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Attivismo in Armenia: l’arte diviene protesta

Sui muri di Yerevan si possono leggere graffiti che sono al contempo espressione artistica ed attivismo politico. Un reportage

04/03/2020, Shushan Abrahamyan -

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(Pubblicato originariamente da Chai Khana il 18 febbraio 2020 – Illustrazioni di Mananiko Kobakhidze)

"Non mentire!" Sono state le prime parole che l’attivista Nvard Avetisyan, 26 anni, ha dipinto per protesta.

Ha scritto il messaggio su un muro nella capitale armena Yerevan durante una manifestazione contro i risultati delle elezioni del 2013.

Il messaggio era abbastanza chiaro per coloro che partecipavano alla protesta, ma abbastanza astratto da essere aperto all’interpretazione di molti.

Quel punto labile tra il commento politico diretto e l’interpretazione personale è diventato – nel corso degli anni – un tema nel lavoro di Avetisyan.

Ad esempio, quando ha partecipato alle proteste “elettriche” di Yerevan del 2015 – partite per protestare contro il caro bollette – Nvard Avetisyan ha iniziato a dipingere pareti con messaggi che, a prima vista, non avevano nulla a che fare con le manifestazioni.

Insieme ad un’amica hanno ad esempio scritto "#Աչքներս լույս" – una famosa frase idiomatica armena che si traduce letteralmente in "Luce dei nostri occhi” e che significa "Congratulazioni". Lo hanno fatto sui muri dell’ospedale di maternità Margaryan. Di conseguenza, molte persone hanno inizialmente pensato che fosse un messaggio di congratulazioni per i nuovi genitori.

Successivamente hanno dipinto lo stesso messaggio su altri edifici, principalmente in centro città a Yerevan, per raggiungere un pubblico più ampio.

Illustrazione di Mananiko Kobakhidze/Chai Khana

Avetisyan utilizza i graffiti anche per spingere le persone a riflettere sulle politiche attuate nella capitale. Ad esempio, ha creato un paio di opere d’arte di strada famose in segno di protesta contro le demolizioni che avvengono in città, tra cui "La casa non è un edificio, la casa è una persona". Lavoro diventato famoso tra i cittadini di Yerevan, anche se non tutti lo hanno collegato alle demolizioni in atto. "L’ho fatto su edifici che erano stati identificati per essere demoliti" racconta l’artista, sottolineando che si augurava che le sue parole avrebbero portato la gente a pensare.

Lo storico dell’arte Hasmik Barkhudaryan sottolinea come, intorno al 2015, gli artisti in Armenia hanno iniziato a usare i graffiti per esprimere le loro critiche alla contemporaneità. "Era il miglior modo di protestare a cui un artista potesse pensare durante quel periodo", afferma.

Anna Zhamakochyan, sociologa, concorda sul fatto che a causa della mancanza di altre piattaforme e spazi di protesta, l’arte di strada è diventata "uno dei modi migliori" per esprimere resistenza. "Quando non c’erano molti spazi disponibili per la protesta, gli unici spazi pubblici rimasti in città erano le mura, dove era possibile esprimere protesta e renderla visibile in modo che penetrasse nella vita di tutti i giorni", dice.

Zhamakochyan ricorda che vi fu un’ondata di graffiti ispirati alle proteste ambientali, come quelle del 2007 contro l’estrazione mineraria a Teghut.

Per Avetisyan, che non si considera un’artista, l’arte di strada è stata una naturale evoluzione del suo esprimere protesta. Ha infatti iniziato a scrivere per le strade perché ciò le ha permesso di rendere i messaggi politici più accessibili al pubblico. Inoltre Nvard Avetisyan dà grande importanza alle strade, proprio a livello ideologico, probabilmente perché tutte le proteste politiche a cui ha partecipato hanno avuto luogo nelle strade e nelle piazze.

I graffiti le hanno permesso di scrivere, e soprattutto di scrivere in strada, luogo, dove secondo lei, inizia la cittadinanza. "La carta e la penna costituivano lo spazio della mia creazione", afferma. Sostituendo carta e penna con vernice e pareti, i graffiti sono diventati un altro strumento per la sua lotta. Avetisyan sottolinea che è sempre stato ideologicamente importante per lei scrivere per strada – e i graffiti le hanno permesso di diffondere il suo messaggio a un pubblico più vasto.

Nella sua essenza – secondo la storica dell’arte Barkhudaryan – l’arte di strada implica resistenza. "Prima di diventare uno strumento di protesta o avere il potenziale di parlare di un certo problema, rappresenta già una protesta nel campo dell’arte", osserva.

Infatti, rispetto ad altre forme d’arte, "l’arte di strada ha un interessante fenomeno di discrezione collettiva", aggiunge Barkhudaryan. "Pertanto, ha un impatto maggiore e maggiori sono le probabilità che penetri in diversi strati della società e divenga più rapidamente oggetto di discussioni pubbliche."

Oggi attivisti come ad esempio Aida Marukyan, di stanza a Yerevan usano i graffiti per diffondere consapevolezza su questioni sociali concrete, come l’uguaglianza di genere.

Marukyan, 21 anni, è co-fondatrice dell’iniziativa "Le ragazze parlano". Spiega che il suo gruppo si rende conto che “la situazione tra uomini e donne non è del tutto uguale" ed è per questo che vogliono cambiare "la disuguaglianza che è profondamente radicata nella società".

Illustrazione di Mananiko Kobakhidze/Chai Khana

Attirare l’attenzione della gente sulle questioni di genere è diventata una lotta molto personale per Marukyan. "Tutti, nonostante tutto, affrontiamo questi problemi", afferma. "Fare qualcosa per cambiare la situazione esistente è molto importante per me… stiamo sollevando problemi che la nostra società non riconosce come problemi, ma che per noi lo sono".

A partire dall’autunno del 2018, il gruppo ha iniziato a viaggiare in regioni al di fuori della capitale Yerevan per creare arte di strada sui diritti delle donne. Hanno dipinto i loro primi messaggi nella città settentrionale di Gyumri. Un ritratto di una donna con lo slogan: "Sono qualcuno, non sono di qualcuno".

Il testo si riferisce alla convinzione che le donne siano prima di tutto loro stesse e non – come detta la tradizione – solo figlie, sorelle, madri o mogli di qualcuno.

Hanno anche creato gli slogan "50/50" e "Sì! È una bimba!” riferendosi alla nascita delle bambine, un evento che non sempre bene accolto in Armenia. A Hrazdan, una città a nord-est della capitale Yerevan, hanno scritto slogan come "Una donna appartiene al luogo in cui vuole essere" e "Perché la mia libertà ti spaventa?!"

Gli sforzi del gruppo non sono sempre apprezzati. A Gyumri, un gruppo di uomini sedeva in una macchina insultandole, mentre loro lavoravano. A Hrazdan è stata una donna a minacciare di strappare i loro poster.

Ma Marukyan crede che l’interazione con il pubblico sia parte del processo. Il potere dei graffiti è proprio che è accessibile, dice, sottolineando che "camminiamo tutti per strada".

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