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Bakir, il figlio di papà

E’ uno dei leader politici più discussi della Bosnia Erzegovina, Bakir Izetbegović, figlio di Alija Izetbegović presidente della BiH durante l’assedio di Sarajevo. Un suo profilo critico

26/06/2017, Azra Nuhefendić -

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“Non mi dimetto. Ho fatto quello che il popolo che mi ha eletto si aspettava da me”. Così il presidente di turno della Presidenza tripartita bosniaca, Bakir Izetbegović, ha risposto a quelli che hanno chiesto le sue dimissioni dopo aver provocato la più grave crisi politica in Bosnia Erzegovina negli ultimi venticinque anni.

Di propria iniziativa, impreparato e affidandosi a persone che non avevano né credibilità né competenze, Bakir Izetbegović ha tentato, fallendo, di fare la revisione della sentenza del 2007 della Corte internazionale di giustizia dell’Aia nel procedimento riguardante l’accusa di genocidio da parte della Bosnia Erzegovina contro la Serbia. Bakir voleva dimostrare la diretta responsabilità della Serbia per il genocidio di Srebrenica.

In questa occasione, e non solo, Bakir Izetbegović, ha consapevolmente mentito al pubblico, le sue bugie sono state smascherate e lui si è difeso come avrebbe fatto un qualsiasi mediocre populista: nascondendosi dietro la volontà del suo popolo.

“Bakir Izetbegović è sempre stato incompetente, è un politico poco intelligente, solo che oggi le cose sono diventate visibili. È una persona disposta a mentire al pubblico sull’argomento più sensibile nel senso morale, come il genocidio di Srebrenica”, dice il professore e analista Enver Kazaz.

Mediocre e senza alcun talento per la politica, Bakir Izetbegović non ha le capacità necessarie per guidare la Bosnia Erzegovina, paese che è in perenne crisi politica ed economica.

Lui stesso, credo senza capire il senso delle sue parole, in una recente intervista ha detto: “Spero di finire presto con la politica e di tornare a fare qualcosa di tangibile, di prezioso e di utile”.

Cioè per il Presidente della presidenza la politica non è né tangibile, né utile né preziosa!

“È una vergogna per i musulmani bosniaci essere rappresentati da una persona così inadatta, come Bakir”, scrive il noto analista di Sarajevo, Vlastimir Mijović.

Bakir Izetbegović è anche il presidente del più importante partito dei musulmani bosniaci: il Partito d’Azione Democratica (SDA) fondato da suo padre, il primo presidente della Bosnia Erzegovina indipendente, Alija Izetbegović. Giudicando dalle numerose voci dei membri, pare che Izetbegović, stia provocando problemi dentro il partito, già diviso, che potrebbero portare alla disgregazione del partito stesso.

Alcuni si ricordano che le divisioni nel SDA sono iniziate con la scelta di Bakir Izetbegović per la presidenza del partito. Già allora un certo numero dei membri aveva detto che la sua nomina era stata condotta sotto pressione, con minacce e in modo non democratico.

Da anni Bakir Izetbegović e il partito SDA sono protagonisti di continui scandali legati alla corruzione, al nepotismo, all’abuso di potere e d’ufficio. Uno dei fondatori del SDA, Šemsudin Mehmedović, ha lasciato il partito “perché dell’attuale leadership del SDA, metà è sotto accusa, e l’altra metà è in carcere”.

Il modo di fare del partito SDA non è una singolarità nella Bosnia odierna, altri partiti nazionalisti, che governano (croati–HDZ, o serbi-SNSD), si comportano in modo uguale.

“I partiti politici bosniaci sono i nemici della democrazia, sono una fonte di corruzione e governano tutti gli organi dello Stato, la società e l’economia, dominano la magistratura e i media”, dice il noto sociologo Žarko Papić.

Alcuni membri del partito accusano Izetbegović di trattare il partito SDA come una sua proprietà e di negare agli altri il diritto di opinione.

La sua biografia ufficiale è del tipo “One man orchestra”. Da quando suo padre era diventato il presidente della Bosnia Erzegovina, non c’era stato lavoro o incarico importante che Bakir non avesse fatto. Tutto tranne che combattere sul fronte durante la guerra 1992-1995.

Suo padre, alla viglia della guerra, diceva di essere “pronto a sacrificare tutto, anche la pace, per l’indipendenza della Bosnia Erzegovina”, ma non era disposto a mettere a rischio la vita dei propri figli. Bakir lo teneva “nascosto nella cassaforte sotterranea della banca nazionale”. Con queste parole Željko Komšić, veterano di guerra e politico molto amato in Bosnia, aveva zittito Bakir in un dibattito pubblico.

Discreto studente della facoltà di architettura, poi anonimo impiegato, Bakir Izetbegović durante la guerra, quando suo padre mandava migliaia di giovani a “correre in salita per liberare la Sarajevo assediata”, faceva il segretario personale del Presidente, cioè di papà. E quello era solo uno dei tanti lavori e incarichi, secondo la biografia ufficiale, che Bakir faceva parallelamente, uno più importante o impegnativo dell’altro.

