Tipologia: Intervista

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Area: Azerbaijan

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Azerbaijan: chi si batte per i diritti è in pericolo

In Azerbaijan la situazione in merito ai diritti umani si sta deteriorando rapidamente. "Ogni singolo leader della società civile in Azerbaijan è in pericolo", spiega la giornalista Khadija Ismayilova, anch’essa spesso vittima di intimidazioni e minacce. Intervista

06/11/2014, Emily Thompson -

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(Pubblicato originariamente da RFE/RL il 31 ottobre 2014, titolo originale: ‘Every Civil Society Leader In Azerbaijan Is In Trouble ’)

Le associazioni che si occupano di diritti umani hanno dichiarato che le autorità dell’Azerbaijan hanno, negli ultimi mesi, scatenato una campagna di repressione mettendo dietro alle sbarre i più influenti e noti attivisti e sostenitori dei diritti umani nel paese.

Tra questi la più conosciuta è l’attivista per i diritti umani Leyla Yunus, arrestata e imprigionata assieme al marito Arif la scorsa estate.

A capo dell’Istituto per la pace e la democrazia con sede a Baku, Yunus è stata un’aperta sostenitrice del dialogo tra Armenia e Azerbaijan e si è battuta a favore dei prigionieri politici nel paese e tutto questo l’ha resa persona non gradita dal regime azero. E’ stata arrestata a seguito di accuse di tradimento, ampiamente reputate come pretestuose e politicamente motivate.

Khadija Ismayilova, giornalista investigativa e collaboratrice di RFE/RL che ha scritto e investigato molto sugli interessi finanziari della famiglia del presidente azero Ilham Aliyev, è anch’essa bersaglio frequente di attacchi da parte dei media di regime, intimidazioni on-line e minacce di aggressione fisica e arresto. E’ stata accusata di essere una spia degli Stati Uniti dopo essersi incontrata a Baku nel febbraio scorso con membri del Senato Usa e attualmente le viene vietato di lasciare il paese per motivazioni legali rimaste opache. RFE/RL la ha intervistata al telefono sulle cause e le implicazioni di ciò che le associazioni che si occupano di diritti umani definiscono una “repressione brutale”.

Ha nuove informazioni in merito al suo divieto a lasciare il paese?

Non ho ricevuto alcuna spiegazione ufficiale sul perché mi si impedisca di viaggiare. Vi è stata una dichiarazione rilasciata dalla procura generale dove si è detto che ero necessaria come testimone in una investigazione in corso ma non so di che si tratti e perché sarei necessaria. Ormai il divieto a viaggiare sta durando da più di due settimane ma non mi hanno mai convocata per interrogarmi. Ho già perso due eventi internazionali ai quali avevo programmato di partecipare e ve ne sono altri in novembre che perderò. Secondo il mio avvocato questo divieto non ha alcuna base legale.

Le organizzazioni internazionali sottolineano che in Azerbaijan la situazione in merito ai diritti umani si sta deteriorando rapidamente e che le autorità azere stanno violando norme internazionali imprigionando i dissidenti. Ciononostante rimangono impunite. Perché quest’escalation negli abusi?

Tutto questo è vero e vi sono numerose ragioni alla base di questa situazione. Innanzitutto il governo azero ha appreso la lezione sbagliata dal movimento di Euromaidan [in Ucraina, ndr]. Evidentemente è stato deciso di neutralizzare ogni minaccia di dissenso pubblico se il presidente [azero, ndr] Aliyev ha deciso si intraprendere la stessa strada di Yanukovich [ex presidente Ucraino]. I [politici, ndr] vogliono essere sicuri che ogni leader della società civile che potrebbe opporsi a loro sia o in prigione, o debba nascondersi o sia spaventato. Ogni singolo leader della società civile in Azerbaijan è in pericolo.

Il governo sta ottenendo vantaggi in termini di legittimità dal presiedere il Consiglio d’Europa?

Certo, godono di impunità per ogni repressione in cui sono coinvolti. E’ devastante notare quanto i governi occidentali siano pronti ad accontentare l’Azerbaijan nonostante le sue azioni. Come quando Catherine Ashton [ex responsabile Ue per la politica estera] e Štefan Füle [ex commissario all’allargamento] hanno fatto dichiarazioni in cui si complimentavano per il rilascio di quattro attivisti incarcerati.

Questi attivisti sono stati forzati a sottoscrivere una richiesta di grazia. Sono stati obbligati a recarsi al cimitero e giurare sulla tomba di Heydar Aliyev [ex presidente azero, ndr], e tutto questo è stato filmato. E vi sono dei funzionari europei che si congratulano per tutto questo? Veramente incredibile. Tutto questo ricompensa un governo corrotto. Complimentandosi con loro per azioni senza valore li si incoraggia ad incarcerare la gente per poi essere lodati una volta che infine li scarcerano.

Vi è un gruppo di lavoro sui diritti umani delle Nazioni unite che è stato invitato dal governo, ma il governo dell’Azerbaijan non accetta nemmeno che vi sia un problema coi prigionieri politici nel paese. Recentemente il governo ha ospitato un forum globale sulla gioventù, anche se vi sono numerosi attivisti giovani in prigione.

Cosa può fare la comunità internazionale per affrontare la questione dei prigionieri politici?

Devono farlo presente al governo azero. Abbiamo visto che il [segretario generale del Consiglio d’Europa, ndr] Thorbjørn Jagland si è rifiutato di recarsi in Azerbaijan invitato ad una conferenza sulla Corte europea per i diritti umani. Questa è la politica giusta, non avere a che fare con un paese che afferma di sostenere la democrazia ma in realtà non opera in tal senso. Il problema è però che non ha spiegato il motivo per cui non è venuto. Doveva intervenire pubblicamente su questo.

Non si tratta solo della responsabilità delle organizzazioni internazionali, ma anche dei singoli stati. Gli stati membri dell’UE stanno in silenzio e lasciano fare le dichiarazioni alla delegazione UE, che a dire il vero non è molto attiva. L’UE non è stata chiara su questa questione e parla a nome di tutti [gli stati membri, ndr]. E e quindi gli stati che si dicono democratici invece di intervenire in prima persona, optano per parlare con una voce sola, ma quella voce non si sente

Il monitoraggio dei processi in corso è tra le parti più efficaci dell’azione diplomatica svolta dalla comunità internazionale, ma non vengono mai condivise le osservazioni che se ne traggono. Vogliamo che siano presenti ai processi e che condividano le loro osservazioni.

La gente dell’Azerbaijan non sente che la comunità internazionale è coinvolta e quindi il governo continua a comportarsi come un regno medioevale senza ricevere alcuna pressione internazionale.

Uno dei prigionieri politici di più alto profilo è l’attivista per i diritti umani Leyla Yunus che è detenuta nonostante le gravi condizioni di salute. Cosa l’aspetta?

Vi sono informazioni che il presidente francese Francois Hollande abbia sollevato la questione durante l’ultima visita del presidente Aliyev e che abbia ricevuto risposte positive, ma non è seguita nessuna azione positiva. Aveva una compagna di cella che la torturava e alla fine è stata spostata ma oltre a questo non vi è alcun altro segno positivo. Le sono stati tolti anche i contatti con gli avvocati. La sua salute è in continuo peggioramento e i suoi avvocati affermano che non sta bene e non riesce a muoversi senza un sostegno. Lo stato della sua salute è la preoccupazione principale. Ha il diabete e una serie di altri problemi. La prigione non è il luogo dove possa stare una persona in quelle condizioni, in particolare una persona di 58 anni.

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