Se gli stipendi della scuola raddoppiano
Il presidente della Repubblica in Romania ha promulgato una legge votata in parlamento che prevede da subito di raddoppiare gli stipendi degli insegnanti. Ma il governo s’oppone paventando rischi di buchi di bilancio. E il 30 novembre si vota per le politiche
Le elezioni politiche del 30 novembre prossimo si stanno avvicinando. E i politici romeni non si smentiscono e danno fondo a tutta la loro capacità polemica. L’ultima miccia è rappresentata dagli insegnanti, e dai loro bassi stipendi. Solo ora il Parlamento ha improvvisamente deciso che devono subito aumentare del 50% .
Venerdì scorso il presidente della Repubblica Traian Basescu (onorando a suo modo lo slogan "Che si viva meglio" che lo aveva portato vincitore alle elezioni presidenziali) ha voluto dare agli insegnanti ciò che il governo si rifiutava categoricamente di dare.
Basescu ha infatti promulgato una legge votata dal parlamento che prevede l’aumento degli stipendi degli insegnanti del 50%. Basescu ha offerto come spiegazione del suo gesto generoso che la legge è costituzionale (infatti la Corte Costituzionale aveva respinto le obiezioni in merito del Governo) e che rispetta gli impegni internazionali assunti, collocandosi soprattutto tra gli obiettivi della Strategia di Lisbona.
E poi, ricorda il presidente, con gli attuali stipendi è impossibile che entrino a far parte del mondo della scuola insegnanti che dovrebbero poi preparare la nuova generazione in lingua inglese, tedesca, in fisica o matematica. "Nessun bravo laureato accetta di entrare nel sistema scolastico per 700 lei (circa 190 euro)".
Il presidente ha promulgato la legge e ha ottenuto in cambio semaforo verde da parte dei sindacati sulla Strategia per l’Istruzione. Un progetto assunto politicamente da Basescu ma che per poter diventare realtà dovrà essere approvato anche dal governo. La strategia prevede tra l’altro l’ammodernamento del sistema scolastico e impone che lo stipendio di un insegnante equivalga in media all’1,35 del PIL pro capite. Tra gli obiettivi anche l’entrata degli studenti romeni tra i primi posti delle classifiche internazionali PISA, PIRLS eTIMMS e l’impegno che almento tre università romene si ritrovino tra le prime 500 del mondo.
Mentre gli insegnanti aspettano salari più alti dal primo ottobre, il governo precipita negli abissi elettorali. Aumentare gli stipendi significherebbe nient’altro che una catastrofe per l’economia nazionale. Ed è questo che ha fatto Basescu promulgando la legge. Ad affermarlo è il premier liberale Calin Popescu Tariceanu.
Il premier sottolinea che il governo "non accetterà che l’economia romena venga sacrificata da azioni populiste". Perciò martedì l’esecutivo esaminerà la situazione e prenderà in seguito una decisione. Sembra che il governo sia pronto ad adottare un decreto legge contro gli aumenti votati dal Parlamento e dal presidente, un’ordinanza che congeli gli stipendi, in quanto gli aumenti non sono previsti nella legge finanziaria per l’anno prossimo.
Non è la prima volta che istituzioni dello stato lottano tra di loro tramite il potere legislativo. Stavolta è leggermente diverso visto che si sta svolgendo un’intensa campagna elettorale in vista delle elezioni politiche. Non per quelle presidenziali come sembrerebbe. Ma il presidente appoggia ed è appoggiato da un partito, il PD-L(partito democratico liberale) che ha già annunciato l’intenzione di introdurre in parlamento una mozione di censura all’indirizzo del governo se non procederà ad aumentare dal primo ottobre gli stipendi degli insegnanti.
Dal canto suo il primo ministro Tariceanu parla di trucchi elettorali . La pensano diversamente da lui però anche i rappresentanti del Partito Social Democratico (PSD), all’opposizione, che annunciano che il governo ha solo due possibilità: applicare la legge votata dal parlamento e promulgata dal presidente Basescu oppure dimettersi.
Ecaterina Andronescu, ex ministro social-democratico dell’Istruzione, ribadisce che ci sono sufficienti soldi per coprire gli aumenti degli stipendi degli insegnanti. Inoltre il PSD, il maggior partito di opposizione è deciso ad usare tutte le vie legali per costringere l’esecutivo ad applicare la legge.
Non ci sono dubbi che i miseri stipendi attuali siano indegni per avere una classe insegnante di valore. Quello però che lascia perplessi è la tempistica della decisione, e il rischio si scateni una catena di altre richieste simili.
Già altri statali minacciano scioperi e proteste di strada se non riceveranno anche loro aumenti del 50%. Il problema è dove ritrovare la copertura finanziaria di questi aumenti. Alcuni temono tasse e imposte più alte ma il presidente è convinto che i soldi ci sono ma che il governo non li vuole sborsare.
Ci sono anche economisti che affermano che i soldi ci sarebbero se fosse diminuita l’evasione fiscale e controllate con più attenzione le spese pubbliche. Per altri esperti invece questo aumento salariale porterà a pressioni inflazionistiche nell’economia il che trasmetterà un segnale negativo agli investitori internazionali.
Secondo il ministro del Tesoro Varujan Vosganian un aumento del 50% degli stipendi degli insegnatiti condurrebbe a costi supplementari di oltre 1,1 miliardi di euro all’anno, il che rappresenta lo 0,74% del PIL stimato per il 2009. Se invece si dovessero aumentare del 50% gli stipendi di tutti gli statali lo sforzo costerebbe circa il 4,2% del PIL.
La stampa di Bucarest ricorda che la Romania non può superare il 3% di deficit del PIL, in caso contrario incorrerebbe in sanzioni della Commissione Europea. E allora il governo se non sceglie di diminuire le spese avrebbe solo come strada alternativa quella dell’aumento delle tasse . Il ministro del Tesoro ha fornito anche un ulteriore dato: un aumento del 50% per tutti gli statali porterebbe ad uno stipendio medio lordo nazionale di 3000 lei ( circa 800 euro), doppio rispetto a quello attuale.
Oltre 300.000 insegnanti aspettano di portare a casa più soldi a partire da ottobre. Un insegnante che guadagnava circa 270 euro spera di riceverne 400. In questo momento non ha molta rilevanza da dove arrivino i soldi, ma ciò che conta è vincere la battaglia con il governo. Se non ora che è in corso la campagna elettorale, quando? Questo se lo chiedono anche molti altri dipendenti statali.
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