Pianeta Zastava
All’indomani dell’accordo firmato tra Fiat e Zastava, un reportage-inchiesta di Osservatorio sulla fabbrica simbolo dell’industrializzazione jugoslava e sulla sua città, Kragujevac. Economia, società e sviluppo locale nelle transizioni
Martedì 20 settembre, a Torino e Belgrado, Fiat e Zastava hanno annunciato un accordo per il montaggio su licenza della Punto negli stabilimenti di Kragujevac.
L’accordo – di cui da tempo sui media serbi si discuteva apertamente – si sostanzia nella concessione da parte della Fiat alla Zastava di una licenza a produrre autovetture con componenti provenienti dagli stabilimenti di Mirafiori. La Fiat, dopo il lancio nei giorni scorsi della Grande Punto, continuerà a produrre vetture complete del modello precedente anche per tutto il 2006, prima di sospenderne la produzione. L’inizio dell’assemblaggio della "vecchia" Punto – con componenti sempre prodotti a Mirafiori – a Kragujevac, è previsto per il primo trimestre del 2007.
Un rappresentante dell’azienda torinese ha confermato ad Osservatorio nella giornata di ieri che la Fiat avvierà la formazione a Torino dei tecnici della Zastava a partire dai prossimi mesi. Negli stabilimenti di Kragujevac verranno nel frattempo effettuate le operazioni preparatorie per avviare l’assemblaggio delle nuove vetture. L’investimento previsto in tal senso dalla Zastava è di 15 milioni di euro, come precisato nel comunicato stampa congiunto emesso dalle due aziende automobilistiche.
Il volume della produzione della Punto – che avrà il marchio Zastava – a Kragujevac, sarà di circa 16.000 unità all’anno.
Le vetture saranno vendute attraverso la rete commerciale della casa automobilistica serba. Destinate principalmente al mercato di Serbia e Montenegro, verranno esportate anche in Macedonia, Croazia, Romania, Bosnia Erzegovina, Bulgaria e Albania.
Il primo contratto per la produzione su licenza di modelli Fiat a Kragujevac risale al 1953. L’azienda serba, nata un secolo prima come fabbrica di armi, aveva da poco mutato denominazione in "Crvena Zastava", Bandiera Rossa. Le maestranze, responsabili degli impianti secondo il cosiddetto sistema della autogestione, avevano deciso di avviare la produzione di automobili. Il rapporto tra Kragujevac e Torino per molti anni è stato di natura preferenziale. Dal 1953 al 1990, Zastava e Fiat hanno firmato e rinnovato una lunga serie di accordi. Alcuni modelli, in particolare la Fiat 600, prodotta a Kragujevac per un totale di quasi un milione di vetture, soprannominata dalla gente Fića, o "piccola Fiat", era diventata una vera e propria icona della modernizzazione e dello sviluppo della Jugoslavia degli anni ’60 e ’70. La disgregazione del Paese e l’inizio del decennio di guerre nei Balcani avevano poi segnato il crollo della produzione della Zastava e l’interruzione della collaborazione con la casa automobilistica italiana.
L’accordo di collaborazione industriale firmato martedì, che da un lato si inquadra nel piano di recupero dei crediti che Fiat vanta nei confronti dell’azienda serba, rompe d’altro canto un lungo isolamento, aprendo la strada a possibili collaborazioni tra aziende dell’indotto automotive italiane e della Serbia e Montenegro.
Cosa questo significherà in concreto per Kragujevac, e per la Zastava, resta da vedere. La città e la sua fabbrica hanno vissuto un rapporto di simbiosi durato decenni. L’espansione dell’industria automobilistica jugoslava, tra gli anni ’50 e gli anni ’90, era corrisposta all’espansione della città, meta di immigrazione di operai provenienti in particolare dal sud della Serbia e dal Kosovo. La fine della Jugoslavia aveva significato il drastico ridimensionamento della produzione automobilistica, e la Zastava era passata dalle 220.000 vetture del 1989 a produrre poco più di 10.000 vetture all’anno. Le conseguenze sul tessuto sociale della città possono solo essere immaginate. Dopo la guerra del 1999, Kragujevac aveva poi attirato migliaia di sfollati del Kosovo, richiamati dalle reti familiari che risalivano agli anni del boom della produzione, aggravando così un quadro locale già fragile.
L’accordo con la Fiat, per il momento, non consente grandi euforie. La Zastava farà assemblaggio, non produzione, di un numero di vetture – 16.000 all’anno – esiguo se paragonato alle dimensioni produttive degli anni ’80. Eppure in Serbia la notizia è stata accolta con grande sollievo. I giornali di ieri mostravano il Ministro dell’Economia serbo, Predrag Bubalo, visibilmente soddisfatto, mentre versava champagne in occasione dello storico annuncio. Assemblare la Punto vuol dire pur sempre un gigantesco passo in avanti per i vetusti impianti della fabbrica di Kragujevac. L’industria automobilistica serba, colpita nel recente passato dai bombardamenti Nato, ha accumulato un ritardo industriale di anni. Guerra, sanzioni, embargo hanno infierito su di una creatura allevata con un orizzonte politico prima che economico, affetta da un gigantismo che prevedeva anche l’indotto all’interno della fabbrica. Ora, secondo alcuni, questo primo passo potrebbe rappresentare un’inversione di tendenza.
Da un punto di vista psicologico, per famiglie operaie che negli ultimi anni sono arrivate a fine mese solo grazie alla poderosa rete di adozioni solidali, partite soprattutto dall’Italia, si tratta di una grande iniezione di ottimismo. Di questi tempi non è poco.
Nei giorni scorsi siamo stati a Kragujevac per interrogarne gli abitanti, gli operai, i dirigenti della Zastava, rappresentanti del governo locale, esponenti politici, associazioni e piccoli imprenditori. Per cercare di capire qual è il futuro dello sviluppo a Kragujevac e in Sumadija, cartina di tornasole dello stato dell’economia in Serbia, e se questo futuro davvero comprende la grande fabbrica. Da oggi a puntate il nostro reportage.
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