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Area: Romania

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Romania: il muro del suono

Più di 23.000 rumeni soffrono di deficit all’udito. E sono per questo sottoposti a molteplici discriminazioni. Un reportage

19/07/2018, Delia Marinescu -

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(Pubblicato originariamente da Digi24 , selezionato e tradotto da Le Courrier des Balkans e OBCT)

All’età in cui la maggior parte dei neonati parlottano e reagiscono in qualche modo al mondo degli adulti loro non lo fanno. “Picchiettavo su di una stufa, ma lui non reagiva”, ricorda Bogdana Stîngaciu, la mamma di Brad. “Mi sono resa conto che era sordo, e quel giorno è stato molto doloroso”. Più tardi è arrivata anche la diagnosi: “Sordità bilaterale profonda”, detto in altre parole mancanza parziale o totale di udito, che colpisce anche la voce. Questi bambini non hanno quindi mai avuto la possibilità di ascoltare le ninne nanne, le storie lette dai loro genitori o la voce dei personaggi dei cartoni animati.

In Romania più di 23.000 persone soffrono di deficit dell’udito. Vivono in universi che chi ha un buon udito non conosce. Delia Păştin è un’insegnante specializzata per bambini con deficit uditivi. “Li si chiama sordo-muti ma è una denominazione impropria perché sono sordi e non muti. Con molto lavoro riescono a parlare”. In scuole specializzate, con il sostegno di logopedisti ed insegnanti, riescono effettivamente ad imparare a parlare.

Al Liceo tecnologico numero 3 di Bucarest sono iscritti 127 studenti con problemi all’udito. Cristi Zota ha 13 anni e i suoi genitori non sono privi d’udito. Una differenza che può essere determinante. “I bambini che provengono da famiglie che non hanno problemi d’udito vengono solitamente mandati ad una scuola normale per vedere se riescono a cavarsela” spiega Delia Păştin. “Nel caso di Cristi non ha funzionato e quindi è poi arrivato da noi. Quando hanno contatti con chi è dotato d’udito tendono ad isolarsi perché non capiscono e non riescono a farsi capire. Alcuni si rifiutano addirittura di uscire a giocare con gli altri bambini”.

Lo stato poco presente

Lo stato non ha attivo alcun programma per insegnare ai genitori o ad altri membri della famiglia la lingua dei segni. Questi ultimi allora si inventano, per comunicare, dei propri segni ma quando i bambini arrivano nelle scuole specializzate ed imparano la lingua dei segni ufficiale un nuovo muro sorge tra figlio o figlia e genitori.

Anche nelle stesse scuole specializzate la situazione non è ideale perché alcuni insegnanti insegnano in lingua parlata non accompagnandola con il linguaggio dei segni. “Mi trovo in difficoltà quando un insegnante mi domanda qualcosa e non lo fa scandendo le parole bene e ad alta voce”, racconta la giovane Laura Sotir. “Non capisco niente quando si parla a bassa voce ma se si apre bene al bocca e si parla forte allora capisco”. Per compensare Laura legge il movimento delle labbra, ma la scuola rimane difficile.

Per coloro le cui famiglie non abitano nella capitale e i cui genitori non possono accompagnarli ogni giorno a scuola vi è il collegio. Vi restano l’intera settimana. Il fine settimana ritornano a casa. Per fare il viaggio Laura e Cristi utilizzano il “treno personale”. Si chiama così, in Romania, il treno meno caro e più lento del paese. Essendo non-udenti i trasporti per loro sono gratuiti. Ma i loro genitori spendono circa 300 lei (67 euro) ogni mese per accompagnarli perché sono troppo giovani per viaggiare da soli. Altro dettaglio logistico ed ostacolo: i loro genitori devono avere un lavoro flessibile che permetta loro di accompagnare i figli a Bucarest il lunedì mattina e ritornare a prenderli il venerdì pomeriggio.

Nicoleta, la madre di Laura, è anche lei non-udente. Ne soffre dall’infanzia, lo testimonia la sorella Mihaela. “E’ stata dura perché la maggior parte della gente non la capiva e la prendeva in giro”, racconta. Mihaela aiuta Nicoleta a far fronte a situazioni che non sarebbe in grado di affrontare da sola. “Ero con lei durante il parto in cui ha dato alla luce Laura. Medici ed infermieri mi dicevano cosa doveva fare e io glielo comunicavo e tutto è andato bene. Vado con lei ovunque io possa, dai dottori, all’ospedale, presso tutte le istituzioni”.

136 interpreti della lingua dei segni in tutta la Romania

Quando non c’è Mihaela e l’unica interprete della lingua dei segni di Ploieşti è occupata, Nicoleta e suo marito, anch’egli non-udente, si fanno a vicenda coraggio per sbrigare le loro questioni amministrative. “Il più grande problema di discriminazione riguarda l’interazione con le istituzioni”, spiega Daniel Sotir, marito di Nicoleta. “Veniamo la maggior parte delle volte respinti. Ormai sono abituato, ma in cuor mio, ogni volta, mi sento soffocare”.

