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Albanesi in Montenegro, una questione aperta

La recente proposta di creare delle regioni etniche in Montenegro ha causato parecchie polemiche. Mentre la contemporanea ed effimera comparsa di un fantomatico sito del sedicente esercito albanese ha scatenato il panico nel paese

23/01/2004, Tanja Bošković - Podgorica

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L’idea che lo status degli Albanesi del Montenegro si risolva con la formazione di tre regioni etniche – Tuzi (vicino al confine con Albania sul lago di Scutari), Ulcinj (la città il più a sud sulla costa), Plav e Gusinje (area nord, vicino al Kosovo), dove abita la maggioranza della popolazione albanese, ha provocato disapprovazioni in diversi circoli. Non soltanto tra la maggior parte della popolazione montenegrina, ma anche tra i partiti nazionali albanesi che hanno preso le distanze da questo progetto.
L’iniziativa è stata mossa nei primi giorni di gennaio, da un’ONG di Tuzi, condotta dallo studente, Nik Djeljosaj. In Malesija (l’area di Tuzi, ma geograficamente più ampia) hanno cominciato la sottoscrizione di una petizione in segno di appoggio a questa idea e, secondo Djeljosaj, la risposta dei cittadini è stata molto alta. ("Vijesti", 9 gennaio)

Djeljosaj ha dichiarato che la regionalizzazione è in armonia con le conclusioni della prima parte della Conferenza di Washington, tenutasi in giugno, nell’organizzazione del Consiglio nazionale americano-albanese, di "Albanica" – l’istituto delle questioni albanesi di Ljubljana, in cooperazione con il Centro per gli studi strategici ed internazionali di Washington, ed il suo esperto, Janus Bugajski. La continuazione della conferenza è prevista per febbraio.
Djeljosaj ha detto che le autorità montenegrine sanno di cosa si tratta e che è proprio per questo che cercano di imporre la loro soluzione con la formazione accelerata dei municipi. Qui si riferisce alla pubblica discussione sulla Legge riguardante la capitale del 13 gennaio. Con questa legge si prevede che ai cittadini di Malesija venga restituito lo status di municipio che fu abolito nel 1957. Tutti i rappresentanti della minoranza albanese considerano che con l’accordo proposto dal Governo si offra soltanto poco più dello status di comunità locale. Tuzi, secondo la proposta, diverrebbe un municipio priva del presidente, del parlamento, del budget e del territorio. Un contadino di Tuzi, Ismail Čumuljaj, considera: "Questo è un gioco delle autorità. Nelle campagne elettorali per le presidenziali hanno promesso che ci avrebbero dato il municipio, però la proposta non contiene neanche la ‘m’ del municipio". ("Monitor", 16 gennaio)

Secondo Djeljosaj, con il processo della formazione delle regioni si aiuta l’integrazione del Montenegro nell’Unione europea, perché la divisione in regioni è applicata in tutti i paesi sviluppati, inoltre sarebbe l’unico modo per risolvere la questione degli Albanesi del Montenegro.
Il giorno dopo che è apparsa la notizia sull’iniziativa della creazione delle regioni, è stato scoperto il sito, fin a quel momento sconosciuto, dove il sedicente "Esercito nazionale montenegrino" ("Nacionalna vojska Crne Gore") minaccia che "per i diritti danneggiati degli Albanesi" intraprenderanno azioni contro gli interessi vitali montenegrini. Su questo sito, sparito il giorno successivo alla sua comparsa, c’era scritto che la comunità nazionale albanese del Montenegro e dell’Unione statale è discriminata e si minaccia che la stessa potrebbe provocare dei problemi nei Balcani.

I rappresentanti dei partiti albanesi e lo stesso Nik Djeljosaj, iniziatore della petizione sulla formazione delle regioni, hanno subito negato qualsiasi connessione con questo sito ed hanno invitato le autorità montenegrine a trovarne immediatamente l’autore. Finora non si sa niente, a parte che il sito era ospitato da un server francese. Il presidente del Consiglio democratico degli Albanesi in Montenegro, Mehmet Bardhi ha dichiarato all’agenzia Beta (11 gennaio), che per la prima volta sente parlare dell’esercito e del sito. Bardhi ha detto che i testi sul sito erano pieni di errori grammaticali e che nel nome dell’esercito non compariva l’esercito albanese, benché fosse scritto in lingua albanese.
Il presidente dell’Unione democratica degli Albanesi, Ferhat Dinoša, ha esaminato che la notifica del cosiddetto esercito albanese non presenta niente di serio e che si tratta di giochi che nel momento servono a qualcuno. Egli ha inoltre dichiarato che il suo partito ha saputo, dai rappresentanti dell’amministrazione americana, che gli Stati Uniti non appoggiano la formazione di regioni etniche in Montenegro.

