Accordo sul nucleare: i riflessi sui rapporti Iran-Georgia
Coltivare i rapporti con Teheran era un gioco diplomatico complicato, fino alla firma dell’accordo sul nucleare del 14 luglio scorso. Cosa cambia nelle relazioni tra Iran e Georgia
A Vienna lo scorso 14 luglio l’Iran e il cosiddetto ‘5+1′ (Usa, Russia, Cina, Francia, Gran Bretagna e Germania) hanno trovato uno storico accordo sul programma nucleare di Teheran. Un accordo che ha grandi implicazioni anche in Caucaso ed è una delle poche notizie che potrebbe far ben sperare per il futuro dell’area, in un’estate di rinnovate tensioni lungo i confini contesi fra Armenia e Azerbaijan (in quella che ormai pare essere una tradizionale offensiva estiva) e di una nuova crisi lungo le linee di demarcazione amministrativa tra la Georgia e l’Ossezia del Sud (con conseguente riverbero nei rapporti russo-georgiani negli specifici fora diplomatici: Geneva International Discussions, la cui 32esima sessione si è tenuta il primo luglio e i periodici incontri bilaterali fra il Rappresentante Speciale georgiano per le relazioni con la Russia Z. Abashidze e il vice-ministro degli Esteri G. Karasin).
In passato su OBC si erano già tratteggiati i rapporti Iran-Azerbaijan e Iran-Armenia. In questa fase post-accordo sembra appropriato concentrarsi su come i rapporti Iran-Georgia saranno interessati dal mutamento in corso. Un mutamento che nel Caucaso del Sud si innesta su un processo già in corso di interscambio e collaborazione: sebbene infatti l’Iran stia per uscire dall’isolamento solo ora rispetto ad alcuni partner, il suo ruolo nel Caucaso è sempre stato rilevante.
Sul filo del rasoio
Accordi irano-georgiani si sono sviluppati infatti già negli ultimi due decenni. Ora certo il potenziale è maggiore e Tbilisi trova un vicino – anche se non transfrontaliero – importante, un attore regionale non ostile che può in qualche modo riqualificare gli assetti attualmente pericolosamente incentrati lungo vecchie faglie geostrategiche.
Coltivare i rapporti con Teheran era un gioco diplomatico complicato, fino alla firma dell’accordo sul nucleare. La negoziazione, l’oggetto e il quadro che vi si ingenerava doveva tenere in considerazione gli interessi degli attori primari, Georgia e Iran, ma anche essere conforme con gli impegni presi in sedi multilaterali internazionali (segnatamente per il rispetto del sistema di sanzioni) nonché delle partnership preferenziali con altri attori, maturate intorno ad altri tavoli bilaterali.
Dalla Rivoluzione delle Rose (2003) la Georgia ha esplicitata una volontà di orientamento filo-occidentale. Il gradimento verso questa scelta oscilla, e risente delle instabilità regionali, delle periodiche crisi che attraversano i rapporti Russia-Europa, di cui la Georgia è stata peraltro causa e continua ad essere un nodo irrisolto, delle garanzie di sicurezza e del ritorno immediato, in termini economici, delle scelte.
Dal punto di vista invece dell’istituzionalizzazione della politica estera le suddette oscillazioni negli ultimi anni non hanno avuto alcun impatto: il paese rimane fuori dalla Comunità degli Stati Indipendenti, da cui è uscito nel 2009 dopo la guerra russo-georgiana dell’agosto 2008 per il controllo dell’Ossezia del Sud e dell’Abkhazia, mantiene esplicita la volontà di divenire membro della NATO e di integrarsi progressivamente nell’Unione europea. Mantiene inoltre attiva e positiva la cooperazione in quei fora che hanno condannato apertamente le attività militari russe in Ucraina, come il Consiglio d’Europa, e annualmente ripropone e ottiene che l’ONU voti risoluzioni sulla situazione di quelli che ritiene essere non regioni secessioniste, ma zone sotto occupazione russa, le già menzionate Ossezia del Sud ed Abkhazia.
Questa integrazione nella comunità internazionale si articola in modo differente, chiaramente, a seconda che si parli di organizzazioni di cui il paese fa già parte, come il Consiglio d’Europa e l’ONU, o di organizzazioni verso cui il paese ha espresso ambizioni ma che sia per equilibri interni, sia per l’ostile posizione russa hanno dimostrato cautela nel dare reciprocità all’interesse georgiano, come la NATO e l’Unione Europea.
Affinché la propria posizione non sia del tutto compromessa, la Georgia deve dimostrare di essere un partner credibile e affidabile, comportamento che se non altro permette di mantenere aperto il tavolo negoziale, pur non comportando di per sé la garanzia di integrazione. Per dimostrare questa affidabilità, deve poter certificare un’aderenza fra la propria politica estera e quella delle organizzazioni di cui sostiene poter essere un potenziale membro.
Ecco perché i rapporti con l’Iran si sono giocati spesso sul filo del rasoio.
Tbilisi non ha fatto segreto di essere fortemente interessata al potenziale iraniano in termini di risorse, investimenti, turismo, mentre Teheran da parte sua vede nella Georgia un paese di transito dei propri idrocarburi e un crescente mercato energetico anche nei termini di sviluppo di progetti come le centrali idroelettriche. L’interesse reciproco aveva portato nel 2011 alla sospensione del requisito di visto, misura che una volta implementata aveva portato a un significativo aumento della mobilità tra i due paesi e che aveva contribuito, unitamente ad altre misure prospettate – come l’abolizione della doppia tassazione e la riduzione dei costi di transito e di spedizione- a fare sì che il numero di aziende iraniane registrate in Georgia passasse in un triennio da 84 a circa 2000.
Ma appunto, la partita non si giocava solo a due, e gli impegni assunti con altre controparti andavano a incidere. Un buon esempio è proprio la misura riguardante l’abolizione dei visti, che la Georgia revoca unilateralmente nel 2013 per rispettare quanto previsto dall’action plan sulla liberalizzazione dei visti con l’Unione europea.
Cosa cambia ora
L’accordo sul nucleare pone ora la Georgia in condizione di coltivare i propri rapporti con l’Iran rischiando meno di incorrere in situazioni di conflitto con altre ambizioni di politica estera. Ed infatti, quando le negoziazioni sull’accordo hanno dato segno di stare evolvendosi positivamente, la Georgia – come altri paesi del resto – si è affrettata a recarsi a Teheran, per firmare un Memorandum di intesa, documento con linee guida per sviluppare una serie di nuovi affari fra i due paesi.
Sia qualitativamente che quantitativamente gli interscambi hanno un grande potenziale, e per farsene un’idea basta scorrere la lista dei partecipanti – più di 50 aziende – che già nel 2013 avevano partecipato all’Iranian Business Forum ospitato da Tbilisi.
Gli ultimi mesi hanno visto incrementare gli incontri bilaterali a vari livelli e gli interscambi.
Oltre che al mercato georgiano e all’asse Teheran-Tbilisi per l’esportazione degli idrocarburi, la prima pare interessata anche alle riforme che la Georgia ha implementato per facilitare le start-up e gli investimenti nel paese, un’ulteriore incoraggiante prova dell’apertura in corso. Nulla di più desiderabile dopo la protratta crisi globale e nel pieno prosieguo della contrazione economica russa, che certo fa arrivare la sua onda lunga fino alle coste del Caucaso.
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