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Baku, Asia o Europa?

Il romanzo “Alì e Nina” racconta una storia d’amore fra due adolescenti, l’una georgiana e l’altro azero. Dipinti come simboli dell’Europa e dell’Asia si incontrano a Baku, punto d’unione fra i due continenti. Quasi un secolo dopo, il Caucaso è europeo? E può essere unito?

12/10/2010, Arzu Geybullayeva -

Baku-Asia-o-Europa

“Alcuni studiosi guardano alla regione a sud dei monti caucasici come a parte dell’Asia, mentre altri, in considerazione della storia culturale dell’area transcaucasica, credono che appartenga a tutti gli effetti all’Europa.”

Così diceva alla sua classe il professor Sanin, alla Scuola Superiore Umanistica dell’Impero Russo di Baku, scuola descritta da Kurban Said (pseudonimo di Lev Nussembaum) nel suo famoso libro “Alì e Nina”. Il romanzo, pubblicato per la prima volta nel 1937, racconta una storia d’amore fra Alì Khan Shirvanshir, adolescente azero appartenente alla nobiltà musulmana e la principessa georgiana Nina Kipiani. La vicenda inizia nella capitale azera prima dell’invasione bolscevica del 1920 e porta i lettori in un viaggio attraverso il Caucaso, dalle rive del mar Caspio alle montagne del Daghestan, dove i due si sposano, passando poi per Karabakh, Georgia e Persia, per concludersi infine a Baku durante la guerra.

Tuttavia, se l’amore tra Alì e Nina è al centro del romanzo, il libro è molto di più di una storia romantica fra adolescenti e molto racconta delle diverse comunità dell’Azerbaijan (armena, russa e georgiana) e della più vasta regione caucasica, nonché del senso di appartenenza all’Europa che era già visibile all’inizio del ventesimo secolo.

“Eccoci qui, rappresentanti dei tre maggiori popoli caucasici: un georgiano, un maomettano, un armeno. Nati sotto lo stesso cielo, dalla stessa terra, diversi eppure uguali come la Divina Trinità. Europei eppure asiatici, che ricevono dall’est e dall’ovest e ad entrambi restituiscono”.

Sarei infelice a Parigi
come tu lo eri in Persia.
Rimaniamo a Baku,
dove l’Europa e l’Asia si incontrano

Alì Shirvanshir

Nel corso del libro Baku è dipinta come il punto d’incontro fra Europa e Asia. Quando i protagonisti fuggono in Persia, Nina inorridisce di fronte alle tradizioni che opprimono le donne del luogo. Alì, fortemente legato al paese d’origine, sente che non sarà felice a Parigi, dove Nina vuole trasferirsi e quindi dice, sperando che lei concordi: “Sarei infelice a Parigi come tu lo eri in Persia. Rimaniamo a Baku, dove l’Europa e l’Asia si incontrano”.

Visto il periodo storico in cui il libro è ambientato, non è sorprendente che l’autore scriva dell’influenza russa nella regione e del suo carattere paternalista, che delinea il Caucaso come un bambino bisognoso di costante protezione.

“Loro [i russi] fingono di doverci proteggere l’uno dall’altro […] dicendoci che siamo bambini […] ma non siamo più bambini, siamo cresciuti da un bel po’”.

Decenni dopo il Caucaso, ormai divenuto indipendente dopo 70 anni di dominazione sovietica, rimane diviso. Armenia e Azerbaijan hanno rapporti molto conflittuali, bloccati in una contesa riguardante il territorio del Nagorno Karabakh, in una situazione che non è né guerra né pace. La Georgia si sta ancora riprendendo dalla guerra con la Russia che ha coinvolto i territori di Ossezia del sud e l’Abkhazia. La Russia continua a trattare il Caucaso come un bambino bisognoso di protezione. E il forte senso di appartenenza all’Europa che emerge nel libro di Said, per non parlare dell’effettiva appartenenza, sembra più lontano che mai, almeno per quanto riguarda Azerbaijan e Armenia.

Tuttavia anche tra le elite locali c’è chi esprime la speranza di vedere un Caucaso unito ed europoe, come ha fatto il presidente georgiano Mikheil Saakashvili parlando alla 65ma sessione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite :

…in termini di spazio umano e culturale
non c’è un Caucaso del nord e uno del sud,
ma un solo Caucaso che appartiene all’Europa
e si unirà un giorno alla famiglia
delle libere nazioni europee.

Mikheil Saakashvili

“Sono venuto qui a parlare di questo cambiamento e promuovere una visione precisa, la visione di un Caucaso libero, stabile e unito […] È nell’interesse di tutti vedere questa regione strategica, questo crocevia di civiltà, divenire più stabile, prospero e aperto […] Credo fermamente che un mercato comune, interessi condivisi e interdipendenza politico-economica daranno un giorno vita ad un Caucaso unito […] Possiamo appartenere a paesi diversi e vivere su lati diversi delle montagne, ma in termini di spazio umano e culturale non c’è un Caucaso del nord e uno del sud, ma un solo Caucaso che appartiene all’Europa e si unirà un giorno alla famiglia delle libere nazioni europee […]”

Sarebbe stato rassicurante sentire un appello simile dal presidente azero Ilham Aliyev, ma nel suo discorso non vi è traccia di appelli di questo tipo. Il presidente Aliyev si è concentrato piuttosto sulla guerra con l’Armenia e i suoi esiti “devastanti”, per poi magnificare i successi azeri in termini di crescita economica, stabilità di governo e sviluppo politico. Nessun elemento nel suo discorso fa balenare qualche speranza di un Caucaso unito, a parte un passaggio dove l’Azerbaijan è descritto come “luogo di coesistenza e tolleranza fra diverse fedi, gruppi etnici e filosofie”.

E così sembrerebbe che, dei tre paesi del Caucaso, la Georgia sia quello con il maggior senso di appartenenza all’Europa. A partire dalla “rivoluzione delle rose” del 2003, il Paese è andato incontro ad un importante processo di cambiamento, e se alcuni critici sostengono che gli sviluppi non siano stati sempre positivi, è giusto ricordare che a livello regione la Georgia sembra offrire un quadro più positivo in termini di riforme, sviluppo della democrazia e crescita economica sostenibile rispetto ad Azerbaijan e Armenia. La vocazione europea è ben visibile anche per le strade di Tbilisi: chiedete a chiunque quale sia il posto della Georgia e quasi sicuramente vi risponderà “in Europa”.

Per il momento però, il Caucaso unito ed europeo di cui si parla in "Alì e Nina" sembra ancora molto lontano.

 

Maggiori informazioni sui libro "Alì e Nina" di Kurban Said tra le copertine di Osservatorio

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