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Russia e Armenia, rapporti sempre più incrinati

I rapporti tra Mosca e Yerevan peggiorano sempre più. Sono molti ormai gli episodi di distacco tra i due paesi. L’ultimo e forse più evidente è legato all’offensiva in corso da parte dell’Azerbaijan in Nagorno Karabakh rispetto alla quale Mosca ha precisato che non interverrà, rimbalzando sul governo Pashinyan le responsabilità dell’abbandono del Karabakh alla sua sorte

 

20/09/2023, Marilisa Lorusso -

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Le recenti interviste del primo ministro armeno Nikol Pashinyan hanno destato interesse internazionale . Il primo ministro ha lamentato la dipendenza dalla Russia in questioni di sicurezza, l’inefficacia di Mosca nell’implementare gli accordi stipulati e l’intenzione di rendere più multilaterale la politica estera nazionale.

Le parole del primo ministro non sono così sorprendenti anche se i termini sono piuttosto diretti rispetto a tempo fa. I rapporti fra Pashinyan e la Russia non sono mai stati ottimali. Dalla Rivoluzione di Velluto la Russia si è dimostrata piuttosto scettica verso il nuovo regime ma la vera fonte di crisi non è stata la Rivoluzione – almeno da parte di Yerevan – bensì la guerra con l’Azerbaijan.

Durante la guerra del 2020 l’Armenia aveva segnalato attraverso una lettera inviata personalmente dal primo ministro al presidente russo Vladimir Putin che la guerra aveva sconfinato nell’Armenia propria. L’Armenia come noto fa parte  dell’organizzazione per il Trattato di sicurezza Collettiva (CSTO) ed è anche legata alla Russia da una serie di rapporti bilaterali di sicurezza.

Il mancato intervento russo si è fatto ancora più evidente per la presenza di forze dell’Azerbaijan sul territorio rivendicato dall’Armenia come proprio nel maggio del 2021 e poi dopo gli scontri del settembre 2022, il cui anniversario ricorre in questi giorni. Dal punto di vista armeno la Russia è venuta meno ai propri obblighi rispetto alla tutela dell’integrità territoriale armena.

Anche per quanto riguarda la crisi nel corridoio di Lachin l’Armenia lamenta il non rispetto degli obblighi contratti da parte dei peacekeepers poiché secondo la dichiarazione congiunta trilaterale che ha messo fine ai combattimenti del 2020 spetterebbe loro di presidiare il corridoio, cosa che non sta accadendo.

In questo quadro si sono aperti nuove scenari di crisi. Alcune di queste situazioni sono state innescate da posizioni armene sempre più critiche dei comportamenti della Russia, volte a trovare alternative – e in fretta – a una situazione di precarietà della propria sicurezza nazionale che si fa sempre più drammatica.

Le esercitazioni

Mentre nel gennaio del 2023 l’Armenia ha rifiutato di ospitare le esercitazioni del CSTO sul proprio territorio, a settembre ha ospitato le esercitazioni con gli Stati Uniti chiamate "Eagle Partner ". L’ambasciatore armeno a Mosca è stato convocato e gli è stata presentata una protesta piuttosto veemente rispetto a questa scelta. Questo quadro di collaborazione militare è in verità datato ma era la prima volta che l’Armenia partecipava in questo modo a delle esercitazioni con gli americani.

Le dichiarazioni

I toni delle dichiarazioni sono fra i fattori che stanno maggiormente indicando il deterioramento dei rapporti armeno-russi. A luglio Mosca è partita in pressing per far firmare alle parti la pace sotto il proprio auspicio. Le reazioni sono state fredde: l’Azerbaijan ha accusato la Russia di essere inadempiente verso gli obblighi del 2020, mentre l’Armenia ha liquidato la dichiarazione che sarebbe stata firmato un accordo di pace, visto che non aveva neanche ricevuto un invito ufficiale.

Ma sono soprattutto le parole della sempre più protagonista Maria Zakharova, portavoce del ministero degli Esteri russo, a creare tensioni. Zakharova ha infatti pesantemente criticato il primo ministro armeno , il quale aveva sminuito le  parole della portavoce russa e il suo ruolo, dicendo che non ritiene di dover rispondere a un qualsiasi portavoce. Questa posizione è stata poi ripresa anche dal presidente del Parlamento dell’assemblea nazionale armena che recentemente ha rimbeccato la Zakharova e il suo stile provocatorio e presuntuoso.

Il ministero degli Esteri russo si è risentito per le dichiarazioni ritenute offensive verso la propria portavoce.

La first lady

Non è solo intorno alle parole della Zakharova che si creano tensioni, c’è anche l’attività di un’altra figura femminile importante che è diventata fonte di scontro. La first lady armena si è presentata infatti all’incontro delle first lady e gentleman a Kyiv e ha portato, per la prima volta dall’inizio del conflitto, degli aiuti umanitari direttamente alla leadership ucraina. Un fatto che non è certo passato inosservato, poiché finora l’Armenia aveva mantenuto un profilo estremamente basso per quanto riguarda la guerra in Ucraina. Pashinyan ha sottolineato che in verità la first lady ha già partecipato e parteciperà in futuro ad eventi simili e non c’è bisogno quindi di politicizzare questa visita. Ma il peso della presenza della moglie del primo ministro nella capitale ucraina è sicuramente un passo inusitato rispetto alla posizione ufficiale dell’Armenia riguardo l’aggressione russa in Ucraina.

Lo statuto di Roma

Un altro capitolo di scontro si è aperto la settimana scorsa ed è legato di nuovo alla crisi in Ucraina e alle responsabilità russe e riguarda la partecipazione dell’Armenia allo Statuto di Roma. Anche questo capitolo trae origini da questioni precedenti alla guerra Mosca-Kyiv ed è legato al fatto che l’Armenia vuole portare l’Azerbaijan davanti alla Corte penale internazionale. Le procedure però hanno fatto sì che, in questa congiuntura, Pashinyan abbia chiesto adesso al parlamento armeno di ratificare la partecipazione dell’Armenia allo Statuto. La conseguenza di una ratifica sarebbe che per l’ordine di cattura a carico del presidente Putin, qualora il presidente russo dovesse visitare l’Armenia, dovrebbe scattare l’obbligo di arresto. Il ministero degli Esteri russo ha pertanto protestato in più occasioni con Yerevan, perché si astenga dal procedere. La protesta è stata ignorata.

Il forum e i fermi

Della frustrazione russa rispetto agli atteggiamenti della leadership armena ha parlato – non a caso – abbondantemente la Zakharova durante il forum russo-armeno dei media a inizio settembre. Proprio nei giorni in cui si teneva il forum sui media a un giornalista dello Sputnik Armenia e a un blogger di origini armene ma residente in Russia veniva impedito di entrare in Armenia. Non sono le prime figure legate alla sfera russa dell’informazione che subiscono questo tipo di restrizione di accesso al Paese. Il caso più famoso è probabilmente Margarita Simonyan considerata una delle principali fonti della propaganda russa. Questa nuova restrizione di accesso, proprio durante un forum congiunto sui media, è stata percepita come particolarmente fastidiosa dal ministero degli Esteri russo, che non ha mancato di sottolineare quanto queste misure siano interpretate come pure provocazioni di Yerevan.

Secondo Yerevan però non è l’Armenia che sta abbandonando la Russia ma è la Russia che sta abbandonando l’Armenia, perché in altre faccende affaccendata, con sommo pericolo per il paese.

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