La famiglia Sotir vive del salario di Nicoleta che lavora in una fabbrica di tessile e degli indennizzi riconosciuti allo stato ai non-udenti: circa 700 lei (150 euro) per Nicoleta e Daniel. Quando Laura è andata all’asilo i suoi genitori si sono resi conto che l’apparecchio acustico che le dovevano comperare costava 7000 lei (1500 euro). La Cassa nazionale di assicurazione sanitaria (CNAS) se ne prendeva in carico solo 1800. “Ci ha aiutati mia sorella, degli amici, il mio padrino…”, racconta Nicoleta “ma abbiamo dovuto smettere con le ore con la logopedista”.

Claudia Iordache è una psicologa e interprete specializzata nella lingua dei segni. Ha imparato a comunicare nella lingua dei segni fin da piccola dato che entrambi i suoi genitori sono non-udenti. Di solito è a lei che si rivolgono i principali canali televisivi nazionali quando hanno bisogno di una traduzione simultanea nella lingua dei segni.

Per dei genitori non-udenti non sentire i propri figli piangere, segnale che indica che hanno fame o che qualcosa non va, è sicuramente una prova molto dura. “La notte i miei genitori si addormentavano e non mi sentivano piangere e allora mia zia sbatteva sul muro. A volte veniva a suonare all’ingresso e avevamo un sistema speciale: suonando si accendevano le luci della casa”.

A 19 anni Claudia è partita per Bucarest per studiare psicologia. E’ stata dura lasciare i suoi genitori a Ploieşti. “Mi ero abituata a stare con loro tutto il giorno per aiutarli, per essere le loro orecchie e a volte i loro occhi, perché i sensi sono particolarmente connessi. Quando sono partita ho sentito una sorta di rottura, come se li avessi traditi. I figli di non udenti sanno che non si possono allontanare troppo dai propri genitori”.

Trovare lavoro, missione impossibile

Trovare lavoro, ecco uno dei problemi più rilevanti per i non-udenti. Anche se nelle scuole specializzate apprendono a fare le parrucchiere, la manicure e pedicure, ad essere cuochi, a lavorare nel settore tessile sono in realtà in pochi i datori di lavoro a dar loro una possibilità. Carolina Verko lavora presso l’associazione nazionale dei non-udenti. “Ho subito enormi discriminazioni. Ho mandato il cv in molti luoghi ma quando poi mi recavo al colloquio e si rendevano conto che ero sorda mi dicevano che erano dispiaciuti ma che non mi potevano assumere”.

Vi è un’eccezione in Romania: un’azienda di Ploieşti, specializzata in tessile per automobili. Ha recentemente assunto 18 persone non-udenti. Costin Trâmbiţaşu è il suo direttore: “Il modo di comunicare con i non-udenti, anche se non avviene attraverso i suoni, è molto umano e arricchente. Ho assistito agli sforzi di tutto il gruppo di lavoro per avvicinarsi a loro e alla fine capirsi, è una lezione fantastica”. “Sono persone molto coscienziose e serie”, conferma la collega Iulia Negulescu.

Dopo aver identificato i bisogni dei nuovi dipendenti la direzione ha apportato numerose modifiche all’interno dello stabilimento. Per esempio, un segnale luminoso accompagna l’allarme anti-incendio. I non-udenti portano inoltre delle magliette gialle affinché gli altri colleghi si adattino al loro handicap.

Andreea Stîngaciu ha da poco compiuto 20 anni. E’ divenuta sorda a 4 anni a seguito di una successione di otiti e ad una predisposizione genetica propizia alla sordità. Al suo compleanno metà degli amici presenti erano non-udenti, la eco delle emozioni passava attraverso il roteare a destra e sinistra nell’aria delle mani, che rappresenta l’applaudire nella lingua dei segni.

Malgrado il suo deficit all’udito Andreea ha sempre voluto studiare presso scuole “normali”, dove il livello di insegnamento è più alto. Il grado del suo handicap glielo permetteva. Ora studia all’università. “Studio diritto perché voglio battermi per i diritti delle persone non-udenti. Perché so cosa significa, in questo mondo, essere portatori di handicap e voglio fare tutto il possibile per rendere questo mondo più accogliente”.

Al posto di ricevere un po’ di aiuto dalle istituzioni e dalle persone che hanno attorno i non-udenti sono sempre costretti ad adattarsi. Devono leggere il labiale se qualcuno parla troppo veloce e non abbastanza forte, devono subire la derisione delle persone che non li comprendono. Ciononostante non chiedono la luna: solo di avere accesso all’educazione e al lavoro, a un interprete quando ne hanno bisogno e che si smetta di guardarli con sospetto e mancanza di fiducia. Vogliono un po’ di rispetto, che li si accetti, che si dia loro una possibilità.

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