Tipologia: Reportage

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Area: Abkhazia

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Abkhazia, lo stato che non c’è

Un reportage di viaggio e allo stesso tempo un approfondimento geopolitico sulla situazione nello stato de facto dell’Abkhazia, nel Caucaso meridionale. Riceviamo e volentieri pubblichiamo

25/06/2014, Matteo Pugliese -

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L’Abkhazia è una porzione di terra affacciata sul mar Nero con una propria storia, una cultura, una lingua, popolazione ed estensione paragonabili a quelle di un piccolo stato europeo. Tuttavia questa tormentata terra è figlia di una guerra civile, ha vissuto la pulizia etnica e vive ancora oggi rancori e mire espansionistiche delle potenze regionali. Questa complessa situazione ne impedisce il riconoscimento come stato indipendente da parte della comunità internazionale, ad eccezione della Russia e pochi alleati. La mia visita del paese è avvenuta poco dopo le tensioni che hanno provocato le dimissioni del presidente, per alcuni un golpe bianco, in seguito a manifestazioni dell’opposizione.

Il confine con la Georgia

A giugno 2014 non vi sono progressi significativi nelle relazioni di frontiera tra Georgia e le autorità de facto dell’Abkhazia. Il confine tra i due territori è demarcato nella parte pianeggiante dal fiume Inguri, che nasce nelle montagne del Caucaso, scorre nella regione del Samegrelo e sfocia nel mar Nero. Ad oggi, l’unico varco di transito aperto è quello di Zugdidi, sebbene molti georgiani e mingreli con attività transfrontaliere cerchino di attraversare clandestinamente il confine in altri punti, rischiando sanzioni.

L’atteggiamento ufficiale delle autorità di Tbilisi tende a dissuadere i turisti dall’entrare in Abkhazia, ma la realtà è diversa. In una email del 23 maggio 2014 dietro richiesta scritta, l’ambasciata di Georgia in Italia rispondeva che in Abkhazia "non è consentito entrare per motivi di sicurezza", sottolineando che "la legge georgiana viene violata anche se si entra da Zugdidi, perché per entrare nel territorio [abkhazo] le autorità de facto richiedono il visto". Tuttavia nel concreto non solo le autorità georgiane – funzionari di polizia – lasciano passare occidentali e turisti dopo un sommario controllo, ma richiedono persino di visionare ed archiviare il visto di ingresso rilasciato da Sukhumi, riconoscendolo così come atto amministrativo. Vero è che solo i cittadini dei paesi che riconoscono l’Abkhazia godono di assistenza diplomatica all’interno del paese. In passato è accaduto che occidentali rimasti bloccati in Abkhazia per ragioni sanitarie abbiano ricevuto assistenza con la mediazione della Croce Rossa Internazionale.

mappa Caucaso – elaborazione OBC

La vera e propria terra nullius è costituita dal ponte sull’Inguri, alcune centinaia di metri costellate da voragini che con la pioggia diventano profonde pozzanghere. Questo tratto abbandonato all’incuria è percorribile a piedi o in alternativa su di un carretto trainato da cavallo. Giunti sull’altra riva, alcuni sgangherati militari abcasi presidiano per pura forma il check-point, ma il controllo dell’identità è affidato all’FSB russo, l’erede del KGB.

Mentre una delle guardie di frontiera analizzava meticolosamente passaporti e visti d’ingresso da dietro un vetro oscurato, un ufficiale russo si è avvicinato per interrogarci, tentando però di far passare il tutto come una chiacchierata informale. Era del tutto evidente che quel ‘trattamento speciale’ era riservato ai pochi occidentali che attraversano il confine, ancora fonte di sospetto per i servizi russi.

L’interrogatorio è durato una ventina di minuti, mentre allo sportello temporeggiavano con i passaporti. In un inglese misto a russo ci ha chiesto la ragione della visita, se eravamo giornalisti, dove saremmo andati e se sapevamo già in che hotel alloggiare a Sukhumi. Ho detto che non avevamo ancora scelto tra l’hotel Sukhumi e l’Inter Sukhumi, l’ufficiale ha risposto perentorio: "No, voi andrete all’Inter Sukhumi". Dopodiché sono iniziati i tentativi di farci desistere, ci ha detto che essendo le sei di sera non c’erano più marshrutka (minibus, principale mezzo di trasporto nella regione) per Gali, quando invece uno era in attesa poco più avanti. Avvertimenti quali "Siete sicuri di voler entrare? Questa zona è piena di criminali" che suonavano più come intimidazioni. Infine dopo averci chiesto se avevamo contatti locali ed aver citato quelli con il ministero degli esteri, ci hanno lasciati entrare.

