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Albania, l’Europa è più vicina

Siamo ormai vicini alla liberalizzazione dei visti Schengen per i cittadini albanesi. Un provvedimento atteso da anni, accolto con grande gioia e che porta l’Albania più vicina all’Europa. La nostra corrispondente tra la gente in coda per ottenere l’ormai famigerato passaporto biometrico

20/10/2010, Marjola Rukaj - Tirana

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“Andremo finalmente a visitare nostra figlia che vive in Francia. Non siamo mai stati a casa sua in tutti questi anni, perché al consolato ci rifiutavano sempre il visto”. Tefta, 60 anni, aspetta entusiasta in una fila caotica il suo turno per farsi prendere le impronte digitali, necessarie per munirsi del nuovo passaporto biometrico. La sala d’attesa è piena, per lo più di ultrasessantenni che, come Tefta, vogliono andare all’estero per visitare i propri figli migranti. Ora sarà finalmente possibile.

Lo scorso 8 ottobre il Parlamento europeo ha votato a maggioranza qualificata la proposta di liberalizzazione dei visti per i cittadini albanesi. Manca ancora una tappa fondamentale presso il Consiglio europeo, che però non sembra possa alterare l’esito positivo della seduta parlamentare. La risoluzione riguarda la liberalizzazione dei visti per i cittadini di Albania e Bosnia Erzegovina, che, esattamente un anno dopo rispetto ai loro vicini serbi, montenegrini e macedoni, potranno viaggiare liberamente nello spazio Schengen. Questo perché come hanno più volte espresso in burocratese a Bruxelles, i criteri richiesti sono stati finalmente raggiunti.

La risoluzione farà sì che i cittadini albanesi e bosniaci non necessitino più di visti d’ingresso nello spazio Schengen, se sono in possesso di un passaporto biometrico, se dimostrano di avere un alloggio, o l’invito di amici, e sufficienti mezzi di sostentamento per il periodo di permanenza all’estero. Tale periodo non può superare i 90 giorni ogni 6 mesi. Altrimenti scatteranno le sanzioni che impediranno a chi infrange le regole, l’ingresso nello spazio Schengen per un periodo di 5 anni dalla data dell’espulsione.

Difficile dire però quali siano stati i criteri adempiuti dagli albanesi esattamente un anno dopo rispetto ai serbi, montenegrini, e macedoni. La distribuzione dei passaporti biometrici nel territorio nazionale sta procedendo con lentezza. Esattamente come un anno fa l’Albania giace in una paralizzante crisi politica e le riforme necessarie che si è soliti menzionare quando si parla di integrazione europea del paese, sembrano essere l’ultima preoccupazione degli albanesi. “Non è un obiettivo meritato dai politici – ha affermato il Commissario all’allargamento Stefan Fule – è una concessione fatta ai cittadini albanesi”.

In quest’anno in cui i cittadini albanesi hanno continuato a subire il calvario burocratico, spesso arbitrario, presso i consolati Schengen, in molti hanno cercato di guardare oltre le motivazioni espresse col politicamente corretto “deficit di standard”. Tra le ragioni paventate tra l’altro anche la presunta l’islamofobia degli occidentali e i doppi standard con cui Bruxelles tratta i balcanici.

In molti hanno attribuito il ritardo alla potenziale emigrazione degli albanesi verso lo spazio Schengen, nonostante l’Albania non sia più quella degli esodi di vent’anni fa, e il fatto che l’Europa Occidentale non sia più appetibile come in passato. In particolar modo, la crisi economica in Grecia e in Italia, mete tradizionali dell’emigrazione albanese, scoraggeranno molti ad emigrare.

Inoltre le politiche populiste e le misure drastiche anti migranti che sono state adottate in molti paesi europei renderanno il tutto molto più difficile persino a quelli che sembrano ancora propensi all’emigrazione e che provengono in maggior parte dalle zone rurali dimenticate del paese. Tra i laureati e neolaureati di Tirana è invece opinione diffusa che la capitale albanese e la zona della pianura centro-occidentale del paese offrano prospettive migliori rispetto a quanto possano offrire paesi come la Grecia e l’Italia. Inoltre, nonostante non vi siano né studi, né statistiche sulla cosiddetta “fuga dei cervelli” albanesi – da sempre un tallone d’Achille nel paese balcanico – l’impressione è che sempre più giovani laureati all’estero scelgano di ritornare e di farsi strada nel caos creativo che domina il paese.

