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Pristina: l’edilizia sociale e il mercato del mattone

A Pristina, capitale del Kosovo, si costruisce tanto. Ma sono quasi tutti appartamenti di lusso e per molti trovare un alloggio resta difficile

16/08/2019, Sindre Lagmoen -

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(Pubblicato originariamente da Kosovo 2.0 il 3 giugno 2019, titolo originale "Pristina’s growing pains")

Scendendo dalle vie del quartiere di Bregu i Diellit (Collina assolata) verso il centro di Pristina, inevitabilmente si incrociano grandi cantieri. Ad ogni incrocio sorgono come funghi palazzine che presto nasconderanno gli scheletri di cemento armato di precedenti tentativi edilizi falliti, oppure le rovine di case abbandonate ormai da vent’anni.

“Residenza della regina”, “Parco d’oro”, “Torre VIP” e “Appartamenti verdi” sono solo alcuni dei nomi di questi monoliti in tumultuosa crescita che promettono alti standard di vita per chi ha le risorse per permetterseli.

Nel frattempo in centro, nella zona di Lakristhe, si promette la nascita del “Pristina City Center”, una struttura dedicata al mondo degli affari, di forma circolare e ricoperta di vetri "alla Dubai", che dovrebbe accomodare un centro commerciale “di straordinaria metratura”, appartamenti di lusso ai “piani più alti dei Balcani” ed uno “spazio ottimo per rispondere a tutte le necessità della business-administration”, completo di “unità commerciali, alti standard e parcheggio sotterraneo”.

Il “Pristina City Center” potrebbe anche non stonare per chi si attende in futuro una scintillante e più vigorosa economia kosovara, ma l’arredo ultramoderno dei suoi appartamenti (prezzo ancora non specificato) è in netto contrasto con il salario medio percepito in Kosovo, 471 euro. E riflette un trend onnipresente a Pristina: una crescita esponenziale di progetti di costruzione di abitazioni di alto livello ed una stagnazione nella costruzione di appartamenti accessibili ai più.

Il settore delle costruzioni è di grande importanza per l’economia del Kosovo. Secondo Open Business, una piattaforma sviluppata da Open Data Kosovo , nel 2018 l’industria del mattone era la seconda del Kosovo e tra le sue fila contava due tra le più grandi aziende del paese.

Nel frattempo sembrerebbe che in Kosovo non vi sia mancanza di alloggi: secondo dati raccolti nel 2011 durante l’ultimo censimento gli appartamenti vuoti a Pristina erano 15.402. Dato che la popolazione di Pristina è di poco sopra i 200mila (2014) e vi sono circa 40mila abitazioni abitate questo significa che, in media, un appartamento è occupato da cinque persone.

Certamente, da quando questi dati sono stati raccolti, le variabili sul campo si sono modificate. Sono stati costruiti molti nuovi edifici, ma anche la popolazione è aumentata: secondo i dati dell’Agenzia statistica del Kosovo ogni anno circa mille persone di trasferiscono nella capitale Pristina.

Non ci sono sufficienti appartamenti

Agron Beka è direttore dell’ong Abitazioni sociali e diritti di proprietà in Kosovo (SHPRK) ed è un ex consulente del ministero per la Pianificazione urbanistica. Quando gli chiediamo se Pristina è in grado di assorbire l’arrivo di mille abitanti all’anno risponde senza esitazioni: “No, Pristina non è davvero pronta per accogliere tutta questa gente”.

Nonostante gli appartamenti vuoti e le nuove palazzine, a suo avviso il problema è nel prezzo degli immobili e degli affitti: molti degli appartamenti a disposizione sono semplicemente troppo costosi per chi arriva in città.

Genc Bashota, direttore del dipartimento Pianificazione urbanistica e sviluppo sostenibile della municipalità di Pristina concorda sul fatto che non vi siano appartamenti ad un prezzo adeguato alle possibilità dei nuovi arrivati e ammette la necessità di costruire più alloggi popolari. E ricorda che questa era una delle promesse del sindaco Shpend Ahmeti durante la campagna elettorale.

Secondo Bashota il prezzo medio per un appartamento con una stanza a Pristina va dai 250 ai 350 euro nei quartieri più ricercati, mentre si abbassa tra i 200 e i 250 negli altri. Prezzi che mettono fuori gioco un largo segmento della popolazione.

