Pulizia morale
Estate bollente in Romania. A sedici anni dalla caduta del regime comunista, avvenuta nel 1989, si scava negli archivi di stato, sino ad ora tenuti segreti. Nel Paese si sente sempre più parlare di ”pulizia morale”
Nella società rumena, sottoposta durante il regime al controllo invasivo nella sfera privata di ogni cittadino da parte della Securitate, la polizia politica, si è sempre chiamato in causa la "verità". Una verità che ognuno immaginava e immagina tutt’ora a modo suo. Chi è stato pedinato, perseguitato, ostacolato nella professione, picchiato o imprigionato vuole ora conoscere i nomi degli agenti che l’hanno fatto. Altri vogliono invece sapere chi li ha traditi, quali amici, colleghi o vicini informavano regolarmente i servizi segreti comunisti su quello che dicevano, su cosa pensavano del regime, e se avevano l’intenzione di provare a fuggire dal Paese.
Migliaia di persone hanno collaborato con la Securitate. La polizia politica reclutava i suoi informatori tra i giovanissimi, a partire da bambini dai 12 anni in su. E una volta cresciuti continuavano a fare rapporti dal liceo, dall’università, ecc. Sempre a seguire qualche collega con "visioni non sane" e con qualche affinità occidentale. Si credeva magari di confessare ad un buon amico la mancanza di libertà, il rigetto per la politica del regime. Ma l’amico poi informava la Securitate e quest’ultima decideva cosa fare con te e la tua famiglia.
Ora l’accesso agli archivi getta nuovamente la società nel suo ancora recente passato. "L’isteria dei dossier", come l’ha definiva un politico di Bucarest, ha molte conseguenze. Puoi scoprire chi ti tradiva, chi ti ha fatto del male e poi scoprire anche – ed è molto doloroso – si trattava di uno tra i migliori amici. Queste possibilità fanno sì che si stia creando un clima generale dove tutti sospettano di tutti.
A quattro mesi dalla probabile adesione del Paese all’Unione Europea – e non sembra un caso – la società romena si rende conto che molti di quelli che hanno dato una mano, collaborando con la Securitate, hanno un nome e spesso ricoprono attualmente una carica pubblica.
In tutti questi ultimi anni, i dissidenti, le persone che sono state vittime delle repressioni dell’ex regime, imprigionate e perseguitate, sottoposte ad interrogatori e maltrattate da agenti della Securitate, hanno chiesto invano una "pulizia morale".
Anche se da anni è stato istituito un Consiglio nazionale per lo studio degli archivi dell’ex Securitate in realtà l’accesso a questi dossier è stato sino ad ora molto limitato. Sono sati rivelati i nomi solo di 130 tra ufficiali, sottufficiali e collaboratori della Securitate.
Attualmente il Consiglio sta lavorando ai dossier di 29 politici. Secondo la stampa rumena 1/3 tra i 29 dossier riguarderebbe persone che collaboravano con la polizia politica mentre il resto riguarderebbe persone perseguitate da quest’ultima.
Tra gli altri è coinvolto anche l’attuale ministro dei Trasporti, il democratico Radu Berceanu, che si definisce un "perseguitato" della Securitate. Berceanu ha ammesso di aver consumato molto inchiostro per scrivere rapporti e racconta che nell’ottobre dell’89 è stato tenuto per qualche giorno con sua moglie negli uffici della Securitate e interrogato. Spesso le domande riguardavano anche colleghi e conoscenti ma il ministro è convinto che in realtà fosse lui il bersaglio. Perché, dice, tutto era legato ad una conversazione avuta con suo padre su una possibile fuga dalla Romania socialista con il deltaplano.
Sono 60.000 le persone che tuttora occupano cariche pubbliche e per quali si chiede ora una verifica. L’epidemia della verità su chi ha collaborato riguarda non solo i politici ma anche docenti, ispettori scolastici, ecc.
Nei giorni scorsi l’Unione degli studenti ha sollecitato il Consiglio per gli studi degli archivi affinché analizzi e pubblichi i dossier dei rettori che hanno collaborato con la Securitate. "Consideriamo che è necessario alla vigilia dell’integrazione europea che il sistema educativo romeno si liberi dal sospetto che i rettori abbiano fatto la polizia politica ", precisa George Paduraru, il presidente dell’Unione degli studenti della Romania.
Anche la stampa è stata presa di mira nella saga degli archivi. Una situazione delicata perché molti ex agenti o loro collaboratori hanno trovato rifugio proprio in questo settore e continuano a "formare" l’opinione pubblica.
L’organizzazione "Civic Media" ha lanciato la campagna "Voci pulite". Si chiede di far luce sul passato di circa 200 giornalisti. Un capo redattore di un quotidiano nazionale si è recentemente dimesso ed ha rinunciato ad altre collaborazioni dopo che il suo passato da informatore è stato svelato. Ha dovuto ammettere di aver collaborato. Anche lui ha affermato, come altri, di essere stato costretto a farlo ma dopo qualche anno decise di interrompere la collaborazione, apparentemente senza alcuna conseguenza.
Al giornalista in causa – tra l’altro molto apprezzato professionalmente – si rimprovera di non aver detto nulla sul suo passato in questi ultimi anni quando scriveva e parlava con veemenza contro l’ex regime e la Securitate. La sua credibilità in questo periodo ha senza dubbio ricevuto un duro colpo.
In altri casi di giornalisti in passato collaboratori della Securitate non si è arrivati alle dimissioni. Anzi. In un altro quotidiano nazionale 4 dei giornalisti della redazione si è scoperto fossero in passato collaboratori della Securitate. Questi ultimi non si sono dimessi. Hanno dichiarato di non avere intenzione di chiedere scusa.
Ormai ogni giorno qualcuno annuncia di aver collaborato con la Securitate. Molti di questi occupano posizioni di rilievo nel Paese.
In modo ironico, in un editoriale, un giornalista chiedeva scusa ai lettori per non aver collaborato con l’ex polizia politica. Perché tanti sono quelli che l’hanno fatto e visto ora dove sono arrivati ci si chiede anche se questo legame con la Securitate sia stato un vantaggio anche dopo la fine di Ceausescu.
Non solo. L’attuale Servizio romeno di informazioni ammette che in molte redazioni ci sono giornalisti sotto copertura. Quindi ci saerbbero vecchie "spie" e nuove "spie", e in molti si chiedono se in realtà sono le stesse persone.
Ci si stupisce, ci si pone molte domande. Ex agenti sono ora anche in Parlamento e continuano tranquillamente il loro lavoro. Cambiano i regimi ma loro restano. Perché, direbbe qualcuno, sono in realtà proprio loro a condurre i giochi. Ovviamente non si può lasciare il Paese nella mani di "chissà chi"!
Meno male che in Romania ora c’è libertà. E quindi ognuno può pensare quello che vuole. Tra i pensieri più ricorrenti in questo periodo estivo e molto "caliente" ce n’è uno che non ci dà pace. A chi e a cosa serve questa verità, finora custodita benissimo, nelle note informative degli archivi? Per gli ex collaboratori i cui nomi stanno uscendo in queste settimane dev’essere in ogni caso un sollievo. Poche le conseguenze negative, e ora non dovranno più nascondersi.
Alcune fotografie della rivoluzione dell’89
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