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Rifugi antiatomici in Serbia: patrimonio in affitto

Esistono più di 1.500 rifugi antiatomici sul territorio serbo, ereditati dalla Jugoslavia socialista. Oggi sono gestiti dall’azienda pubblica Skloništa che li affitta ai privati

24/11/2014, Samuel Bregolin - Novi Sad

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I rifugi antiatomici che sono oggi di proprietà della Repubblica di Serbia vennero costruiti tra gli anni ’50 e ’70 del 1900 in quella che all’epoca era la Jugoslavia socialista del Maresciallo Tito. In Jugoslavia l’attacco militare esterno da parte di potenze straniere era contemplato come una minaccia reale e perciò si ritenne necessario proteggere la popolazione anche in caso di uso di armi atomiche. I rifugi antiatomici sono strutture esclusivamente difensive, a differenza dei bunker che invece sono armati. La costruzione dei rifugi jugoslavi venne integrata a quella della nuova edilizia popolare, là dove sorgevano uno o più nuovi Blok veniva costruito anche un rifugio sotterraneo. Una legge questa che venne mantenuta anche nella Repubblica di Serbia e applicata alle nuove costruzioni da parte di imprese private fino al 2012.

Rifugio antiatomico visto dall'esterno (S. Bregolin)

Rifugio antiatomico visto dall’esterno (S. Bregolin)

I rifugi antiatomici sono strutture sotterranee, grandi stanze dal soffitto basso, con pareti di cemento armato spesso più di un metro. Nel rifugio vengono installate porte a tenuta stagna, un impianto di areazione e l’elettricità. Nel caso in cui fosse stata dichiarata l’emergenza nazionale l’esercito avrebbe fornito letti da campo e derrate alimentari.

La maggior parte dei rifugi antiatomici era pensata per riparare circa un centinaio di persone, che potevano sopravvivere per mesi ma esistevano anche rifugi di dimensioni maggiori, come il grande rifugio nella zona sud di Niš, in grado di accogliere più di 18.000 persone.

Nella politica difensiva della Jugoslavia non si pensava solo alla sicurezza della popolazione ma anche e sopratutto a quella del Maresciallo Tito, di sua moglie Jovanka e delle alte sfere dell’esercito. Vennero quindi costruiti anche rifugi più grandi, la cui collocazione rimase top secret fino allo scioglimento della Jugoslavia. Topčider è tra questi ma forse il più importante è quello nascosto dietro a una normalissima abitazione di Konjic in Bosnia Erzegovina, rifugio che oggi ospita una biennale d’arte.

I rifugi antiatomici non si resero mai necessari durante la guerra fredda ma si rivelarono importanti quando nel 1999 la NATO bombardò la Serbia nel corso della guerra in Kosovo, quando la popolazione si nascondeva la notte nei rifugi di quartiere.

Allo scioglimento della Jugoslavia nel 1992 i rifugi antiatomici divennero proprietà della Repubblica Federale di Jugoslavia, che creò un’azienda pubblica – denominata Skloništa e con sede a Belgrado e filiali a Novi Sad, Niš, Kragujevac e Užice – per poter gestire questo patrimonio valutato 100 miliardi di dinari serbi (830 milioni di euro circa).

Skloništa si occupa di organizzare e gestire i bandi di affitto per i locali sotterranei e di ristrutturare i rifugi e mantenerli in stato di efficienza. La legge sui rifugi antiatomici prevede che in caso di guerra o di emergenza nazionale gli affittuari abbiano solo 24h di tempo per liberare i locali e rimetterli a disposizione delle forze armate serbe. Ciò nonostante nell’autunno scorso, quando le alluvioni colpivano il paese e migliaia di persone si ritrovarono senzatetto, non si pensò a utilizzarli.

La posizione sotterranea non è certo delle migliori per avviarvi delle iniziative private: spesso mancano luce e ventilazione sufficienti. Se le condizioni non sono delle migliori i prezzi degli affitti sono però bassi e ne fanno delle destinazioni economiche interessanti. Il contratto di locazione firmato con l’azienda Skloništa dura cinque anni e ufficialmente vieta l’utilizzo da parte di terzi dei rifugi antiatomici ma nella realtà di fatto il subaffitto dei locali è una prassi comune tra gli abitanti dei vari quartieri o rioni cittadini che si prestano tra loro le chiavi. Al di fuori delle grandi città poi, nei villaggi di campagna dove i rifugi sono abbandonati a se stessi a volte le porte sono state semplicemente divelte e gli spazi sotterranei utilizzati come magazzini o per la coltivazione di funghi.

Palestra fitness dentro un rifugio (S. Bregolin)

Palestra fitness dentro un rifugio (S. Bregolin)

La maggior parte dei rifugi ristrutturati si trova a Novi Sad, in Vojvodina. Qui nel quartiere di Novo Naselje sono numerose e varie le attività economiche installate dentro a rifugi antiatomici: aziende di stampa, palestre, scuole di karate, riparatori Tv radio e videoregistratori, club di ping pong o di boxe, panifici. Le collinette ricoperte d’erba, unico indicatore esterno della presenza dei rifugi sotterranei, fanno parte del paesaggio e durante le abbondanti nevicate invernali vengono utilizzate dai bambini per le discese con la slitta. In centro a Novi Sad esiste addirittura una discoteca: il Miami Club, punto di ritrovo dei giovani che amano il turbofolk.

Se Novi Sad raccoglie il maggior numero di attività economiche installate dentro a rifugi antiatomici è a Novi Beograd che si trova la più grande concentrazione di rifugi di questo tipo. L’unico centro di tiro al bersaglio sotterraneo si trova nel blok 24, il Beograd Uśče, lo stesso dove si allena Ivana Marksimović, campionessa serba della specialità. Il Beograd Uśče condivideva fino a qualche anno fa questo rifugio con una pizzeria.

Un altro esempio di attività presente nella capitale è l’Orange Music Studio, una sala prove poco lontana dall’hotel Jugoslavia, dove adolescenti suonano musica rock o metal fino a tarda notte. Esistono poi un supermercato, il Minimax e decine di centri fitness e magazzini.

Non tutti i rifugi sono affittati con Skloništa e là dove gli spazi sono chiusi le entrate vengono forzate per occasionali feste notturne con musica elettronica ed esistono anche alcuni rifugi utilizzati come abitazioni.

Uscendo da Novi Sad o Belgrado la maggior parte dei rifugi si trova in stato di abbandono, a Niš esistono solo un paio di palestre e un negozio di merce cinese. La stessa sorte tocca alle altre cittadine e villaggi della Serbia, dove le richieste di affitto sono poche e i fondi di Skloništa insufficienti per coprire i costi di ristrutturazione e manutenzione.

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