Dinoša dichiara nell’ultimo numero di "Monitor" che dell’idea della regionalizzazione l’ha sentita per la prima volta alla Conferenza di Washington. "Ci hanno assicurato che il progetto della regionalizzazione avrebbe avuto il sostegno americano, che successivamente è stato negato dai contatti con l’amministrazione americana. Non è neanche vero che dietro questa idea c’è Janos Bugajski, del Centro per gli studi strategici ed internazionali di Washington, che ci ha soltanto permesso di tenere la conferenza nel suo centro", ha detto Dinoša.
Egli non pensa che il miglioramento dello status della minoranza albanese si possa raggiungere con la frantumazione territoriale secondo i principi etnici. "La DUA ha un progetto sullo status degli Albanesi, che è aperto anche alle altre minoranze che sostengono la decentralizzazione. Questo progetto prevede l’integrazione degli Albanesi nelle strutture statali, offre meccanismi protettivi dei diritti collettivi degli Albanesi, senza creazione di confini interni", conclude Dinoša, spiegando che il progetto non è ancora stato sostenuto da parte dagli altri due partiti albanesi nazionali del Montenegro, però crede che il documento comune sarà presto preparato. "Vogliamo una soluzione permanente, che non cambi con il cambiare del Governo", ha dichiarato Dinoša al quotidiano "Vijesti" (9 gennaio).

Nel Partito democratico dei socialisti (DPS) che compone la maggioranza politica in Montenegro, considerano che si tratta di una richiesta estrema che minaccia seriamente la integrità territoriale del Montenegro e la sua base politica e civile. Il deputato del DPS, di nazionalità albanese, Nikola Gegaj dichiara per Monitor (23 gennaio) che gli autori del progetto sulla formazione delle regioni si trovano fuori dal Montenegro. "In Montenegro non esiste discriminazione su principi nazionali e religiosi e le autorità sono disponibili a parlare con tutti quelli che vogliono il miglioramento dello status delle minoranza nazionali secondo gli standard europei". Gegaj, però, a nome del DPS, accetta la responsabilità che la questione nazionale degli albanesi non sia stata definitamene risolta. Egli tuttavia afferma che a questa situazione hanno contribuito anche i dissensi tra i partiti albanesi che non hanno un’unica posizione. Infine il deputato del DPS avverte che "gli Albanesi non sono l’unica minoranza in Montenegro, pensate cosa potrebbe succedere se tutti gli altri se ne venissero fuori con la stessa idea".
I rappresentanti della minoranza dei bosniaci (bošnjaci) e dei croati non sostengono la regionalizzazione in base ai principi etnici. Dalibor Burić dell’Iniziativa croata regionale considera che qualsiasi chiusura in recinti nazionali non sia buona. ("Vijesti", 12 gennaio).

Quindi, il piano della regionalizzazione etnica non ha avuto un sostegno né dai rappresentanti politici della minoranza albanese, né dalle altre minoranze. L’idea non è sostenuta neanche dai rappresentanti della comunità internazionale e dalle autorità locali. Però, ciò non significa che la questione albanese debba essere lasciata da parte e non si faccia niente. A maggior ragione per via del fatto che gli ultimi eventi hanno provocato panico, sospetti e malcontento. Tuttavia, mette in guardia "Monitor", bisogna stare attenti nel distinguere i diversi termini, perché la formazione delle regioni su principi etnici non rappresenta un trend europeo, anzi tipicamente balcanico.
Vedi gli articoli dell’archivio:

Elezioni parlamentari in Montenegro: i partiti albanesi si preparano al voto
Montenegrini e albanesi, convivenza a rischio o semplici giochi politici?

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