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All’arte non servono i visti

L’arte come veicolo di interculturalità è il filo conduttore del laboratorio organizzato dal programma europeo Youth in action sulla cornice dell’Exit festival di Novi Sad. Riceviamo e volentieri pubblichiamo

21/07/2009, Marzia Bona -

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Youth in Action, programma che si inscrive fra le politiche giovanili della Commissione europea, mira a promuovere la mobilità e l’idea di cittadinanza attiva fra i giovani. Per chi proviene da un paese esterno all’area Schengen, è un’occasione da non perdere per viaggiare fuori dai confini del proprio stato. Nella quadro di questa politica europea rientra il laboratorio interculturale realizzato da 35 giovani sullo sfondo dell’Exit festival di Novi Sad.

Cinque giovani per ciascuno dei sette Paesi chiamati a partecipare al progetto (Italia, Malta, Portogallo, Serbia, Slovenia, Albania e Macedonia) hanno condiviso le giornate del più grande festival europeo e i due giorni successivi a Belgrado, collaborando all’interno di laboratori artistici per dimostrare come l’arte possa promuovere l’interculturalità. La promozione della cittadinanza attiva, obiettivo primario di questo programma europeo, si è concretizzata in questo caso in un laboratorio artistico strutturato in quattro differenti workshop: fotografia, teatro, video e graffiti. Ciascun gruppo si è focalizzato su uno di questi mezzi espressivi per produrre in pochi giorni un lavoro finale che testimoniasse il nesso fra arte ed interculturalità. Quattro le giornate nelle quali si sono realizzati i laboratori artistici all’interno dell’Exit Camp, il campeggio che accoglie circa 10.000 visitatori del festival, mentre per gli ultimi due giorni la location è stata Belgrado, dove si sono valutati i risultati del lavoro svolto e la riuscita del progetto.

L’Exit festival come sfondo dell’attività ha fatto da cassa di risonanza al concetto chiave di quest’iniziativa: nella cornice della kermesse musicale che da dieci anni richiama a Novi Sad migliaia di persone da ogni angolo d’Europa e dei Balcani, l’idea che l’arte – in questo caso la musica – possa promuovere il superamento delle barriere nazionali emerge naturalmente con forza.

Oltre al contesto internazionale, anche l’eterogeneità dei gruppi di lavoro ha dato manforte al carattere interculturale dell’esperienza artistica e dei lavori realizzati: una breve pièce teatrale, un’esposizione di scatti realizzati all’interno dell’Exit Camp, un grande graffito in più lingue e un video documentario sullo svolgimento dei laboratori.

L’inclusione della promozione dei giovani nelle politiche europee è un fenomeno relativamente recente. Il Trattato di Maastricht del 1993 ha allargato gli obiettivi dell’UE facendo sì che anche l’universo giovanile venisse preso in considerazione. L’articolo 149 § 2 del trattato stabilisce che l’Unione Europea "…incoraggia lo sviluppo degli interscambi fra giovani e fra educatori". Il programma Youth in action persegue questi obiettivi in maniera efficace, incoraggiando la redazione da parte degli stessi partecipanti di possibili progetti da sottoporre al vaglio della Commissione Europea. Fra gli aspetti più positivi del programma, l’allargamento della possibilità di partecipare anche a cittadini non europei, nonché il rimborso del 70 % dei costi di viaggio e la copertura totale degli oneri di vitto e alloggio per i partecipanti, che facilitano l’accesso a questo tipo d’esperienza.

A margine dello svolgimento dei differenti workshop, la convivenza quotidiana all’interno del gruppo internazionale promuove un confronto reale fra i partecipanti di diversa nazionalità. Tra gli argomenti più ricorrenti la disparità del sistema dei visti: per i paesi esterni all’area Schengen, il programma Youth in Action ha un valore aggiuntivo nella misura in cui facilita l’accesso ai visti, evitando ad esempio la necessità di ricorrere alle lettere d’invito. Rimangono ad ogni modo la lunghezza della procedura ed il costo non irrilevante per l’ottenimento del visto, perpetuando le discriminazioni a livello di libertà di movimento.

A questo proposito, la migliore conclusione per quest’interscambio è stata la notizia, giunta durante l’ultimo giorno di permanenza a Belgrado del gruppo, della proposta della Commissione Europea per la liberalizzazione, a partire dal 2010, del sistema dei visti almeno per i cittadini di Serbia, Montenegro e Macedonia.

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