Azerbaijan-Iran, fra armi israeliane e diffidenza
L’Azerbaijan continua ad aumentare le spese militari e ad acquistare armi all’estero per “liberare i territori occupati”, ovvero il Nagorno Karabakh. Ma acquisti di armi da Israele preoccupano Tehran, con cui Baku ha rapporti non privi di tensioni
“Senza il disarmo non ci può essere nessuna pace duratura. Inversamente, la continuazione delle preparazioni belliche nella scala attuale porterà inevitabilmente a nuove catastrofi.” L’accorato richiamo pacifista di Albert Einstein prima della conferenza per il disarmo (Ginevra, 1932-1933) calza a pennello con le preoccupate analisi di chi assiste al riarmo della Repubblica di Azerbaijan.
Nota lo Stockholm International Peace Research Institute (SIPRI) che l’Azerbaijan è il Paese in Europa che più ha aumentato le proprie spese militari. Secondo il rapporto 2011 l’aumento netto percentuale calcolato sul PIL del paese è dell’89%, un incremento ricollegabile alla disputa territoriale per il Nagorno-Karabakh. Insomma, la soluzione militare, a fronte di un cessate il fuoco che ormai quotidianamente segna violazioni lungo la linea di separazione delle forze – ma anche lungo i confini inter-statali armeno-azeri – parrebbe un’ipotesi da non escludere. È quanto emergerebbe anche dalla dichiarazione rilasciata dal ministro della Difesa dell’Azerbaijan durante la sua visita in Iran il 12 marzo scorso: le armi servirebbero per la liberazione dei “territori occupati”, cioè della de facto repubblica di Nagorno Karabakh.
Un’affermazione importante, che detta in Iran ho lo scopo di far diminuire la tensione e far sentire meno minacciato un Paese nell’occhio del ciclone, che aggiunge alla precarietà internazionale in cui si trova apprensione nel vedere il vicino armarsi. Vicino con cui ha irrisolte questioni territoriali e di minoranze. Teheran è assai preoccupata per gli acquisti d’armi da Israele, per le azioni anti-terrorismo in territorio azerbaijano, dietro il quale paventa l’opera del Mossad e per gli incidenti diplomatici con Baku. Una matassa che a fronte delle tensioni interne nella politica iraniana e della sua posizione internazionale, della progressiva militarizzazione del Caspio e dell’incertezza sulla stabilizzazione dei rapporti armeno-azeri, si fa sempre più esplosiva e intricata.
Un vicinato difficile
Nel maggio 2011 l’Azerbaijan è divenuto a pieno titolo membro del Movimento dei Paesi non Allineati. Secondo l’analista azerbaijano d’opposizione Hikmat Hacizade uno degli scopi di questa scelta sarebbe proprio rassicurare l’Iran che il territorio sotto il controllo di Baku non potrebbe mai essere usato in caso di un attacco contro il Teheran. L’ipotesi di un utilizzo del territorio azerbaijano per un attacco israeliano è stata anche recentemente discussa e confutata: il portavoce del ministero della Difesa Eldar Sabiroğlu ha ribadito che “come minimo, tradizioni storiche, valori condivisi e rapporti stretti non permettono che ciò accada. Basta ricordare una paio di fatti. L’incontro trilaterale in Nakhchivan dei ministri degli Esteri della Turchia, dell’Azerbaijan e dell’Iran, durante il quale è stata assunta una dichiarazione di interesse comune, seguita dalla visita successiva del ministro della Difesa azero Safar Abiyev in Iran forniscono le basi per affermare che nessuna forza terza è in grado di interferire nelle amichevoli relazioni tra i due Paesi".
Nonostante le rassicurazioni, rimane la campagna acquisti militari: nel solo mese di aprile 2012 l’Azerbaijan ha acquistato dalla Russia e dalla Turchia otto elicotteri Mi-35M, quattro Mi-17-1v, un Mi-8 e veicoli blindati Cobra, ZPT e Land Rover Defender. Il 23 aprile il Paese è stato visitato dal ministro degli Affari esteri israeliano, in occasione del ventennale dei rapporti diplomatici tra i due Paesi. E proprio da Israele sono stati forniti missili anticarro “Spike”, mortai 120 mm “Cardom”, una dozzina di "Drone" e missili terra-aria, il sistema di difesa Barak-8. Il contratto di 1.6 miliardi di dollari con la Israel Aerospace Industries che include anche attività d’addestramento è il più cospicuo in tutta la regione. L’acquisto più enigmatico, in relazione alle smentite azerbaijane, è però quello di missili Gabriel. Utilizzati dalla marina israeliana, sono missili antinave. E certo questi ultimi non possono essere usati contro l’Armenia, che non ha sbocchi sul mare.
