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Ambiente: una sfida colossale per la Macedonia

La Macedonia si trova di fronte ad un’immensa sfida: raggiungere gli obiettivi ambientali che si è posta per il 2030. Intanto il paese sta letteralmente soffocando

29/12/2015, Jaklina Naumovski -

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(Pubblicato originariamente da Le Courrier des Balkans il 30 novembre 2015, tit. orig. "COP21: protéger l’environnement, un chantier colossal pour la Macédoine")

E’ da anni che le organizzazioni ecologiste macedoni lanciano l’allarme: l’inquinamento atmosferico, un male che colpisce tutte le città del paese, uccide più di 1300 persone all’anno secondo cifre fornite dalla Banca mondiale. Inoltre il 55% dei bambini di sei anni – secondo l’Istituto di sanità pubblica – sono affetti da malattie respiratorie. Il tasso di particolato sottile PM10 è regolarmente al di sopra della soglia autorizzata (40µg/m³) arrivando in alcuni momenti sino ai 200µg/m³.

Dall’indipendenza nel 1991 la situazione in Macedonia non è migliorata molto in termini di protezione ambientale. Malgrado i piani e gli studi elaborati da vari governi, le cose non sono mai veramente cambiate. Al contrario, mostrano una tendenza a peggiorare.

Attualmente vi sono centinaia di tonnellate di rifiuti tossici sparpagliati attraverso il paese, una deforestazione selvaggia dei “polmoni” di città come Skopje e Tetovo, un’urbanizzazione insistente, sistemi di riscaldamento non a norma con le basilari regole di protezione ambientale – quasi il 70% della abitazioni private vengono riscaldate a legna o carbone – una circolazione di automobili in costante crescita che ingorga città letteralmente soffocate.

Impunità per chi inquina

Gli esperti hanno redatto una lista esaustiva delle questioni che vanno affrontate al più presto: 16 fonti di materiali radioattivi o cancerogeni sono state individuate in siti industriali o minerari. Tra queste l’industria chimica Ohis, la raffineria Okta, l’azienda metallurgica Makstil, il cementificio Usje, l’azienda Balkan Energi Group, la discarica della miniera Sasa – contenente da 30 a 40 milioni di tonnellate di scorie – le centrali termiche a carbone di Rek Bitola e Rek Oslomej, l’azienda metallurgica Jugohrom Tetovo, la fonderia di Veles. Tutti questi, ed altri siti altamente inquinanti, non si adeguano alle normative vigenti e continuano impunemente a gettare i loro scarti di lavorazione in natura, pur continuando ad assicurare che si conformeranno alle normative al più presto.

Altri problemi: la scarsa manutenzione di dighe, canali e letti dei fiumi e la deforestazione selvaggia che, in parallelo ai problemi di inquinamento atmosferico, hanno per conseguenza inondazioni e frane, come provato dalla recente catastrofe nella regione di Tetovo: scenari che, ad ogni violento acquazzone, mostrano paesaggi apocalittici con campi e altre superfici agricole distrutte.

Embrioni di soluzione

Ciononostante, le soluzioni esistono. Il professor Trajče Stafilov, dell’Istituto di chimica, ritiene che i rifiuti industriali tossici potrebbero essere trasportati in paesi che hanno a disposizione un’industria di smaltimento. Opzione però molto costosa per gli standard macedoni: 50 milioni di euro all’anno e da qui il disimpegno delle autorità in tale direzione. Altra soluzione riguardante le PM10, e che il ministero dell’Ambiente cerca di implementare da anni, sarebbe l’installazione di filtri nelle principali industrie che riducano il particolato sottile emesso nell’aria.

Per quanto riguarda i sistemi di riscaldamento la soluzione sarebbe investire nella rete d’approvvigionamento del gas metano, in modo che gli edifici privati abbandonino i combustibili inquinanti. Un’ipotesi però al momento compromessa dal naufragio dei progetti South Stream e Turkish Stream che avrebbero dovuto approvvigionare il paese di metano.

Nella capitale, più di 600 milioni di euro sono stati spesi per il progetto architettonico Skopje 2014. Ma secondo molti studi l’abbassamento dell’inquinamento nella capitale potrebbe essere significativo anche solo con la diminuzione del traffico di auto private e la costruzione di linee efficienti di tram elettrici. Ma il consiglio comunale ha preferito allargare vie e viali, provocando un costante aumento del numero di veicoli in circolazioni e conseguentemente di inquinamento.

Altra costante: la Macedonia possiede un parco automobili vecchio e molto inquinante, con la maggior parte dei veicoli in circolazione che sono Euro1 o 2, mentre le norme europee esigono lo standard Euro 4.

Imperativo ecologico costoso

Dal 2013 l’UE ha rinforzato le sue misure per la protezione dell’ambiente e instaurato nuove regolamentazioni e standard. La Macedonia, che aspira all’integrazione nell’Unione, dovrà aprire senza dubbio un capitolo sull’ambiente. Un compito colossale al quale si è impegnato il governo durante una conferenza interministeriale promossa a Skopje nell’ambito dell’Iniziativa centro-europea agli inizi di novembre dove è stata sottoscritta una dichiarazione per un’azione comune per una crescita verde.

La Macedonia si è impegnata in 15 anni a ridurre del 30% – del 36% nello scenario più ambizioso – le emissioni provenienti dalla combustione di combustibili fossili. Secondo il ministro dell’Ambiente, Nurhan Izairi, le emissioni di diossido di carbonio provenienti da settori quali quello energetico, dei trasporto e delle costruzioni produrrebbero da soli l’80% delle emissioni di gas alla base dell’effetto serra.

La messa in opera di queste politiche ambientali costerebbe alla Macedonia tra i 4,2 e i 4,5 miliardi di euro. Una cifra esorbitante, ma vitale per preservare l’ambiente e la salute pubblica.

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