Serbia, il premier solo contro tutti
Recentemente Aleksandar Vučić si è trovato in aperto conflitto su vari fronti. Da quello interno al partito, ai partner di coalizione fino all’UE e ai media locali. Il premier serbo sta rinforzando la sua posizione o, al contrario, sta perdendo il controllo della situazione? Un’analisi
Durante le feste di Capodanno e di Natale la scena politica serba ha fatto scintille e il premier Aleksandar Vučić ha aperto conflitti su vari fronti, situazione che ha causato turbolenze anche all’interno del suo Partito progressista serbo (SNS). Le scintille per ora non sembrano trasformarsi in un incendio di grandi dimensioni, ma giocare col fuoco è sempre stata una cosa potenzialmente pericolosa, e sia Vučić che l’SNS potrebbero avere seri problemi se dovessero prenderci l’abitudine.
Scontro fratricida
E’ da settimane ormai che il fondatore del partito di governo nonché presidente del paese Tomislav Nikolić si trova sotto i colpi dei funzionari del suo stesso partito e dei tabloid vicini alla coalizione di governo. Con l’inizio del nuovo anno la campagna contro di lui si è fatta anche più dura.
Vučić è stato costretto a rimproverare i suoi funzionari di partito ed ha difeso Nikolić ma a quel punto sotto gli attacchi si è trovata la vicepresidente del partito, Zorana Mihajlović. Nessuno sino ad ora è stato però destituito e tutto, per ora, sembra terminato con questi accesi scontri verbali.
Contemporaneamente si è inasprito il conflitto con il partner di coalizione, il Partito socialista della Serbia (SPS) del ministro degli Esteri Ivica Dačić. I media una decina di giorni fa avevano annunciato un’imminente rimpasto di governo, speculando sul fatto che Dačić e il suo partito avrebbero potuto essere sbattuti fuori dalla coalizione che guida il paese. I tabloid hanno di nuovo iniziato ad attaccare Dačić, e ad un tratto sembrava che si arrivasse alla rottura, cosa che poi però non è accaduta.
Vučić in questo contesto ha accusato l’Unione europea e il capo delegazione a Belgrado Michael Davenport di finanziare alcuni media in Serbia con l’intento di far cadere il governo. La velenosa dichiarazione è giunta dopo che il network investigativo BIRN , che si finanzia concorrendo a bandi internazionali, ha pubblicato un servizio su malversazioni relative al ripristino delle aree colpite dalla catastrofiche alluvioni dello scorso anno. Il premier ha fatto sapere a BIRN che sa che l’UE li finanzia per lavorare contro gli interessi della Serbia e contro il governo.
A metà gennaio l’animosità degli scambi è però diminuita. L’SNS non ha più nominato alcun rimpasto di governo e delle annunciate “pulizie” all’interno dello stesso partito non si è saputo più niente. Vučić si è incontrato con Davenport e dall’incontro è uscito un comunicato riconciliante e si è insistito sul fatto che si è trattato di un incontro di routine. Dačić ha iniziato a presiedere per conto della Serbia l’OSCE e di eventuali destituzioni sue e degli altri ministri del suo partito nemmeno un cenno.
Conflitto aperto su tutti i fronti
È piuttosto insolito che il premier, nonché il più influente politico del paese, apra allo stesso tempo un conflitto con gli oppositori all’interno del suo stresso partito, con i partner di coalizione, con i partner più importanti a livello internazionale e anche con i media. Queste situazioni sono potenzialmente pericolose perché prestano il fianco a varie combinazioni e alleanze politiche che potrebbero indebolirne la posizione, nonostante la popolarità.
Cosa ha spinto il premier serbo, la cui influenza e grado di controllo del potere sono tali che non ha comunque bisogno di fare mosse potenzialmente rischiose per poter conservare la posizione, a compiere un passo del genere? La risposta a questa domanda potrebbe essere semplice: il desiderio di sfruttare la posizione dominante che nessun politico in Serbia è in grado di intaccare per “disciplinare” per tempo potenziali oppositori e scoraggiare ogni loro eventuale azione.