La crisi politica ed il presunto golpe

Su una cosa l’ufficiale russo aveva ragione. Dopo una certa ora del pomeriggio muoversi da una città all’altra dell’Abkhazia con mezzi pubblici diventa quasi impossibile. In mancanza dei furgoncini, l’unica alternativa è l’autostop. Così siamo giunti a Sukhumi. Se la parte rurale e le cittadine di provincia versano ancora in uno stato di incuria, la capitale de facto si presenta con una certa eleganza almeno nel centro e sul lungomare. Alcuni quartieri residenziali sono divenuti luogo di villeggiatura per russi benestanti che trascorrono le loro vacanze sul Mar Nero. In effetti la quasi totalità del turismo abkhazo è di provenienza russa, facilitato dall’adozione del rublo quale moneta locale e dall’uso della lingua russa come koinè, nonostante vi sia una stringente legge sulla lingua abkhaza negli enti pubblici.

La città appare in alcune zone disabitata e deserta, i quartieri abbandonati al tempo della guerra civile e mai ricostruiti. Altri quartieri popolari e mercati erano affollati, ma non abbiamo assistito ad alcuna manifestazione politica durante la nostra permanenza. Il malcontento per la situazione economica stagnante e la mancanza di prospettive permeava da tempo ampi settori sociali dell’Abkhazia. Ma tale sentimento è sfociato solo il 27 maggio in imponenti manifestazioni di piazza delle opposizioni, capeggiate da Raul Khadzimba, ex agente del KGB. Il 28 maggio la situazione è degenerata con l’occupazione da parte dei manifestanti (per alcune fonti cinquemila, per altre meno) del palazzo presidenziale. Il presidente Alexandr Ankvab, che aveva cercato di tamponare la crisi con un rimpasto di governo, è stato costretto alla fuga dalla capitale, riparando in una località segreta protetta dalle forze di sicurezza. Nelle ore successive Ankvab ha definito l’episodio un tentativo di golpe. Ci sono stati giorni di grande tensione ed incertezza politica. Nonostante il presidente del parlamento Valery Bganba avesse annunciato una sessione straordinaria per discutere della situazione, Khazhimba dichiarava che il coordinamento dell’opposizione aveva assunto temporaneamente il controllo dell’Abkhazia. Nel frattempo da Mosca il ministro degli esteri Lavrov esprimeva sostegno al presidente Ankvab ed il suo vice Grigory Karasin aveva un colloquio telefonico col ministro abkhazo Viakeslav Chirikba, auspicando da parte russa una soluzione politica.

Ma la Russia non si è limitata alle dichiarazioni, anzi ha avuto un ruolo fondamentale nella soluzione della crisi. Infatti se inizialmente Ankvab denunciava un colpo di stato e rifiutava di dimettersi, dopo l’arrivo a Sukhum dei mediatori russi Vladislav Surkov e Rashid Nurgaliyev, rispettivamente consigliere presidenziale e vicesegretario del Consiglio di Sicurezza, il presidente abkhazo ha accettato di rassegnare le dimissioni e concedere elezioni anticipate per il 24 agosto. Un rifiuto di Ankvab avrebbe probabilmente provocato un’escalation di violenza tra le varie componenti politiche in lotta. Durante la mia permanenza a Sukhumi ho appreso da fonti del governo che il presidente dimissionario è stato poi scortato da due elicotteri militari russi a Sochi, da cui ha preso un aereo per Mosca, dove ora vive. Tante precauzioni sono giustificate dal timore di un ennesimo attentato, infatti tra il 2005 ed il 2012 Ankvab è sopravvissuto a sei diversi attentati con ordigni esplosivi, in cui hanno perso la vita due guardie del corpo.