Per molti giovani di Pristina, studenti o professionisti tra i 20 e 30 anni, rimanere a vivere in casa dei genitori è l’unica opzione finanziaria possibile; quelli che scelgono diversamente, spesso condividono un appartamento con altri.

Diana

Diana Morina si è trasferita nella capitale da Gjilan cinque anni fa, per motivi di studio. Attualmente lavora nel settore non governativo. In questo periodo ha cambiato appartamento per cinque volte e racconta di esperienze poco piacevoli, obbligata a condividere appartamenti con sconosciuti con cui poi non andava d’accordo oppure obbligata dai proprietari, con pochissimo preavviso, a lasciare l’appartamento.

Per molto tempo, racconta lei descrivendo la sua esperienza, “trovare un buon e comodo appartamento è stata una questione più impellente che non trovare un lavoro consono ai miei studi”.

Gli studenti, aggiunge, sono bersagli facili. I proprietari sfruttano la loro precarietà per affittare loro appartamenti in pessime condizioni a prezzi alti, augurandosi che la mancanza di alternative li faccia accettare. Inoltre, secondo quanto da lei vissuto, i proprietari tendono a non voler affittare tramite agenzie per evitare la sottoscrizione di contratti di affitto.

Ricorda anche di un proprietario di casa che irruppe nel suo appartamento mentre ancora ci viveva: “Non è un’esperienza piacevole tornare a casa e trovare qualcuno che si beve un caffè dalla tua tazza nell’appartamento per cui tu stai pagando un affitto”, sottolinea.

Diana attualmente condivide con altre tre persone un appartamento di due stanze. Spende circa il 20% del suo reddito in affitto e bollette. L’appartamento è in uno stabile da poco costruito ed è di buona qualità anche se, avendo solo due stanze, nessuno ha una vera privacy. Quattro persone ristrette in uno spazio, nonostante paradossalmente siano tutti professionisti relativamente ben pagati.

“Molte delle persone che conosco e che sono originarie di altre parti del Kosovo vivono più o meno le stesse situazioni”, racconta Diana. “La disponibilità economica impatta molto sulle decisioni che prende un giovane che vive nella capitale. In molti condividono appartamenti e sono pochi i fortunati a trovare un appartamento decente con una stanza per vivere da soli”.

Il boom del mattone

Mentre Diana condivide pochi spazi con i suoi tre coinquilini i monoliti da poco costruiti restano, per la maggior parte, vuoti.

Pristina è terreno molto attraente per gli investitori, spiega Beka. I costi di costruzione sono gli stessi a Pristina, Mitrovica o Fushe Kosove mentre “quando vendono a Pristina intascano quasi il doppio. Ed è per questo che è vantaggioso costruire a Pristina”.

Beka inoltre ritiene che parte del motivo per cui questi appartamenti rimangono vuoti per la maggior parte dell’anno sia legato alla diaspora, in particolare alla nuova generazione, giovani cresciuti in Svizzera o in Svezia e che ora guadagnano bene.

“Ora arrivano le nuove generazioni. Non sono più abituati a vivere nei villaggi e quindi comperano appartamenti a Pristina, vi stanno per un mese e in questo mese si recano due o tre volte a visitare i parenti nel villaggio e poi se ne ritornano in capitale, dove la vita notturna è viva. Ed ecco perché questi appartamenti vengono utilizzati un mese su 12”, sostiene Beka.

Altra spiegazione è che gli investitori non hanno fretta di riempire gli appartamenti perché “quelli che hanno costruito a Pristina hanno molti capitali, abbastanza per lasciare tutto fermo sino al 2030 e se riusciranno poi a venderli nel 2030 vi avranno comunque guadagnato”, continua Beka.

“Non riesco a capire perché si dica che servono altri appartamenti, altri edifici, si vede che ogni giorno si perde spazio verde”, denuncia. “In una frase, spero che questo trend venga fermato, non mi sembra che Pristina abbia bisogno di tutti quegli appartamenti e la fine di queste costruzioni avverrà quando verrà sviluppato un buon piano di sviluppo economico per Pristina e per le altre città del Kosovo”.

