Anche dalla Bulgaria armi all’Iraq?
Scoppia il caso della Terem, impresa statale produttrice di armamenti. Componenti per carri corrazzati sarebbero arrivate in Iraq passando attraverso la Siria. Intanto i lavoratori della Terem affermano "se chiude la fabbrica è la nostra rovina".
Il 12 novembre scorso il Procuratore della città di Turgovishte, nel nord-est della Bulgaria, ha ricevuto un rapporto dal Ministero della difesa nel quale si accusava l’impresa Terem di aver commercializzato verso l’estero dei beni a possibile "doppio utilizzo" (civile e militare) senza aver richiesto ed ottenuto la necessaria autorizzazione. Sono subito partiti dall’ufficio del Procuratore dei primi provvedimenti nei confronti dei dirigenti dell’impresa. Questi ultimi si sono giustificati affermando che il materiale esportato sarebbe stato prodotto per usi civili, si sarebbe trattato di componenti meccaniche per trattori.
Le autorità bulgare sospettano invece che con la scusa di esportare ricambi di produzione civile, la Terem abbia in realtà mascherato l’esportazione di ricambi per mezzi corazzati adibiti a trasporto truppe. Ricambi che, almeno secondo quanto risulterebbe dal contratto sottoscritto dalla Terem con la Rodeos Investments, acquirente dei prodotti, erano destinati alla compagnia siriana Al-Karnak. Da qui si sospetta che le armi siano state ridirette verso l’Iraq. Il valore del contratto sarebbe stato di 1,950,000 dollari.
Immediatamente dopo l’uscita della notizia il Ministro degli esteri Solomon Passy ha avuto un incontro con l’Ambasciatore americano a Sofia. Secondo Passy tutto il caso sarebbe una provocazione messa in piedi dalle forze che nel Paese sono contrarie all’entrata nella NATO. "Immaginate cosa accadrebbe se armi bulgare uccidessero un americano" ha dichiarato il Ministro alla radio nazionale bulgara. Passy ha poi sottolineato che non appena i servizi segreti sono venuti a conoscenza del commercio illegale le autorità bulgare hanno reagito con prontezza. "Ma questo incidente mette fortemente in dubbio la nostra entrata nella NATO, soprattutto per la tempistica con la quale è divenuto pubblico, proprio alla vigilia del Summit di Praga". Dal 21 al 22 novembre si terrà infatti nella capitale della Repubblica Ceca il vertice annuale dell’organizzazione e la Bulgaria si aspettava di essere invitata, come primo passo in vista della sua integrazione nelle strutture militari dell’Europa occidentale.
In un editoriale apparso sul quotidiano "24 Chassa" del 14 novembre scorso, titolato "Transazioni con l’Iraq, la sottile linea rossa", si riconosce al Governo di aver avviato le indagini con rapidità e di aver eseguito immediati arresti. E si afferma che questo è del tutto giustificato considerando la vicinanza con Praga. Il quotidiano sottolinea inoltre come dietro alle relazioni con l’Iraq vi sarebbero forze legate all’ex Partito comunista bulgaro, da sempre contrarie all’integrazione del Paese nella NATO.
"Monitor" titola invece "Terem è parte del gioco assieme alle pietre pregiate". Secondo il quotidiano infatti l’attuale scandalo sarebbe solo parte di un affare più grande che potrebbe essere chiarito con il motto "armi per petrolio". Ci sarebbe infatti un gruppo di imprese registrate in Bulgaria con nomi di pietre preziose che da anni operano quali mediatrici in merito a traffici di armamenti tra Russia, Ucraina, Moldavia da una parte ed Iraq dall’altra. Il traffico ha iniziato ad essere smascherato nel dicembre del 1999 quando l’Ambasciata americana inviò al Governo bulgaro una lettera invitandolo a fare chiarezza sulla questione. In quell’occasione si trattava di un’imprese bulgara che aveva commercializzato armi col Sudan. Nell’aprile del 2000 è stata la volta dell’Ambasciata inglese che ha fatto presente con una nota al Ministero degli esteri bulgaro che cinque imprese bulgare avevano violato l’embargo imposto dall’ONU all’Iraq. Queste ultime erano imprese costituite da ex-spie dei servizi segreti bulgari e da ex funzionari di polizia. I contratti sottoscritti ammontavano a diverse centinaia di milioni di dollari. I pagamenti delle forniture avvenivano direttamente in petrolio, esportato illegalmente dall’Iraq agli Emirati Arabi Uniti e di qui diretti verso l’Europa dell’est. L’impresa Terem sarebbe apparsa in questo schema di transazioni agli inizi del 2002 e sarebbe stata messa sotto controllo dei servizi segreti bulgari dall’estate di quest’anno dopo un incontro, avvenuto in quel periodo, tra l’Ambasciatore americano a Sofia James Pardieu ed il capo del controspionaggio bulgaro Orlin Ivanov.
Anche il quotidiano Sega ha dato ampio spazio alla vicenda. "Uno schiaffo sulle nostre guance NATO" titola un editoriale sottolineando come è grave che in un traffico di questo tipo sia coinvolta un’impresa statale nel cui consiglio d’amministrazione è presente anche il vice-Ministro della difesa.
Intervistato da "Troud" Vladimir Velichkov, Presidente della commissione interdipartimentale sul controllo dell’export, ha affermato di non escludere che alla base dell’accaduto vi sia un vero e proprio sabotaggio: lo fa pensare la vicinanza della polemica sul commercio delle armi con l’Iraq al Summit di Praga.
E alcuni giorni fa rappresentanti dello State Department americano hanno visitato l’impresa Terem accompagnati dal generale Borissov, alto funzionario del Ministero della difesa bulgaro. "Vogliamo provare agli americani che la Terem non è una compagnia mafiosa; i bulgari devono difendere il prestigio delle loro imprese produttrici di armamenti e provare che sono rispettose degli standard previsti dalla NATO".
Nel Paese intanto la vicenda si mescola alla crisi che pesa sulla maggior parte dei cittadini bulgari. "Vogliamo pane, non la NATO" titola un reportage di 24 Chassa da Turgovishte pubblicato il 18 novembre. "Non sono interessato su chi sia il direttore della Terem e neppure se la Bulgaria entrerà nella NATO, la cosa più importante è ricevere i nostri salari" dichiara al quotidiano un lavoratore della Terem "se la fabbrica è obbligata a chiudere è la fine per noi. Intanto è dal giugno scorso che non riceviamo i nostri stipendi".
Per gli abitanti di Turgovishte lo scandalo legato a questa presunta violazione dell’embargo è il tema più dibattuto anche perché l’economia dell’intera cittadina è fortemente legata all’impresa produttrice di armamenti. E’ un’impresa simbolo per l’area: creata 35 anni fa ha pagato ai propri dipendenti durante tutti gli anni ’70 ed ’80 salari nettamente superiori alla media nazionale. Nel 1988 erano 4200 le persone assunte. Ora la situazione è radicalmente diversa e sono molti in città ad affermare che un lavoro alla Terem, i cui lavoratori sono stati drasticamente ridotti a 300, significa purtroppo oramai solo miseria.
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