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Referendum sull’Ue, l’ultimo metro della Croazia

I sondaggi danno il "sì" in vantaggio, praticamente tutto lo schieramento politico è a favore, ma non mancano le rimostranze di chi ha paura che l’ingresso nell’Ue segni la fine della Croazia. Un approfondimento a pochi giorni dal referendum sull’ingresso nell’Ue

20/01/2012, Drago Hedl -

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A pochi giorni di distanza dal referendum, fissato per domenica 22 gennaio, nel quale i cittadini croati decideranno se sono a favore o contro l’ingresso nell’Unione europea, la 21enne Kristina Ćurković, davanti al palazzo del tribunale di Spalato, la seconda città più grande della Croazia, strappava la bandiera dell’UE. Lo ha fatto dopo essere uscita dal tribunale stesso dove è stata condannata perché nell’aprile scorso aveva tolto da un edificio di Spalato la bandiera dell’Unione europea e l’aveva sostituita con quella della Croazia.

Se dobbiamo credere ai sondaggi e non alla cronaca però, i contrari all’ingresso della Croazia nell’Unione sono in netta minoranza. Le ultime indagini sull’opinione pubblica, degli inizi di gennaio, indicano che il 55,1% dei croati appoggia l’ingresso della Croazia nella grande famiglia europea. Esattamente un terzo degli esaminati, il 33,3%, si è dichiarato invece contrario.

Destinati all’estinzione?

Ma gli amareggiati oppositori all’ingresso della Croazia nell’Ue, proprio come la ragazza dell’inizio di questa storia, si fanno sentire a voce molto alta. I motivi che adducono vanno da quelli catastrofici ad altri più banali. Uno, che circola sulla scena pubblica sin da quando la Croazia ha iniziato i negoziati con l’UE, è già diventato una leggenda metropolitana: i cittadini di Zagabria ai mercati all’aperto non potranno più comprare il formaggio fresco che producono le fattorie dei villaggi dei dintorni. Altre motivazioni tendono invece alla catastrofe: in Croazia, dopo l’ingresso nell’Ue il 1° luglio dell’anno prossimo, si ammasseranno centinaia di migliaia di immigrati, proprio come è accaduto alla Polonia, che appena diventata membro dell’UE avrebbe subito l’arrivo di 60mila vietnamiti.

I contrari all’ingresso della Croazia nell’Unione spaventano così i loro concittadini svelando l’esistenza di piani di popolamento della Croazia: gli stranieri potranno votare per le amministrative, saranno in maggioranza rispetto alla popolazione locale e quindi eleggeranno propri governi locali. Conclusione: il Paese sarà governato dagli immigrati.

“L’inondazione di immigrati è causata dall’attrazione verso le bellezza croata, bellezza che l’UE da tempo ha perso, e per il mare Adriatico, ufficialmente il più bello dei trenta mari del mondo e che con questa politica dell’immigrazione diventerà europeo e non più croato”, questo è uno dei 20 motivi più importanti che gli oppositori all’integrazione della Croazia nell’UE urlano ad alta voce per le piazze della città o nei dibattiti pubblici, durante i quali si avanzano argomenti a “favore” o “contro” l’Unione.

I timori

Quando il ministro degli Esteri, Vesna Pusić, il giorno prima del ventennale del riconoscimento internazionale della Croazia (il 15 gennaio 1992, la Croazia fu riconosciuta da tutti e 12 gli allora membri dell’Unione, più altri otto Paesi) si è presentata nella piazza centrale di Zagabria per discutere coi cittadini sul tema dell’Unione europea le sono state poste molte domande.

Forse anche a causa della coincidenza del referendum sull’ingresso nell’UE che si tiene una settimana dopo l’anniversario dei venti anni di indipendenza della Croazia, la maggior parte dei cittadini ha chiesto se il Paese diventando il 28smo membro dell’Unione perderà autonomia e sovranità. E poi se quando anche la Serbia entrerà nell’Unione, non si sarà di nuovo nello stesso stato, come nella vecchia Jugoslavia. Questi sono timori che probabilmente non porteranno alla bocciatura dell’ingresso, ma certo esistono.

Le voci europeiste

“Voterò a favore dell’ingresso nell’Unione”, dice Nives studentessa di venti anni di Osijek. “Parlo inglese e tedesco, sto studiando lo spagnolo e se non dovessi trovare lavoro in Croazia lo cercherò in uno dei Paesi dell’Unione. Ma penso che a tutti noi andrà meglio. La Croazia è un Paese piccolo e quando entrerà nell’Unione ci si aprirà un grande mercato, senza dogane. La gente non è consapevole dei vantaggi, vedono solo i difetti e si chiudono nel proprio cortile, ingannandosi del fatto che solo in esso sono al sicuro”.

Un suo concittadino di 50 anni, programmatore in una piccola azienda locale, afferma che alcune cose positive, che sono accadute durante la lunga fase negoziale con l’Unione, sono già evidenti. L’adeguamento della legislazione croata a quella europea, i risultati nella lotta alla corruzione, le significative somme di denaro che la Croazia ha ricevuto grazie ai fondi pre-adesione dell’UE. “A tutti quelli che sono contrari all’ingresso nell’Unione che diffondono paure sul fatto che l’Europa ci rapinerà, che ci sottrarrà le nostre ricchezze e ci renderà schiavi, domanderei: Chi ha indebitato la Croazia nei suoi 20 anni di indipendenza di 50 miliardi di euro, chi ha venduto la sua ‘argenteria di famiglia’ e chi ha creato uno stato così corrotto di cui persino il premier è finito in carcere?”.

Tutti i partiti a favore

Tutti i partiti croati, sia quelli di governo che quelli all’opposizione, eccetto uno che ha un solo deputato al Sabor (parlamento croato), appoggiano l’ingresso della Croazia nell’UE. Questa settimana ai "sì" si è unito anche il vertice della Chiesa cattolica, fino a poco tempo fa molto scettico. In un comunicato stampa la Conferenza episcopale croata ha invitato i fedeli a votare al referendum secondo coscienza, aggiungendo però di incoraggiare "tutti i fedeli cattolici e tutti i cittadini croati a superare insieme tutte le paure e i timori aprendosi con coraggio al futuro”. Ricordando in questo modo le parole di Papa Benedetto XVI pronunciate durante l’ultima visita in Croazia, quando incoraggiò i fedeli verso le prospettive che offre l’UE.

La strada croata verso l’UE è iniziata nel febbraio 2003, quando Zagabria ha presentato la domanda di candidatura per diventare stato membro. Lo status è stato ottenuto nel giugno del 2004, e nel dicembre dello stesso anno anche la data di avvio dei negoziati. All’inizio di ottobre 2005 i negoziati sono iniziati e sono durati sei lunghi anni – molto di più di qualsiasi altro membro dell’Unione – e poi finalmente sono terminati nel giugno 2011. Domenica, al referendum, verrà chiuso anche l’ultimo capitolo di questa lunga, pesante e a tratti faticosa strada croata verso Bruxelles. Se la Croazia dovesse inciampare davanti al traguardo sarebbe come se il maratoneta che ha corso per ben 42.194 metri si fermasse prima dell’ultimo.

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