La regolamentazione del settore del mattone è stata una questione molto sentita in passato, dato che la fase immediatamente dopo la guerra era risultata in un boom costruttivo selvaggio, se non illegale. Questo era in parte dovuto al riciclo di denaro sporco ma anche, banalmente, alla mancanza di programmazione urbanistica, secondo quanto afferma la camera di Commercio del Kosovo.

Poi nel 2014, quando entrò in carica come sindaco di Pristina Shpend Ahmeti, la municipalità ha iniziato ad implementare la Legge sulla legalizzazione delle costruzioni che portò a regolarizzare ex post un gran numero di edifici e a demolire un numero rilevante di edifici illegali, in particolare quelli che presentavano problemi di sicurezza.

Bashota, della municipalità, spiega che benché ora vi siano numerosi piani a regolare il settore delle costruzioni, non ve ne sia uno di specifico per regolare l’equilibrio tra abitazioni di lusso e abitazioni più abbordabili: “Non possiamo interferire con la domanda del mercato che chiede appartamenti di lusso a Pristina”.

La necessità di alloggi a buon prezzo

Cosa va fatto allora se il mercato non riesce a rendere disponibili abitazioni a buon prezzo? Cosa viene fatto nel settore dell’edilizia pubblica per garantire un’abitazione a chi ne ha bisogno?

Nel 2010 la Legge per i finanziamenti per l’edilizia, oltre a definire una struttura per la distribuzione degli alloggi sociali esistenti e per la costruzione di nuovi, ha anche dato il potere alle municipalità di sequestrare alloggi privati non occupati ed affittarli a chi ha diritto ad abitazioni sociali, aiutandoli pagando il 50% dell’affitto.

Beka sottolinea però che anche se la legge prevede questa possibilità, nella realtà non è mai stata applicata, data la vaghezza della normativa procedurale e la preoccupazione dei funzionari che possa aprire la strada alla corruzione.

Beka concorda con questi timori, ma lamenta una mancanza di iniziativa: “Sarei felice se, da qualche parte, questa previsione venisse applicata, se non altro per testarla”. Un tentativo di tal tipo a suo avviso permetterebbe al governo di individuare pregi e debolezze del sistema.

Bashota, della municipalità, dice di essere in grado di confermare che “si sta lavorando alla redazione di un piano per le abitazioni sociali. Ed insiste sul fatto che “è importante per la municipalità costruire abitazioni a buon prezzo”, e che 700 abitazioni sociali sono attualmente in costruzione.

Ciononostante, secondo Beka, queste non sono sufficienti. Allo stesso tempo, questi appartamenti non verranno dati tutti a persone che ne hanno veramente bisogno a causa di lacune normative.

“Con la legge introdotta, non si potranno individuare 700 beneficiari degli appartamenti, perché è impossibile corrispondere a tutti i requisiti previsti”. Ricorda che durante un precedente tentativo di individuare 50 beneficiari di alloggi sociali la municipalità ha riscontrato grandi difficoltà.

Questo non significa però che non vi siano persone bisognose. A suo avviso il problema principale del sistema attuale sono le modalità con cui viene valutato se un individuo o un nucleo familiare hanno diritto o meno ad un alloggio sociale.

Beka spiega che con l’attuale sistema – che implica un complesso algoritmo per calcolare l’eleggibilità – persone che guadagnano sopra una certa soglia di reddito non possono fare richiesta di alloggio sociale; ma se guadagnano sotto quella soglia possono tenersi l’alloggio per un tempo indefinito.

Potrebbe sembrare un buon sistema, in superficie, ma ha in realtà effetti negativi non voluti. Da un lato vi sono persone che soffrono davvero di insicurezza abitativa che però non si qualificano per l’edilizia sociale perché guadagnano troppo secondo la formula attuale, mentre d’altra parte, le persone che si qualificano possono rimanere intrappolate in un ciclo di povertà.

"Quindi in pratica quello che stai facendo è che stiamo dando a queste persone un appartamento dicendogli: ‘Questo è tutto per la tua vita, e d’ora in poi, non c’è niente che devi fare, ti siedi lì e rimani povero per l’intera esistenza’", dice Beka, sostenendo che molti di coloro che ricevono alloggi sociali sono effettivamente incentivati ​​ad evitare la ricerca di un posto di lavoro migliore, poiché rischierebbero di perdere la casa.

