Rom in Slovenia: venti di segregazione
Nel 1991 la loro comunità è stata riconosciuta dalla Costituzione slovena. A 15 anni da allora la condizione dei Rom è migliorata ma rimane precaria. Nella scuola elementare di Bršljin, a sud-est di Lubiana, alle lamentele di genitori "bianchi" il Ministro per l’istruzione ha risposto con classi separate per i Rom …
Lunedì scorso i bambini Rom che frequentano la scuola elementare di Bršljin, nella regione della Dolenjska, a sud-est di Lubiana,sono rimasti a casa. I loro genitori hanno voluto così protestare per la recente decisione del ministro per l’ istruzione Milan Zver che – incalzato dai genitori »bianchi« – aveva proposto un »compromesso«, separando di fatto gli alunni sloveni da quelli rom, eccezion fatta per le materie di educazione civica, educazione fisica, educazione tecnica e figurativa.
Il ministro che si era incontrato con le delegazioni dei genitori sloveni e rom all’ indomani del boicottaggio delle lezioni annunciato dai primi, preoccupati per la scarsa qualità dell’insegnamento, imputata alla presenza dei bambini zingari, aveva promesso di rafforzare il corpo insegnanti con il fine di »specializzare« la formazione dei Rom, puntando anche sulla loro specificità culturale. Ma le promesse per ora sono rimaste lettera morta e quello che sembrava un compromesso accettabile per tutti si è ben presto rivelato una chiara forma di segregazione scolastica; nient’altro che una divisione tra »bianchi« e Rom che fa sentire a questi ultimi tutta la loro condizione di inferiorità.
Il caso della scuola di Bršljin è un sintomo del disagio che serpeggia pesantementeante tra la comunità Rom, in modo particolare dopo la svolta politica impressa dal governo di centrodestra di Janez Janša. Quest’ ultimo aveva in verità esordito con molto pragmatismo, attento a frenare gli impulsi xenofobi che egli stesso, dall’opposizione, aveva concorso ad alimentare, partecipando di persona alle manifestazioni anti-Rom che la destra e alcuni gruppi della »sociatà civile«, provenienti dalle zone di insediamento degli ex nomadi, avevano inscenato per protestare contro la legislazione del governo liberaldemocratico.
Alcune leggi varate nel 1996 e nel 2002 rendono infatti fattiva la partecipazione politica dei Rom nei consigli dei Comuni di insediamento e la loro integrazione non discriminatoria nelle scuole. Tali »concessioni« avevano acceso una perniciosa polemica dai connotati razzisti che aveva portato anche a momenti di drammatica conflittualità, non di rado violenta, nei comuni interessati.
Alla testa della protesta si era lanciato per primo il Partito Nazionale Sloveno (SNS) di Zmago Jelinčič e Sašo Peče (oggi vicepresidente del parlamento), seguito dal Partito democratico di Janša. La stampa più scandalistica aveva per anni infiammato il sentimento anti-tzigano con una cronaca nera puntualmente dipinta in toni razzisti.
Dopo la vittoria elettorale della destra e la formazione del nuovo governo l’ atteggiamento di Janša è apparentemente cambiato; a reclamare la cancellazione dei diritti particolari dei Rom sanciti dalla Costituzione è ora solo il SNS, mentre la compagine governativa ha fatto marcia indietro, anche in virtù del fatto che la Slovenia presiede l’OSCE. Quest’ ultima emanò nel 1990 e nel 2000 due risoluzioni molto chiare a favore e a tutela dei diritti dei Rom, come d’altronde fatto anche dal Consiglio d’Europa e dall’Iniziativa Centroeuropea, cui aderisce pure Lubiana.
Ora il caso di Bršilj rischia di diventare un precedente che potrebbe vanificare gli sforzi , a dire il vero non sempre coerenti, dei precedenti governi, atti a superare la discriminazione di fatto nei confronti della minoranza rom.
Presenti nel territorio sin dal 14.secolo i Rom e i Sinti della Slovenia sono tra gli 8 e i 10 mila anche se il censimento del 2002, di dichiaratisi tali, ne registrava solo 3246. Ben diverse sono infatti le statistiche dei centri di assistenza sociale. Tra i Rom il tasso di disoccupazione è elevatissimo, le loro attività economiche tradizionali sono state spazzate via dall’industrializzazione e dal mercato e in assenza di programmi specifici, che in teoria potrebbero attingere anche da fondi europei, il profilo economico-sociale di questa comunità ne pronostica un futuro incerto.
Dal 1991, grazie ad uno specifico articolo nella Costituzione della Slovenia indipendente, alla comunità Rom è riconosciuto lo status di minoranza etnica i cui diritti particolari vanno definiti e realizzati per legge. Sono 22 le attuali associazioni rom; i più organizzati e socialmente integrati sono quelli del Prekmurje in cui vive pure la comunità nazionale ungherese. Negli ultimi 10 anni si sono fatti notevoli passi in avanti e il miglioramento delle loro condizioni, soprattutto nel Prekmurje, dove la convivenza interetnica è tradizionalmente più di casa, è più che evidente. Ma a 14 anni dall’indipendenza e dal riconoscimento costituzionale dei Rom, questa comunità rimane, nonostante tutto, la più deprivilegiata. La conflittualità generata dalla precarietà sociale dei Rom ed il razzismo strisciante della maggioranza, specie nella Dolenjska, rimangono due pericolose mine vaganti che l’attuale governo sembra affrontare con disattenzione, attento sì a non apparire come potere xenofobo, ma sensibile anche alle intolleranze della propria base elettorale.
La protesta dei Rom di Bršljin smaschera ora le ambiguità e richiede al governo un atteggiamento chiaro contro i pericoli della segregazione strisciante.
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