I dubbi sul possibile target di questo poderoso riarmo attraversano sia le pubblicazioni occidentali – come eurasianet.org, che il 12 aprile titolava "Le armi israeliane dell’Azerbaijan: parecchie per l’Armenia, ma un po’ anche per l’Iran? " – che russe. Nezavizimaja Gazeta, quotidiano russo, il 13 aprile scorso riprendeva lo stesso tema in un articolo dal titolo "Il mar Caspio per niente pacifico " sostenendo che le smentite ufficiali di Baku contraddicono l’evidenza di una collaborazione tecnico-militare già in corso per la preparazione di un’eventuale azione anti-iraniana. E nell’articolo comparso su eurasianet.org viene ripresa l’agenzia di stampa azerbaijana Turan secondo la quale Baku si vuole assicurare contro l’aumento di fregate militari iraniane nel Caspio.
Si amplificano le insinuazioni sulle collaborazioni sospette: il 13 aprile il ministro degli Esteri azero Elmar Mammadyarov negava le relazioni con il Mossad che secondo alcune fonti opererebbe in Azerbaijan contro cellule iraniane, o sarebbe addirittura coinvolto nella sicurezza per l’organizzazione del festival musicale Eurovision.
Sicurezza interna e relazioni internazionali
Ed è proprio il tema della sicurezza interna dell’Azerbaijan nell’occhio del ciclone dei rapporti fra i due Paesi. E un po’ anche Eurovision.
Fra il 12 e il 18 aprile si sono tenute esercitazioni militari azere nel Caspio, per la protezione degli impianti e delle infrastrutture petrolifere. Le esercitazioni hanno coinvolto 1200 uomini, 21 navi, 20 mezzi veloci, 8 elicotteri e il sistema missilistico “Igla”. Si tenga presente che la disputa per la suddivisione del Caspio fra gli stati costieri rimane irrisolta e che si sono registrati negli anni diversi incidenti fra Azerbaijan e Iran a tal proposito.
Acque contese e tempestose? Ma il problema non è solo il Caspio. L’Azerbaijan è attraversato da una serie di operazioni anti-terrorismo. E, fra i membri delle cellule di movimenti radicali che vengono scoperte, figurano anche nomi di iraniani o di azerbaijani che hanno soggiornato nella repubblica islamica. Una serie di operazioni, nella prima decade di aprile, si sono concentrate contro gruppi accusati di trasferire armi e stupefacenti provenienti dal territorio iraniano . Il 6 aprile una nuova operazione anti-terrorismo , volta a scongiurare presunti attacchi pianificati contro lo Stato, ha causato due morti e portato a 17 arresti. Armi e terrorismo, minacce vere o presunte, ambasciatori convocati e corrispondenza diplomatica a causa di dichiarazioni o illazioni, mentre sullo sfondo rimane l’irrisolto caso del giornalista azerbaijano Rafiq Taği, ucciso nel novembre 2011 a Baku dopo che contro di lui era stata emessa una fatwa dal Grande Ayatollah Mohammed Fazel Lankarani per i suoi scritti considerati sacrileghi. Episodi che non aiutano un contesto regionale intossicato da tensioni e perennemente in stato di ebollizione.
E sopra questo sostrato problematico, si innesta un’ulteriore polemica. In occasione di Eurovision, il prossimo maggio, era nata la proposta di tenere a Baku un Gay Pride . La reazione del clero sciita iraniano non si è fatta attendere e sono partite minacce contro le istituzioni azerbaijane, come la chiusura del consolato Generale a Tabriz. Le posizioni dell’Hojjatoleslam Ruhollah Bejani che si è fatto promotore di questa iniziativa non rispecchiano quelle ufficiali di Teheran, ma per citare ancora Einstein: “Solo se gli statisti hanno alle loro spalle la volontà di pace di una decisiva maggioranza del loro Paese possono raggiungere il loro nobile scopo e per la formazione di questa opinione pubblica è responsabile ognuno di noi, in ogni parola o fatto.”
(http://marilisalorusso.blogspot.com/ – il blog di Marilisa Lorusso dedicato al Caucaso del sud)
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