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Al collasso

Un sistema al collasso quello della sanità rumena. Alla pesante eredità del passato, fatta di malasanità e corruzione, si sommano gli attuali tagli alla spesa pubblica e l’esodo incessante del personale verso l’estero

10/09/2010, Mihaela Iordache -

Al-collasso

Qualche settimana fa una tragedia senza precedenti ha scosso l’opinione pubblica romena. In seguito ad un’esplosione, avvenuta nel reparto di terapia intensiva neonatale dell’ospedale Giulesti di Bucarest, cinque neonati sono morti e altri sei lottano ancora per vivere. Si tratta di bambini nati prematuri, alcuni con problemi congeniti ma soprattutto con ustioni sul 70-80% del corpo.

L’incendio sarebbe scoppiato dopo il cortocircuito di un condizionatore. Per dodici minuti la stanza dove si trovavano i piccoli intubati nelle incubatrici ha toccato temperature di 200 gradi. “La temperatura per cuocere un dolce nel forno”, gridava disperato un padre che ha perso il suo bambino.

Se l’infermiera che si occupava dei bambini quel pomeriggio fosse stata al suo posto, avrebbe forse potuto salvare i piccoli. Però non c’era, dice che era andata in bagno e che aveva chiesto ad un’altra infermiera di sostituirla. Ma non vi era nessuno assieme ai piccoli, per più di 10 minuti, mentre l’incendio divampava. Inoltre le porte erano bloccate e le schede per aprirle erano in possesso solo dei medici e delle infermiere quel giorno in servizio: intenti a festeggiare l’onomastico di una collega.

Dettagli sconvolgenti emergono ogni giorno. L’inchiesta è ancora in corso. L’infermiera indagata è agli arresti, mentre il direttore tecnico che si occupava tra le altre cose anche degli impianti elettrici è indagato a piede libero in quanto ha problemi di salute.

La tragedia del reparto maternità del Guilesti ha riaperto il dibattito sul sistema sanitario romeno ormai al collasso. I romeni secondo alcune statistiche risultano essere i più malati d’Europa. Non potrebbe essere altrimenti visto come vengono “curati”. La speranza media di vita, 73 anni, è tra le più basse del continente mentre quello rumeno è il tasso più alto d’Europa di decessi infantili: solo l’anno scorso 2.250 bambini tra 0 e 1 anno sono deceduti.

Negli ultimi vent’anni lo stato rumeno non ha fatto nulla di serio per migliorare questa situazione disastrosa. L’anno scorso la Romania ha investito solo il 3,7% del PIL per la sanità, meno della metà rispetto alla media europea. Gli ospedali hanno quindi accumulato debiti che ora non sanno più come coprire.

Già nel periodo comunista andare dal medico significava infilare dei soldi nella tasca del suo camice bianco. Lui sentiva il gesto e a volte ringraziava. Un’intesa tacita: tu mi dai denaro e io ti curo meglio, ti do attenzione, non ti lascio aspettare. Purtroppo poco è cambiato da allora in materia di mazzette. Al contrario, le somme ora devono essere sempre più alte per accontentare i medici. Ma non solo loro. Pretendono soldi dal portiere fino all’infermiere.Tutti.

Un paziente può essere anche moribondo, può essere una persona sul procinto di essere operata, può essere un bambino. Non ha importanza e non c’è pietà in questo senso. Il fenomeno della corruzione nel sistema sanitario ha assunto aspetti allucinanti. Ha cambiato la mentalità dei pazienti, si è arrivati ormai in molti casi ad essere “contenti“ quando il medico, "il professore", accetta i tuoi soldi. Può essere un segno che farà di tutto per curarti al meglio e anche le medicine che ti darà saranno forse più efficaci. Rappresentativa in questo senso la recente dichiarazione di una ex presentatrice tv, Andreea Marin, attualmente ambasciatrice UNICEF Romania, che ha dichiarato di aver dato soldi ai medici quando ha partorito e che ha fatto questo con piacere perché, dice, l’hanno trattata bene e d’altra parte sa che guadagnano pochissimo.

Si può giustificare un intero sistema corrotto con il fatto che gli stipendi in campo medico sono bassi? Inoltre i cittadini pagano per le loro assicurazioni sanitarie: quindi dovrebbero aver diritto a ricevere cure e vedere la loro dignità rispettata. Ma la parola dignità nel sistema sanitario rumeno è cosa assai rara. Ancora dai tempi di Ceausescu i pazienti venivano umiliati, spesso insultati, ridicolizzati.

Quanto alle strutture sanitarie, dagli ospedali carenti di Ceausescu non si sono fatti passi avanti significativi. Tutt’altro: ora i pazienti portano da casa le medicine, le siringhe, le fasce e tutto quello che gli si chiede. L’igiene carente è un altro problema. Si rischia di entrare in ospedale con una malattia ed uscirne con un’altra. Tra gli esempi più eclatanti quello della cantate Amelia Antoniu del Teatro Nazionale d’Opera Ion Dacian, che ha rischiato di morire a causa di complicazioni sopravvenute a seguito di un’operazione chirurgica di routine.

A fronte di tutto questo chi se lo può permettere, e tra questi anche lo stesso presidente del paese, Traian Basescu, preferisce andare all’estero per curarsi (Basescu è stato a Vienna nel 2006 per un’ernia al disco).

In Romania un medico specialista riceve meno di 1000 euro al mese. Il collegio dei medici ha appena fatto sapere che nei prossimi cinque anni il 50% dei medici romeni andranno a lavorare all’estero, motivati da uno stipendio più alto e da migliori condizioni di lavoro. C’è da dire che, ragionando in base alla situazione in cui lavorano, alcuni medici fanno miracoli. E ve ne sono anche alcuni che non pretendono denaro oppure non lo accettano. Ma ormai il paziente, sapendo come funziona il sistema, può paradossalmente rimanere anche male quando un medico rifiuta la sua “piccola attenzione.”

Alcune strutture si sono modernizzate. Oppure hanno cominciato a farlo. Compaiono ospedali privati. Anche il reparto di terapia intensiva dove è avvenuta la tragedia era il fiore all’occhiello dell’ospedale, con dotazioni tutte nuove. Ma un impianto elettrico fatto male, una prolunga improvvisata in modo irresponsabile e soprattutto l’incredibile mancanza di controlli sui bambini hanno contribuito alla tragedia.

Che la Romania si confronti da anni con un esodo del proprio personale medico ed infermieristico non è un segreto per nessuno. Con l’entrata nell’Unione europea nel 2007 il fenomeno si è accentuato lasciando senza personale intere strutture sanitarie. E mentre la Romania, aspettando i finanziamenti anti-crisi del Fondo monetario internazionale, taglia gli stipendi degli statali del 25%, molti altri potrebbero decidere di partire. “All’estero potrebbero guadagnare mensilmente dai 3.000 ai 6.000 euro”, scrive la stampa britannica ricordando che negli ultimi tre anni circa 9.000 tra medici e infermieri rumeni hanno chiesto di lavorare in Gran Bretagna o in Germania, le due destinazioni favorite.

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