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Romania: quando la tratta è al femminile

In questi giorni è esploso il caso del traffico di minori dalla Bulgaria. Ma il problema trafficking coinvolge tutti i Balcani. Un aggiornamento sulla situazione in Romania, ad un anno dal nostro dossier dedicato al tema

04/08/2004, Mihaela Iordache -

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Ogni anno migliaia di donne romene sono le vittime del traffico internazionale di persone. Migliaia – secondo varie statistiche anche decine di migliaia, la maggior parte con l’inganno di un posto di lavoro – finiscono nelle reti delle organizzazioni criminali, che le costringono a prostituirsi nell’Europa Occidentale.

Lasciano la Romania per sfuggire alla povertà e alla miseria, ma diventano "merce di scambio" nelle mani dei trafficanti, che le comprano e le rivendono per decine di volte. In Romania il prezzo di una donna varia tra i 300 e i 400 dollari, ma nel paese di destinazione può arrivare a 5-10.000 dollari.

Secondo la IOM (Organizzazione Internazionale della Migrazione) le destinazioni principali nel 2003-2004, in base alle statistiche dei rimpatri, sono state la Macedonia (29%), la Bosnia Erzegovina (23%), l’Albania (11%), il Kossovo (11%), l’Italia (9%), la Serbia e Montenegro (6%), l’11% in altri paesi. Arrivano maltrattate, denutrite, violentate e ridotte in stato di schiavitù, pagando caro la loro inconsapevolezza e ingenuità oppure semplicemente la loro decisione di fare soldi ad ogni costo.

Ma le statistiche parlano di una stragrande maggioranza di donne romene che finiscono a prostituirsi all’estero perché vittime del traffico internazionale, ingannate con il miraggio di un posto di lavoro come cameriera, badante, colf o baby sitter. Non sono poche nemmeno quelle che intuiscono il tipo di lavoro che le aspetta. Il sito romeno www.anchete.ro, specializzato in inchieste, riporta storie di ragazze che si sono prostituite, finite nelle reti criminali che guadagnano milioni di dollari dalla tratta di persone.

C’è il caso di Anna (nome di fantasia), 21 anni, che viveva in povertà in un villaggio nel sud del paese. Anna si ricorda che quando aveva 16 anni studiava ancora e dopo le lezioni andava in una pizzeria a lavorare come cameriera. Ma il suo stipendio veniva sempre sequestrato dal patrigno, alcolizzato e violento. Un giorno il patrigno le aveva detto di andarsene. E così comincia l’avventura, il dramma di Anna, che abbandona la scuola per lavorare e prende una camera in affitto, ma lo stipendio non basta per vivere. Entra in scena la sorella, appena ritornata dall’Italia. La sorella dice di volerla aiutare a lavorare in Grecia, in una fabbrica di tessili. Fidandosi, Anna parte con un gruppo di amici della sorella – che dovevano occuparsi delle formalità – per la Bulgaria. In Bulgaria però, in un parcheggio, viene venduta per 2.400 dollari ad un serbo che la porta in Serbia, in un night club. Ma Anna non sapeva ballare e allora é richiusa in una stanza dove riceve come cibo un pacco di biscotti al giorno. Racconta come il suo padrone serbo sia riuscito a venderla con difficoltà perché era una "merce spaventata", che non voleva spogliarsi davanti ai suoi potenziali compratori. In totale, in due anni, sarebbe stata venduta per 20 volte. Arriva anche in Macedonia, dove nella località Strunga è comprata da uno dei più temuti trafficanti macedoni. Insieme ad altre ragazze veniva picchiata dal padrone con una grande catena d’oro, e minacciata di essere fucilata nel caso non avesse obbedito. Quando erano malate, si ricorda Anna, un medico veterinario le visitava. Da rilevare in particolare, per le condizioni di schiavitù in cui erano ridotte, la visita di un "dottore" vero. I controlli della polizia locale erano abbastanza frequenti, ma, racconta Anna, i poliziotti erano in ottimi rapporti con i trafficanti. Alla fine Anna riesce a scappare con l’aiuto di un poliziotto, che la porta in ambasciata e da qui viene rimpatriata in Romania.

Il caso di Anna si può ripetere per altre migliaia di donne romene. Magari non tutte con la fortuna di essere state liberate. Ci sono tra loro anche quelle che lasciano i bambini in patria e non ponderano molto prima di accettare proposte di "lavoro" ingannevoli da parte di amici o parenti, complici di trafficanti. Una volta arrivate in Serbia, Italia, Spagna o Grecia – per fare solo qualche esempio di destinazione – le vengono confiscati i documenti e sono minacciate di dura vendetta contro le loro famiglie nel caso tentassero di scappare. Ci sono anche quelle che finiscono col collaborare con i propri sfruttatori e gestiscono esse stesse "il lavoro" e i guadagni di altre prostitute.

Nel periodo 2000-2003 l’Organizzazione Internazionale della Migrazione ha assistito 781 donne romene vittime della tratta di persone. Nel 2000 il 24,84% di queste erano minorenni e il 75,16% maggiorenni. Tre anni dopo, le statistiche indicano il 14,10% di minorenni e l’85,90% di maggiorenni, con un’età media di 21,23 anni e con basso livello di istruzione. In ogni caso risulta la povertà la principale causa che le spinge a lasciare la Romania. Infatti la loro provenienza è soprattutto dalle zone più misere del paese, con la Moldova in cima alla lista (35%). Ma ci sono anche donne della Transilvania (il 21%), della Muntenia e di Bucarest (il 5%).

Una volta rimpatriate, le donne vittime del traffico di persone passano dalla filiale di Bucarest dell’OIM, che le affida alle ONG specializzate nei programmi d’integrazione. Per sei mesi ricevono assistenza medica, consulenza psicologica, sociale e giuridica oppure possono beneficiare di corsi di qualificazione per imparare un mestiere. Molte di loro però non seguono questi programmi, nella maggior parte dei casi a causa dell’intervento delle proprie famiglie. Hanno paura delle autorità e soprattutto della polizia, con cui difficilmente collaborano per dichiarare quello che è loro successo.

Gli specialisti vedono in questo comportamento una dalle conseguenze psico-sociologiche nel caso la vittima abbia subito seri abusi nei paesi dove si prostituiva anche da parte di poliziotti complici dei trafficanti. Molte non vogliono più ritornare nelle famiglie di origine, per la vergogna o per l’odio verso i parenti o gli amici che le hanno vendute.

Le autorità romene hanno a disposizione la legge 678/2001 che sancisce le misure per la prevenzione e la lotta al traffico di persone. La legge prevede la pena della reclusione da 3 fino a 20 anni per chi si rende colpevole di traffico di persone. Ma prima di andare in prigione i trafficanti devono essere giudicati e soprattutto catturati.

La Romania ha intensificato la collaborazione internazionale in materia di crimine organizzato, tra l’altro anche per far fronte alle esigenze dell’UE che si attende un paese più sicuro nel 2007, anno della prevista adesione. Più impegno dovrebbe venire da parte dei diversi Ministeri, come quello del Lavoro, che deve informare le persone desiderose di andare a lavorare all’estero, i Ministeri degli Interni, degli Esteri o dell’Educazione.

Perchè prevenire è sempre meglio che combattere. Così ripetono sempre le autorità.

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