Inoltre, questo significa che qualsiasi reddito aggiuntivo tende a essere tenuto informale, senza contratti e di conseguenza senza tasse.

Beka ha alcune idee su come affrontare il problema. Una parte centrale di ciò che fa la sua ONG, SHPRK, è la ricerca e lo sviluppo di politiche in materia di alloggi sociali, e nonostante sia stato coinvolto nel processo di redazione della legge del 2010, non tiene in grande considerazione l’attuale sistema.

Si propone di guardare all’estero per trarre ispirazione, piuttosto che fare affidamento sulla tradizione.

L’edilizia sociale in Europa

"Ci sono molti progetti in tutto il mondo, non abbiamo bisogno di inventare molto, dobbiamo solo copiare e incollare in Kosovo e senza dubbio avremo successo", sostiene. "Qualsiasi cosa si faccia sarà migliore di quella che abbiamo".

L’ideale di Beka assomiglia molto al modello austriaco. A Vienna, dice, la maggior parte della popolazione vive in alloggi a prezzi accessibili e sovvenzionati dallo stato. Naturalmente, questo non significa che tutte quelle persone siano povere, ma che la filosofia che circonda l’alloggio sia completamente diversa.

"Gli esempi che ci sono stati fatti di Vienna – non in centro, ma non troppo in periferia – erano di un euro per metro quadrato, il che significa che [se] hai 50 metri quadrati pagherai 50 euro di affitto, che è un prezzo simbolico, ma le risorse vengono utilizzate per il mantenimento dell’edificio ", sottolinea Beka.

Le LPHA (Limited Profit Housing Associations) in Austria comprendono cooperative di alloggi, nonché società a responsabilità limitata private e pubbliche, che operano in base a regolamenti che prevedono che la maggior parte dei profitti venga reinvestita in nuove costruzioni o ristrutturazioni di abitazioni esistenti. Queste aziende, secondo Beka, sono rispettate in Austria e il loro si è dimostrato un modello di business di successo.

Secondo l’Istituto austriaco per la costruzione di immobili e abitazioni, gli LPHA detengono il 23 percento del mercato totale degli alloggi in Austria e producono più della metà della costruzione di edifici multi-appartamento annuali del paese – superando in questo settore sia gli alloggi municipali che i privati.

Tutto questo è ottenuto attraverso sussidi statali, con un costo dello 0,9 per cento del PIL annuale, ben al di sotto di quanto speso in molti paesi dell’UE per l’edilizia sociale. Inoltre, l’importante quota di mercato delle LPHA significa che il settore ha un’influenza importante sul mercato immobiliare complessivo, stabilizzandolo e mantenendo bassi i prezzi.

Questo è solo uno degli esempi possibili. Beka trova anche possibile ispirazione nel modello rumeno, che mira a salvare le comunità, e in particolare le generazioni più giovani, dalla fuga dalla Romania in cerca di un futuro migliore. "Stanno dando prestiti a interessi molto bassi, per 30 anni o qualcosa del genere, che per una coppia che lavora è nulla, perché in cambio riusciranno ad acquistare un appartamento", dice.

Beka vede molte ragioni nell’investire in modo specifico nel futuro delle giovani coppie, evidenziando che spesso queste si trovano bloccate. "Spesso entrambi i partner lavorano, ma non possono permettersi di comprare un appartamento", sottolinea.

Nel frattempo, una nuova proposta di legge è in fase di elaborazione in Kosovo per sostituire la legge del 2010, e Beka e SHPRK sono state attivamente coinvolti nella stesura del testo.

Mentre afferma che molte delle raccomandazioni della sua organizzazione sono state accolte, Beka ritiene che la nuova legge purtroppo non rappresenta un ripensamento complessivo del modo in cui si è affrontata sino ad oggi la questione dell’edilizia sociale in Kosovo. "Sappiamo che questa è una legge che porterà solo pochi piccoli cambiamenti”, dice.

In ogni caso, la legge è attualmente bloccata in un limbo a causa del conflitto tra il ministero delle Finanze e il ministero dell’Ambiente e della Pianificazione urbanistica.

Solo il tempo dirà cosa riserva il futuro ma, nonostante tutto il costruire attuale, una rivoluzione abitativa in Kosovo e a Pristina sembra certamente imminente.

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