partigiani?

Quarto, allo stesso modo in cui in passato le commemorazioni di Bleiburg venivano organizzate da alcuni individui controversi, così anche oggi l’organizzazione della cerimonia principale viene affidata a un’associazione piuttosto oscura, denominata Počasni Bleiburški vod [Plotone d’onore di Bleiburg]. Nessun paese serio dovrebbe collaborare con un’organizzazione la cui filiale croata è guidata da una persona condannata per omicidio e il cui presidente partecipò, come capo di una commissione parlamentare, al tentativo di sminuire i crimini commessi nel campo di concentramento di Jasenovac.

Invece di commemorare tutte le vittime del cosiddetto Križni put in diversi luoghi in Slovenia e lasciare Bleiburg alla destra radicale, la Croazia si sta giocando quel poco di credibilità internazionale che le è rimasta.

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