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(Dis)accordo sulle presidenziali serbe

Settimane di litigi, sfociati in una vera e propria crisi politica della coalizione di governo. Poi i leader dei tre principali partiti della coalizione hanno raggiunto un accordo di massima sulla tenuta delle elezioni presidenziali

08/11/2007, Danijela Nenadić - Belgrado

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Le elezioni presidenziali in Serbia ci saranno, ma ancora non sappiamo quando. In breve, questo è il riassunto dell’accordo che alla fine della settimana scorsa hanno raggiunto i rappresentanti dei tre principali partiti della coalizione di governo: il Partito democratico (DS) di Boris Tadic, il Partito democratico della Serbia (DSS) di Vojslav Kostunica e il G17 plus di Mladjan Dinkic.

L’accordo, con il quale è stato posto termine alla più grave crisi mai affrontata da questa coalizione di governo, prevede che le elezioni presidenziali vengano indette dopo il 10 dicembre e solo nel caso in cui non venga minacciata l’integrità territoriale del Paese a causa di una proclamazione unilaterale d’indipendenza del Kosovo.

Nel caso in cui il 10 dicembre non dovesse verificarsi la proclamazione unilaterale d’indipendenza del Kosovo, le elezioni presidenziali in Serbia si terranno nel gennaio 2008. Al più tardi entro l’8 di novembre dovrebbero essere preparate tutte le proposte di legge necessarie per poter svolgere le elezioni presidenziali, ed entro il 10 di dicembre dovranno essere approvate dal Parlamento.

In un comunicato del presidente Tadic si afferma che sulla base di una sua proposta i partiti della coalizione di governo "hanno stabilito un impegno comune nell’approvare nel più breve tempo possibile le leggi previste dalla nuova Legge costituzionale necessarie per indire le elezioni e dar vita a tutte le istituzioni statali seguendo gli obblighi derivanti dalla nuova Costituzione della Serbia". Come precisato dal comunicato, "esiste un pieno accordo per indire elezioni presidenziali dopo il 10 di dicembre e dopo l’attuale tornata di trattative sulla futura regolamentazione del Kosovo e Metohija, nel caso in cui non sarà minacciata direttamente l’integrità territoriale del Paese".

Le condizioni per poter indire le elezioni sono l’approvazione di una nuova legge sul Presidente della Repubblica, sugli Affari esteri, sulla Difesa e sui servizi di sicurezza.

Le speculazioni sulle possibili date delle elezioni sono continuate anche dopo il raggiungimento dell’accordo. Per il primo turno si parla del 13 o del 20 gennaio 2008, per il secondo il 27 gennaio o il 3 febbraio. Con ciò si è posto fine ad una sorta di gara al rialzo durata svariate settimane e iniziata dal presidente del parlamento serbo Oliver Dulic con la dichiarazione che, nel caso la coalizione di governo non dovesse trovare una soluzione comune, le elezioni si sarebbero fissate al più tardi entro il 9 novembre e tenute il 9 dicembre dell’anno in corso.

I disaccordi fra il DSS di Kostunica e il DS di Tadic sono iniziati a causa dell’interpretazione dell’articolo 3 della Legge costituzionale che prevede che le elezioni "debbano essere fissate entro il 31 dicembre, al più tardi entro 60 giorni dal giorno in cui è entrata in vigore l’ultima delle leggi necessarie per poter tenere le elezioni". La posizione del DSS è che le elezioni non possono essere indette perché le leggi previste non sono state approvate, e non c’è alcuna garanzia che saranno approvate entro la fine dell’anno, mentre il DS ha insistito sul fatto che le elezioni non possono essere rimandate e che si potranno tenere anche secondo le leggi esistenti.

Il tira e molla fra Tadic e Kostunica, che nelle ultime settimane si è svolto tramite i portavoce dei rispettivi partiti, si è concluso però senza un vero risultato chiaro. Kostunica e il DSS sono riusciti a dimostrare per l’ennesima volta di avere l’ultima parola e di imporre il Kosovo come assoluta priorità, mentre Tadic e i suoi democratici sono comunque riusciti a ottenere che le elezioni si tengano entro i prossimi due mesi, come avevano già annunciato durante la campagna elettorale.

Dopo aver raggiunto l’accordo, da entrambe le parti sono giunte dichiarazioni moderate. Il vice premier Bozidar Djelic, in una dichiarazione per l’emittente B92, ha affermato che l’accordo raggiunto "permette la stabilità del Paese e una maggiore dedizione del governo all’integrazione europea". Il capogruppo dei deputati del DSS, Milos Aligrudic, in una dichiarazione per il quotidiano "Politika", ha detto che il suo partito "rispetterà del tutto l’accordo raggiunto", aggiungendo di ritenere che in tutti i partiti "sia prevalsa la ragione".

