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Presidenziali in Slovenia: la vittoria striminzita

Domenica scorsa il secondo turno delle presidenziali. Riconferma per l’uscente Borut Pahor che deve però faticare più del previsto

15/11/2017, Stefano Lusa - Capodistria

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La vittoria alle presidenziali più striminzita nella storia della repubblica: Borut Pahor 52,93% e Marjan Šarec 47,07%. Pahor comunque può gioire: solo Milan Kučan, il primo capo dello stato della Slovenia indipendente, è rimasto in carica per due mandati.

Quella di Pahor doveva essere la cronaca di una vittoria annunciata. L’ex leader dei socialdemocratici non aveva reali contendenti. Contro di lui non erano scesi in campo i grossi calibri della politica slovena. I partiti, del resto, avevano affrontato la campagna elettorale più come una seccatura che come una opportunità, tanto sembrava scontata la vittoria del presidente in carica. Certo è che nessuno in questa campagna elettorale ha investito molti soldi, tanto che il paese non è stato inondato dai classici manifesti elettorali, mentre televisioni e radio non hanno fatto incetta di spot. Tutto si è risolto nei confronti elettorali e nelle estemporanee iniziative dei candidati per stare a contatto con la gente.

Pahor, in politica da sempre, ha camminato in lungo ed in largo per la Slovenia. Di lui si dice che sia molto più abile nelle campagne elettorali che nel governare. Del resto è sempre stato attento a stare sotto i riflettori. Una popolarità che lo ha fatto crescere nei sondaggi d’opinione. Nel 2012 si era conquistato la carica di capo dello stato facendo una campagna elettorale in cui si era messo a fare mille mestieri con l’idea di presentarsi come uomo del popolo, molto distante dall’élite politica. Pahor dopo le elezioni non ha voluto cambiare di molto il suo registro puntando molto su una certa piaggeria e sull’essere sin troppo alla mano. Un atteggiamento questo che non ha potuto evitargli qualche poco elegante scivolone che è servito a fargli piovere addosso una serie di pesanti critiche per un atteggiamento considerato poco adatto ad un presidente. Un bersaglio facile per una certa fetta di opinione pubblica che non gli ha mai perdonato il fatto di essere sceso in campo contro Danilo Türk alle scorse presidenziali e di averlo sconfitto grazie ai voti che gli sono arrivati dal centrodestra.

Nonna Papera

Il sindaco di Kamnik, Marjan Šarec ha messo in difficoltà Pahor giocando a essere più “uomo qualunque” di lui. Per farsi votare gli è bastato il diffuso sentimento anti Pahor. Tanto che con una serie di messaggi confusi e contraddittori, dimostrando ampiamente di non aver alcuna piattaforma politica o ideologica su cui appoggiarsi, è diventato immediatamente la nuova icona della spaesata sinistra radicale e di tutti quelli che avrebbero votato anche per Nonna Papera pur di liberarsi di Pahor.

Si è trattato quindi di un vero e proprio referendum pro o contro Pahor ed il presidente sloveno è stato anche bravo a vincerlo visto che oltre a Šarec in questa tornata ha sconfitto anche i due personaggi più influenti della politica slovena: l’ex presidente Kučan e il leader dell’opposizione Janez Janša. Entrambi, con motivazioni diverse, erano scesi in campo contro di lui. Janša non ha mancato di definire un errore l’appoggio che l’altra volta era stato concesso a Pahor e ha detto che i due candidati presidenziali arrivati al ballottaggio erano null’altro che un sfumatura dello stesso colore.

Quello che resta

Marjan Šarec intanto si è portato a casa un risultato fantastico. Lui è così diventato l’ennesimo illustre sconosciuto proiettato sulla scena politica che conta. Già domenica sera ha ringraziato gli elettori per il sostegno con il cipiglio da candidato premier. Per lui la campagna elettorale per le prossime politiche sembrava già iniziata. Potrebbe essere l’ennesima ciambella di salvataggio che il centrosinistra usa per non consegnare il paese nelle mani di Janez Janša, il carismatico leader dell’opposizione, che quasi sempre è riuscito a perdere le elezioni. I suoi uomini da anni parlano di congiure e complotti ordite dalle forze oscure legate al vecchio regime, pronte a far di tutto per impedire la sua vittoria. Adesso bisognerà vedere se Šarec fonderà un suo partito: era stato così per Zoran Janković che aveva fatto nascere Slovenia Positiva ed anche per l’attuale premier Miro Cerar che aveva messo su in fretta e furia una formazione politica per presentarsi alle ultime parlamentari. Una altra via possibile per lui sarebbe quella di diventare il candidato premier di un partito esistente.

Quello che resta di queste presidenziali è comunque la bassissima affluenza alle urne, che al secondo turno non ha superato il 42% degli aventi diritto. Il segno di una crescente disaffezione per la politica che va aumentando nel paese. Il prossimo anno ci sono in programma amministrative e politiche e quello di portare più persone alle urne potrebbe essere un cruccio di tutte le forze politiche.

Intanto nel paese non è mancata qualche riflessione sull’opportunità di continuare a eleggere il capo dello stato con elezioni dirette. Quello sloveno è un presidente che ha meno competenze di quello italiano. Un’alta figura istituzionale, che forse sarebbe meglio scegliere direttamente in parlamento o se proprio si vuole lasciare l’elezione popolare, si potrebbe probabilmente concederle qualche potere in più.

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