Fu tra l’altro direttore dell’“Istituto per la ricostruzione di Sarajevo”. Per capire l’importanza di tale incarico nei tempi della guerra basta ricordare che nella Sarajevo assediata c’erano decine di migliaia di profughi, e tutti avevano bisogno di una sistemazione che veniva assegnata proprio da questo istituto. Chi decideva sugli alloggi, (Bakir Izetbegović appunto!), aveva un potere enorme.

La precedenza, però, l’aveva data alla propria famiglia sistemandola in un lussuoso appartamento che apparteneva all’ex alto funzionario comunista Milanko Renovica. E anche dopo la guerra aveva sistemato altri membri della famiglia. Una volta modesti impiegati, oggi gli Izetbegović sono proprietari di appartamenti, case, uffici, terreni.

Secondo la biografia ufficiale, Bakir “ha partecipato attivamente all’organizzazione e per la preparazione della difesa del Paese contro l’aggressione”. Presumibilmente all’insaputa di suo padre, perché ci ricordiamo che papà Alija non sapeva nulla della guerra che si stava preparando. Solo il giorno prima dell’inizio della guerra Alija Izetbegović, all’epoca presidente della Bosnia Erzegovina indipendente, ci aveva detto: “State tranquilli non ci sarà la guerra”.

Giudicando dalla sua biografia Izetbegović figlio è un “wonder-man”. Quando Bakir faceva il segretario personale del presidente dello stato in guerra, cioè suo padre, trovava il tempo di “organizzare la costruzione del tunnel di Sarajevo, la ricostruzione della Sarajevo distrutta, i progetti per la fornitura dell’acqua in città (che oggi è al collasso), la riabilitazione delle discariche, la costruzione dell’ingresso occidentale nella città, la ristrutturazione dell’illuminazione pubblica, la ricostruzione di 1350 appartamenti, la ristrutturazione della Vijećnica, dell’hotel Europa, la costruzione di 500 alloggi per i veterani, la ricostruzione del ponte vecchio a Mostar, la costruzione del museo di arte contemporanea Ars Aevi”.

Ma il giovane Izetbegović trovava il tempo e le forze anche per importanti incarichi all’interno del partito SDA e inoltre occupava posizioni di prestigio nei vari club sportivi e nelle organizzazioni umanitarie.

Personalmente il suo curriculum mi ha illuminato su due cose che non riuscivo a capire: il BBI center e la costruzione della moschea a Grbavica.

Il BBI center è stato costruito al posto del grande magazzino “Sarajka”, andato parzialmente distrutto durante l’assedio di Sarajevo. Dopo la guerra, un gruppo di architetti e ingegneri di Sarajevo avevano proposto un progetto, meno costoso e architettonicamente più armonioso, per la ricostruzione del magazzino. Ma fu scelto il progetto più costoso, quello dell’odierno BBI Center, una costruzione brutta in acciaio e vetro che stona con l’ambiente circostante.

A Grbavica, quartiere di Sarajevo costruito negli anni sessanta, è stata costruita proprio vicino a casa mia, nel parco che una volta era dell’asilo nido, la nuova moschea. Si tratta di un brutto edificio in cemento, un vero e proprio “pugno nell’occhio” nel quartiere. Un mio vicino, musulmano credente, mi aveva detto a riguardo: “Non mi dispiace vedere la moschea, ma questa potevano risparmiarcela”.

In questi due, e in molti altri casi, Izetbegović figlio si vanta di essere stato consulente. E qui mi viene in mente la definizione di consulente, secondo Primo Levi, nel suo libro: “Il sistema periodico”:

La consulenza è un lavoro ideale, quello da cui tu trai prestigio e quattrini senza sporcarti le mani, né romperti il filo della schiena, né rischiare di finire abbrustolito o intossicato: devi solo toglierti il camice, mettere la cravatta, ascoltare in attento silenzio il quesito, e ti senti come l’oracolo di Delfi. Devi poi pesare bene la risposta, e formularla in linguaggio paludato e sfumato affinché anche il tuo cliente ti ritenga un oracolo, degno della sua fiducia e delle tariffe stabilite”. Be’, qui bisogna aggiungere il fatto di essere il figlio del fondatore.

“Il mio riflesso politico è quello di mettere sempre l’interesse dello Stato davanti agli interessi personali”, ha detto Izetbegović senza batter ciglio. Ma i fatti lo contraddicono.

In uno dei recenti scandali si è rivelato che Izetbegović, in persona, era intervenuto per assicurare il lavoro anziché a un veterano di guerra, al figlio di un amico. Non si trattava di un’eccezione: con un sms, intercettato, ha assegnato il posto di ambasciatrice alla “moglie di uno”, per ricambiare un favore al suo partner politico Fahrudin Radončić.

E non parliamo del vergognoso favoreggiamento di sua moglie Sebija Seka Izetbegović, che sta provocando la rabbia di molti in Bosnia Erzegovina.

Ma quello che sta combinando la moglie Seka meriterebbe un articolo a sé.

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