Tipologia: Intervista

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Area: Albania

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Albania: futuro e agricoltura

Dalla sussistenza al mercato europeo. Il futuro dell’agricoltura albanese, secondo Pier Paolo Ambrosi, non può che passare da ristrutturazione fondiaria e formazione permanente. Un’intervista

03/11/2016, Monitor -

Albania-futuro-e-agricoltura

(Pubblicato originariamente da Monitor il 5 giugno 2016)

Secondo molti esperti la riforma del settore agricolo albanese sarà fondamentale per la piena integrazione dell’Albania nell’Ue. Si concorda sul fatto che serviranno molti anni per cambiare la struttura delle aziende agricole del paese, anche solo per aumentare la quantità di terreno che ciascuna ha a disposizione. Dinamiche però inevitabili, che le istituzioni devono sostenere, se si vuole essere concorrenziali in un mercato globale.

Le sfide, dicono gli esperti, sono garantire fondi a favore degli agricoltori in particolare per favorire l’agro-biodiversità, la difesa dell’ambiente e, in generale, l’uscita da condizioni ancora troppo diffuse di povertà. Sfruttando anche altre prospettive, come quella della diversificazione dei servizi offerti, in particolare in chiave di agriturismo.

In questa chiave è significativa la realizzazione proprio a Tirana della quarta edizione di Terra Madre (organizzata ogni due anni), un evento che riunisce gli agricoltori e i piccoli produttori di 12 paesi dei Balcani, della Turchia e dell’Italia.

[…]

In un contesto come quello albanese caratterizzato da piccole aziende non si può prescindere da un’agricoltura multi funzionale, dove l’agricoltore, oltre alla sua attività tradizionale, fornisce una serie di servizi, che passano anche da una certificazione della provenienza dei prodotti.

Anche la valorizzazione della tradizione gastronomica è un elemento cruciale per il rilancio del settore, dal punto di vista economico, storico e culturale. Investimenti in questa direzione garantirebbero il valore aggiunto capace di reggere la concorrenza a livello dell’Unione europea.

Abbiamo intervistato su queste questioni Pier Paolo Ambrosi* che da 25 anni vive e lavora in Albania. E’ attivo soprattutto nel sostegno dei piccoli agricoltori, in particolar modo nella regione del Kelmend.

L’agricoltura albanese continua ad affrontare molte difficoltà e ancora non riesce ad essere competitiva…

Parlare dell’agricoltura albanese significa affrontare un problema molto complesso. Penso che l’aspetto più rilevante riguardi la struttura della terra coltivata. Una situazione che è conseguenza della riforma agraria del luglio 1991 – legge 7501 – il cui obiettivo primario era dare una risposta immediata ad una situazione di emergenza nazionale.

Nei 25 anni successivi l’Albania ha fatto cambiamenti radicali, ma la situazione fondiaria della terra coltivata è rimasta invariata. Una famiglia di agricoltori ha mediamente a disposizione 1 ettaro e mezzo di terreno, suddiviso normalmente in 3/4 porzioni distanti tra loro. Questo tipo di agricoltura non permette investimenti perché non può garantire un redditto sufficiente per gli agricoltori.

Se vogliamo parlare di sviluppo dell’agricoltura albanese, il primo problema da affrontare è quindi come modificare la struttura delle aziende agricole attuali per ottenete una realtà agricola in grado di produrre reddito e di conseguenza attrarre investimenti. In passato anche altri paesi, ad esempio l’Italia, hanno affrontato una problematica simile e ne sono usciti con risultati eccellenti attraverso istituzioni statali che garantivano crediti agli agricoltori per acquistare terreni agricoli con l’obiettivo di ampliare la superficie coltivata, crediti agevolati, 1,5% o 2%, con durata di 20, 30 e perfino 40 anni. In questo modo un agricoltore che voleva migliorare la sua azienda aveva le possibilità di farlo.

Un’iniziativa simile in Albania porterebbe due risultati: da una parte avvierebbe un processo economico che garantirebbe stabilità finanziaria a quelle famiglie che desiderano vivere con l’agricoltura. D’altra parte avrebbe il vantaggio di trasformare quello che attualmente è capitale non produttivo in capitale finanziario che può essere investito subito in altre attività economiche.

Altro fattore che limita lo sviluppo dell’agricoltura è la mancanza di associazioni di produttori. Nei paesi che fanno parte dell’Ue sono spesso queste ultime che si occupano di garantire l’accesso al mercato dei prodotti dei singoli.

Come si possono garantire agli agricoltori albanesi occasioni per aumentare la cooperazione regionale?

Eventi come Terra Madre sono importanti per due motivi principali: danno una maggior consapevolezza alle autorità competenti della necessità di avviare azioni concrete per la difesa dei piccoli produttori e delle aziende agricole famigliari.

In secondo luogo fanno in modo che gli stessi agricoltori non si sentano esclusi ma protagonisti di un evento di livello nazionale, assieme a molti altri che vivono problematiche simili alle loro. Questo dà fiducia, consolida l’impegno, aumenta la consapevolezza di essere una parte importante di un processo che tocca non solo i Balcani ma tutta l’Europa .