Rimane comunque il rischio che una determinata parte delle classi più disagiate sia tentata a provare la sorte altrove. “Il sistema dei visti può anche venire ripristinato se le regole non vengono rispettate”, ha dichiarato Tanja Fajon, l’eurodeputata slovena che più di altri si è battuta per l’entrata nella lista bianca di Schengen dell’Albania e della Bosnia Erzegovina. Per poter evitare deviazioni alle regole, le autorità albanesi hanno intrapreso una campagna mediatica che spiega tutte le regole e le eventuali sanzioni, in merito alle nuove modalità di permanenza e circolazione nello spazio Schengen. Si punta soprattutto a sottolineare che per trasferirsi all’estero per lavoro o studio, i cittadini albanesi devono ottenere un visto presso i consolati degli stati Schengen, esattamente come prima della liberalizzazione.

Nonostante tutto vi è molto entusiasmo in Albania. Tra i politici c’è chi dice che l’Albania aspettava tale momento da secoli. Per i cittadini la liberalizzazione dei visti implicherà una reale apertura del paese con l’estero.

Opinioni simili si riscontrano tra le persone che fanno la fila per ottenere il passaporto biometrico ad uno degli sportelli nella capitale. “Ora ci siamo veramente aperti al mondo”, afferma Ali, elegante signore sulla settantina. “Sono felicissima, mi sento liberata, non devo più documentare tutta la mia esistenza presso il bancone di un consolato per restare qualche giorno in un paese Schengen” spiega con un misto di rabbia e gioia Inis, giovane musicista del Teatro Nazionale. “Dovevo recarmi in Germania, perché mia figlia aveva subito un incidente, e al consolato mi hanno fornito il visto con enorme ritardo, sono cose inaccettabili, ma che noi cittadini albanesi abbiamo subito umilmente per anni. Era ora di farla finita”, cerca di contenersi mentre racconta la sua storia Suzana, una signora di mezza età.

Con la liberalizzazione dei visti si porrà finalmente fine alle farraginose procedure burocratiche cui i cittadini si dovevano sottoporre per mettere piede nello spazio Schengen. Non sono mancati neanche casi clamorosi di corruzione, basti ricordare quanto avvenuto presso il consolato tedesco a Tirana nel 2004, caso giornalistico seguito all’epoca dal settimanale "Der Spiegel".

La liberalizzazione dei visti apporterà grandi vantaggi soprattutto ai più giovani, che potranno finalmente mettersi in contatto con la tanto aspirata Europa occidentale e andare oltre i messaggi superficiali e fuorvianti che arrivano attraverso le televisioni commerciali e internet. Sarà sicuramente un’occasione per accrescere la loro criticità, moltiplicando le risorse di informazione, la limitatezza delle quali ha contribuito solo a provincializzare l’Albania e i suoi giovani.

Mentre i politici festeggiano, e in parlamento nei tanti dibattiti promossi sull’argomento ognuno cerca di attribuire il merito al proprio operato, nei reportage apparsi nei media di Tirana gli albanesi spesso scambiano la liberalizzazione dei visti con l’integrazione del paese all’Ue. Ciò dimostra l’importanza con cui viene percepita tale tappa, in quanto apertura concreta ed effettivo avvicinamento dell’Albania a Bruxelles. Questa confusione è però anche dovuta alla mancanza di informazione sull’Ue e sul significato del processo di integrazione europea. Con il raggiungimento di questa fase probabilmente gli albanesi inizieranno a demistificare Bruxelles e gli slogan elettorali basati esclusivamente sulla promessa di un futuro europeo perderanno la loro efficacia. Ma l’Unione europea sarà d’ora in poi un’entità meno astratta e soprattutto più raggiungibile.

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