In una dichiarazione per l’agenzia Beta, il ministro della Difesa Dragan Sutanovac ha affermato che con l’accordo si è posto fine alla crisi nella coalizione di governo e che la Serbia sta entrando in un periodo di stabilità politica. Il capogruppo dei deputati del G17 plus, Snezana Grubjesic, si è detta soddisfatta dell’accordo raggiunto, non mancando di sottolineare "il contributo costruttivo di Mladjan Dinkic nel superare il divario esistente tra le parti". B92 ha riportato le parole della Grubjesic secondo la quale il G17 plus anche in futuro rappresenterà "un fattore di stabilità politica e di partnership".

Nonostante siano membri della coalizione di governo, i leader di Nuova Serbia (NS) affermano invece di non conoscere in modo dettagliato l’accordo, ma sottolineano che a questo partito le elezioni fissate per gennaio "non piacciono" perché gennaio per i serbi è il mese delle feste. Il deputato dell’NS Markicevic è arrivato ad affermare che "l’NS è il partito dei serbi ortodossi che festeggiano il Capodanno serbo (13 gennaio) e San Giovanni (il 20 gennaio)". Se bisogna credere al deputato i serbi ortodossi in entrambi questi giorni avranno altre cose più intelligenti da fare che andare a votare: festeggeranno. Ci sarebbe quindi da aspettarsi, soprattutto nei villaggi, un’affluenza alle urne molto più bassa del normale.

I partiti d’opposizione valutano invece in vario modo l’accordo sulle elezioni presidenziali. Radicali e Socialisti credono che in questo modo sia stata soltanto rimandata la crisi e la caduta del governo in carica, i liberali di Cedomir Jovanovic chiedono elezioni parlamentari straordinarie.

In una dichiarazione per Beta, il segretario generale del Partito radicale serbo (SRS) Aleksandar Vucic afferma che ci sarà una nuova crisi nella coalizione di governo già il mese prossimo. Il leader del Partito liberale democratico (LDP) Cedomir Jovanovic in una dichiarazione riportata da B92 sostiene che l’accordo fra Tadic e Kostunica "non rappresenta la fine della crisi politica nella quale loro hanno condotto il Paese, ma è l’esempio lampante della loro impreparazione nel porre gli interessi del Paese davanti agli interessi personali".

Per ora è certo che Boris Tadic cercherà di ottenere il secondo mandato alle elezioni presidenziali. La sua candidatura per il momento è appoggiata senza riserve dal G17 plus e dal Partito democratico del Sangiaccato di Rasim Ljajic. Il primo antagonista ufficiale sarà il suo ex collega di partito, il leader del LDP Cedomir Jovanovic. Gli altri partiti affermano che le rispettive segreterie non hanno ancora deciso sui candidati alla presidenza o sull’eventuale sostegno a qualcuno. Milos Aligrudic (DSS) afferma che sull’appoggio a Tadic si parlerà nelle segreterie dei partiti quando sarà giunto il momento per farlo. I deputati del NS non sanno ancora se il loro leader Velimir Ilic si candiderà, cosa che naturalmente deciderà lui stesso e non gli organi di partito. Nonostante lo tengano ancora nascosto, è certo che per i Radicali sarà ancora una volta Toma Nikolic a tentare di diventare presidente della Serbia. I partiti degli ungheresi di Vojvodina hanno annunciato un candidato comune.

Secondo i recenti risultati dei sondaggi svolti dall’agenzia Strategic marketing di Belgrado, nel secondo turno andranno di sicuro Tadic e Nikolic. Secondo le indagini di quest’agenzia, attualmente Tadic ha un significativo vantaggio rispetto a Nikolic (56 per centro contro 44 per cento) che difficilmente potrà essere colmato, anche se dovesse mancare l’appoggio del DSS, NS e LDP al secondo turno.

Gli analisti ritengono che l’accordo raggiunto possa stabilizzare la situazione politica del Paese. In una dichiarazione per il settimanale "NIN" l’analista Dragan Bujosevic ricorda però che l’accordo è vago "per consentire a Kostunica e Tadic di uscire dal dibattito sulle elezioni entrambi come vincitori", mentre l’analista Vladimir Goati crede che con l’accordo sia stata superata una situazione molto difficile per il Paese.

In conclusione, come per l’inizio, qualche parola sul legame fra le elezioni presidenziali in Serbia e la risoluzione dello status del Kosovo. L’edizione domenicale di "Politika" riporta che il termine delle elezioni presidenziali in Serbia potrebbe influire anche sull’ulteriore corso delle trattative kosovare. Da fonti ben informate "Politika" ha scoperto che l’Occidente non adotterà misure drastiche mentre in Serbia è in corso la campagna elettorale. Secondo le stesse fonti, sulla risoluzione dello status del Kosovo potrebbe influire anche la "fitta" sequenza di elezioni in Russia e negli USA. In primavera ci saranno le elezioni in Russia mentre in America sono previste per il novembre 2008. Sempre le stesse fonti affermano che l’uscente amministrazione americana non avrà voglia negli ultimi giorni del suo mandato di riconoscere in modo unilaterale l’indipendenza del Kosovo. Quindi, a quanto pare, per la risoluzione della crisi kosovara si dovrà aspettare la nuova amministrazione americana e come termine si fa riferimento alla primavera del 2009.

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