Quali gli elementi più problematici del concetto di sviluppo rurale nel nostro paese?

Per molto tempo si è pensato che lo sviluppo rurale afferisse esclusivamente all’agricoltura e all’allevamento. Questo concetto è ora cambiato e adesso si pensa a sviluppo rurale nei termini di sviluppo di tutto un territorio non urbano.

A tutto questo bisogna però premettere che esiste un problema specifico relativo all’Albania dove il territorio rurale è ancora considerato in termini di sottosviluppo e si ritiene esista un gap che bisogna affrettarsi a recuperare in termini di sviluppo: ma così vi è il rischio di proporre soluzioni che scambiano lo sviluppo con la modernizzazione. Dobbiamo stare attenti a non compiere azioni di mero abbellimento che non agiscono però sul nocciolo del problema.

Le sfide importanti sono tre: la formazione professionale permanente, garantire i servizi necessari, il cambio generazionale.

La formazione professionale permanente, nelle zone rurali, è una condizione necessaria per dare al mondo rurale un ruolo nell’economia del paese. Negli ultimi anni si sono registrati dei cambiamenti in questa direzione, ma per più di 20 anni, la formazione professionale albanese era focalizzata per lo più su materie che strettamente professionali non sono. Questo ha implicato, per le zone rurali, un impoverimento continuo in termini di mano d’opera e di “fuga di cervelli”.

La seconda sfida riguarda i servizi essenziali: se vogliamo uno sviluppo rurale dobbiamo garantire un livello dignitoso perlomeno di scuole e sanità.

L’ultima sfida è conseguenza diretta delle altre due. Il cambio generazionale adesso è bloccato. Se non si prendono provvedimenti necessari per tempo, tra 10 o15 anni gli attuali agricoltori saranno in pensione e di conseguenza scomparirà, in Albania, l’agricoltura a conduzione famigliare. E’ importante pensare quanto prima alle azioni da compiere per promuovere e incentivare le giovani coppie a vivere in campagna. Per questo, lo ripeto, servizi primari garantiti e formazione professionale permanente sono condizioni necessarie.

La gastronomia tradizionale è una delle risorse rilevanti dell’Albania. Come si può trasformare questo in un vantaggio per la promozione dell’agriturismo in Albania?

Comincio da un mio ricordo personale. Nell’estate di cinque anni fa, sono andato per la prima volta nell’agriturismo Mrizi i Zanave a Fishte, spinto per lo più da curiosità, dopo che me ne aveva parlato un amico. Quando sono tornato a casa ho telefonato a mia moglie dicendole queste testuali parole: “Sono stato a pranzo in un agriturismo che hanno aperto un po’ di tempo fa, ti servono piatti tradizionale albanesi preparati e serviti come se fossi in un ristorante in centro a Parigi. Questo è il modo per entrare nel mercato europeo”.

Dietro a tutto questo vi è una formazione professionale di grande rilievo. In questo caso molti anni di lavoro in Italia.

Oltre a questo, per fare in modo che un prodotto tipico si affermi, è necessario garantire l’autenticità del processo di produzione. Non è molto facile quando entra in vigore la rigida normativa europea in materia. Per questo l’Ue ha previsto la possibilità che ci si adegui con tempi consoni, come richiesto anche da Italia e Francia. Ma ottenere questo è compito della politica. Se domina invece la fretta, come è già accaduto in molti paesi dei Balcani che ora fanno parte dell’Ue, vi è il rischio che da una parte si entra in Europa e dall’altra si ostacolano gli agricoltori che vivono e fanno vivere la terra. Slow food significa anche Slow Europe.

Terra madre…

Terra madre è un evento internazionale organizzato dal 2004 da Slow food ogni due anni a Torino, nel quale partecipano piccoli produttori da tutto il mondo. Slow food ha deciso dal 2010 di accompagnare la manifestazione mondiale con un evento più specifico dedicato ai paesi dei Balcani.

Dopo due edizioni in Bulgaria e la terza in Croazia, è stata scelta l’Albania. Una decisione presa per due ragioni: nei Balcani il mondo rurale ha un posto molto importante sia a livello economico che sociale. Al di la di questo i paesi dei Balcani sono destinati storicamente prima o poi a diventare parte integrale dell’Unione europea, e lo sviluppo rurale dell’Unione occupa una posizione importante sulla voce delle sue spese.

Terra Madre Balcani si inquadra in questo contesto per dare ai piccoli produttori, artigiani del nostro cibo quotidiano, un posto nel cuore dell’agenda politica di chi dovrebbe guidare il processo verso l’integrazione europea. 

Si svolge in Albania perché si tratta di un luogo dinamico nel quale si procede verso l’integrazione europea ed è utile cominciare subito la strada per consentire un ampio accesso ai fondi IPARD.

 

* Pier Paolo Ambrosi è Coordinatore Progetti in Albania per l’Ong VIS

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