Con gli attacchi aperti indirizzati all’UE, con le dichiarazioni che licenzierà tutti i quadri dell’SNS che “lavorano male”, con il conflitto con i partner di coalizione e altre mosse analoghe Vučić vuole dimostrare ai suoi elettori e simpatizzanti il proprio potere, con l’intento di mostrarsi risoluto a fare tutto il possibile per mantenere le promesse fatte sul miglior standard di vita da dare alla nazione. Considerato il fatto che nell’opinione pubblica serba e sui principali media del paese, sui cui contenuti il governo ha una grande influenza, non esiste praticamente dibattito pubblico, questa campagna populistica dà i suoi risultati.
L’elettore medio vede un leader iperattivo che è pronto a entrare in conflitto con tutti e questo gli piace. Il fatto che si siano raffreddati presto gli animi, che tutti i conflitti di cui sopra siano cessati e che sulla scena politica serba non è cambiato praticamente nulla non ha molta importanza. La maggior parte degli elettori resterà dalla parte del premier risoluto, e non si accorgerà che nessuna delle persone criticate è stata destituita né che l’UE ha cambiato la sua politica rispetto alla Serbia.
Rischi
Un tale modo di governare dà i suoi risultati soprattutto perché la posizione di Vučić è dominante e gli fornisce la possibilità di “distribuire le figure” sulla scena politica serba. L’attacco a Nikolić o contro alcuni ministri dell’SNS sui tabloid è un messaggio rivolto a tutti gli altri su cosa può capitare loro se non stanno incondizionatamente dalla parte del leader. Le speculazioni sul cambio di partner di coalizione sono un messaggio a Dačić e all’SPS sul fatto che il partito di governo, sapendo che da solo ha la maggioranza in parlamento, può ad ogni istante escluderli dal potere.
Ma aprire conflitti su più fronti mostra anche che il premier non si fida più dei quadri del suo partito che in questo momento sono in posizioni di comando, né tanto meno dei partner di coalizione. Altrimenti si comporterebbe in modo più moderato ed eviterebbe di infiammare senza bisogno la politica locale, farebbe in modo di lasciare quanto più possibile spazio alle riforme nella società e nell’economia serba che ha promesso e sulle quali tutt’ora insiste.
Per quanto riguarda l’SNS, un serio problema potrebbe essere rappresentato dai cosiddetti quadri medi e bassi in carica a livello locale che, tre anni dopo la salita al governo, scalpitano per ottenere varie posizioni all’interno del settore pubblico, a prescindere dal fatto che abbiano o meno i requisiti per farlo. Questo crea tensioni all’interno del partito e costringe il vertice del partito a reagire, e la dimostrazione di forza di solito è un metodo che dà risultati.
Tenuto conto di tutto questo, Vučić entra pian piano in una nuova fase della sua lotta per il controllo sulla situazione politica ed economica della Serbia che conduce ad un inasprimento delle relazioni sulla scena politica del paese. Finché tutto ciò avrà il sostegno di Bruxelles e di Washington, la posizione del premier è sostenibile. Se invece il suo orientamento a voler controllare i media e a rinforzare il piglio autoritario dovessero portare ad un cambiamento dell’atteggiamento della comunità internazionale, l’agitazione nelle varie correnti e opzioni politiche aumenterà di intensità, mentre diminuirà la possibilità che il premier tenga sotto controllo tutto.
La formula adottata da Vučić non può garantirgli di rimanere a lungo al vertice della politica serba. La sempre più difficile situazione economica e sociale del paese non può essere “coperta” all’infinito facendo leva continuamente sulla tensione politica, gli scandali e le campagne contro gli oppositori. Per questo è legittimo chiedersi se Vučić così facendo stia rinforzando la sua posizione oppure se stia scendendo da uno zenit ormai passato.
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