Meccanismi politici e costituzionali

In attesa delle elezioni di agosto, il presidente del parlamento Valery Bgamba ha assunto le funzioni di capo dello Stato. La nomina di Bganba come capo provvisorio dello Stato da parte del parlamento, che si andava prefigurando già prima delle dimissioni forzate di Ankvab, sarebbe stata certamente incostituzionale senza le dimissioni, infatti la costituzione dell’Abkhazia prevede all’articolo 64 una procedura di impeachment ben precisa. Tale procedura è ammissibile solo se il parlamento accusa formalmente il presidente di alto tradimento o di attentato alla costituzione, accuse che vanno confermate dalla Corte suprema e la rimozione va votata da una maggioranza di due terzi del parlamento a scrutinio segreto. In caso di rimozione del presidente dalle sue funzioni, l’articolo 66 prevede che il vicepresidente assuma i suoi poteri, oppure in sua assenza – è questo il caso – dal primo ministro.

Solo in caso di impossibilità di questi, allora la costituzione prevede l’assunzione dei poteri da parte del presidente del parlamento, in qualità di quello che il costituzionalismo statunitense definirebbe il sopravvissuto designato. In sostanza la nomina di Bganba quale capo dello Stato, senza le dimissioni di Ankvab avrebbe creato un grave precedente di incostituzionalità con conseguenze incerte, ma avendo il parlamento votato il 29 maggio la sfiducia nei confronti del primo ministro Leonid Lakerbaia, è legittimo il passaggio a Bganba.

Visti e politica estera

Dato che l’Abkhazia è riconosciuta solo da una manciata di stati, non può avere missioni diplomatiche ufficiali in paesi terzi che non concedano l’exequatur, e non può dunque rilasciare visti cartacei. Infatti la domanda di ingresso si presenta via mail e si riceve un documento col quale, una volta entrati, ci si presenta in un ufficio dove viene rilasciato il vero visto. Ma anche questo pezzo di carta non viene incollato sul passaporto per evitare problemi con la Georgia. Pochi secondi dopo che ci è stato rilasciato il visto per uscire, c’è stato un black-out – sono abbastanza frequenti – che ha paralizzato tutti gli uffici e non è entrato in funzione alcun sistema di emergenza. Denota ancora una certa precarietà dei mezzi amministrativi e logistici delle autorità abkhaze, che spesso fanno affidamento su strutture russe.

Le autorità di Sukhumi e nello specifico il ministero degli Esteri abkhazo cercano di scavalcare gli ostacoli nelle relazioni diplomatiche stipulando accordi con enti locali. Ad esempio accordi bilaterali tra municipalità dell’Abkhazia e comuni italiani. Una fonte del ministero mi ha descritto le difficoltà nell’ottenere riconoscimento dai paesi occidentali, nella fattispecie dell’Italia: "Sappiamo che questo muro alla Farnesina non è colpa di voi italiani, è il governo georgiano che chiede a quello americano di fare pressioni sull’Italia, come sugli altri paesi, per evitare il nostro riconoscimento".  Tuttavia l’attuale ministro degli esteri abkhazo, Viacheslav Chirikba, linguista studioso della lingua abkaza e degli idiomi caucasici, è molto attivo nell’estendere le relazioni diplomatiche della piccola repubblica. Un giorno prima del mio arrivo a Sukhumi, il 10 giugno, ha incontrato l’ambasciatore d’Eritrea in Russia, che ha invitato Chirikba a visitare ufficialmente Asmara. Dunque potrebbe profilarsi in un futuro prossimo il riconoscimento della repubblica de facto da parte dello stato africano. Inoltre una delegazione di deputati turchi ha visitato Sukhumi ed è stata ricevuta da Bganba. Il giorno del mio ritorno in Georgia, il ministro Chirikba partiva alla volta di Ginevra, passando da Mosca, per il ventottesimo ciclo di colloqui del Caucaso meridionale, cui partecipano rappresentanti della Georgia, della Russia, dell’Abkhazia, dell’Ossezia del Sud e dell’Unione europea. I colloqui sono ad un punto morto, perché la Georgia si rifiuta di firmare un accordo di non uso della forza con l’Abkhazia, riconoscendo come interlocutore post-conflitto solo la Russia e considerando l’Abkhazia come parte occupata del suo territorio.

Intanto Leonid Dzapshba, uno dei leader dell’opposizione, ha annunciato la sua candidatura come presidente. Il futuro dell’Abkhazia resta ancora incerto e legato a numerose variabili del contesto caucasico.

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