Parchi nazionali in Serbia, in attesa di un nuovo status
In Serbia i parchi nazionali sono in attesa di una nuova definizione e di nuove leggi in grado di proteggerli al meglio. Secondo alcuni dei loro direttori mancano innanzitutto fondi e un adeguato intervento dello Stato
Di Z. Negovanovic, Dnevnik, 12 maggio 2005 (tit. orig. Nacionalni parkovi cekaju novi status. Zakon – precica u Evropu)
Traduzione per Osservatorio sui Balcani: Ivana Telebak
Per soddisfare i severi criteri di associazione all’Unione europea, di tutte quelle leggi che dobbiamo accordare con i Paesi sviluppati, quasi un terzo si riferiscono all’ambito dell’ecologia, cioè alla protezione dell’ambiente naturale. Il fatto è che il nostro Paese ha dei beni naturali importanti, non solo nazionali ma anche a livello mondiale, ma soltanto adesso si rende noto che coi metodi di gestione dei beni impiegati fino ad ora non si può arrivare in Europa. La Legge approvata sulla protezione dell’ambiente naturale è soltanto una legge "di copertura" in questo ambito, e già adesso ci sono parecchi problemi nella sua applicazione, e si debbono ancora approvare delle leggi sulla protezione della natura e dei parchi nazionali (le previsioni dicono che ciò potrà accadere fra un paio di anni). Il tempo passa, e la situazione è quasi allarmante.
I direttori dei parchi nazionali della Serbia e Montenegro concordano sulla necessità di definire velocemente un diverso status dei parchi nazionali, perché in nessun luogo del mondo, a differenza di quanto accade da noi, i parchi operano come aziende pubbliche, e allo stesso tempo, sulle entrate complessive, i mezzi statali sono pari soltanto al due per cento. Il direttore del Parco nazionale "Fruska Gora" Aleksandar Paroski dice che in due anni i parchi nazionali, eccetto che dal ministero dell’agricoltura, non hanno ricevuto un dinaro.
"La ristrutturazione è estremamente necessaria, e ancora di più la nuova legge" – aggiunge Paroski. "Ci stiamo preparando per accogliere la delegazione della Federazione dei parchi nazionali e cosa gli diremo? Che stiamo organizzando adeguati programmi per le date importanti, che aiutiamo le mostre e le promozioni dei libri e che abbiamo tanti depositi, un traffico intenso, la caccia …?
C’erano 2000 cervi, quanti ce ne sono adesso? Le due uniche coppie di aquila reale del nostro Paese si trovano nel nostro parco, e chi ne ha la competenza non riesce in nessun modo a trovargli un luogo adatto. Noi crediamo che i boschi non vadano padroneggiati. Che lo facciano gli altri. Questa risorsa da noi ogni anno ha un deficit di 20 milioni di dollari. Soltanto in quest’anno per la fondazione dei boschi dobbiamo pagare 300.000 euro. Noi cerchiamo un modo nuovo per organizzare i parchi nazionali. Abbiamo bisogno dei soldi per i progetti, i ministeri sanno chi e dove, a livello internazionale, offre denaro per questo ambito, ma non ci danno tali informazioni. Dopo l’allargamento dell’UE, per noi questi fondi saranno ancora più chiusi. I parchi nazionali soffrono di malattie infettive, e lo stato, come se volesse celarne la noncuranza, crea delle aziende pubbliche.
Paroski aggiunge che sul territorio del Parco Nazionale di "Fruska Gora" ci sono 45 comuni registrati al catasto, ma che la comunicazione con le autogestioni locali, con gli organi regionali e della repubblica è quasi nulla e che negli ultimi anni, da quando lui è diventato direttore, nessuno è venuto in aiuto, anzi tutti chiedevano qualcosa!
Il direttore del Parco nazionale "Djerdap" Nenad Radakovic è categorico nell’affermare che all’opinione pubblica, "volutamente viene nascosta la fotografia sulla situazione dei parchi nazionali".
"Ci siamo formati come un’azienda pubblica, con l’obbligo di raggiungere un profitto" – dice Radakovic – "Per dimensioni, "Djerdap" è più grande del "Tara", di "Fruska Gora" e di "Kopaonik". Abbiamo 70 impiegati, e i tre parchi nominati insieme ne hanno 550. Quindi, si pone la questione di una valutazione obiettiva della situazione. La Federazione dei parchi europei può aiutare solo esercitando pressioni sul governo, affinché ordini un nuovo status per i parchi nazionali. È meno importante se ci saranno degli statuti, istituti o qualcosa d’altro, la cosa più importante è che ci siano dei cambiamenti sostanziali.
Radakovic afferma che l’opinione pubblica non sa che i parchi non fanno parte del budget, né tanto meno che l’utilizzo delle risorse naturali è un valore aggiunto. Egli aggiunge che per la questione dei sub-finanziamenti dei lavori biologici la fetta più grossa della torta appartiene alla "Srbijasuma", mentre ai parchi nazionali rimane molto poco.
Dall’altra parte, il direttore dell’Istituto per la difesa naturale del Montenegro Zlatko Bulic e il direttore del Parco Nazionale di "Durmitor", Tomo Pajevic convengono che per quanto riguarda il finanziamento dei parchi nazionali in Montenegro la situazione è un po’ diversa, perché partecipano al budget della repubblica. L’idea di base è che non si autofinanzino, ma che sia lo stato a garantirgli fino al 90 percento del denaro.
Tardano, e come se tardano
Su come le leggi si applicano nella pratica, la dice lunga anche l’esempio di Sremska Mitrovica. Slobodan Simic del movimento ecologico Goransko dice che con la Legge sulla difesa della natura è prevista anche la possibilità della creazione di fondi comunali utilizzabili per quest’ambito. Quando a Mitrovica hanno iniziato con questo procedimento, i responsabili di Belgrado erano, detto in modo blando, occupati. Approssimativamente, è stato risposto, che ancora non è stato creato neanche il fondo della repubblica, e non si sa né quando né come sarà strutturato. Allora come è possibile che un’amministrazione locale possa trasformare una regola in un atto?
Un tira e molla che dura da 24 anni
Il direttore del Parco nazionale "Fruska gora" Aleksandar Paroski ha sottolineato che sin dal 1981 sono in corso i tira e molla e le discussioni per dotare gli ingressi di questo parco nazionale di punti informativi e di controllo. Giornalmente di qua passano 9.000 veicoli e pagando solo dieci dinari per automezzo, annualmente si otterrebbero circa 35 milioni di dinari, importanti per finanziare le attività del parco. Sono cambiati i governi, sono giunte le approvazioni dalla polizia e praticamente da tutti ministeri, eccetto quello della viabilità. E così gli automezzi rimbombano nel cuore del parco, tutti ammettono quanto ciò sia dannoso, ma non c’è un totale accordo sul fatto che chi inquina deve pagare ciò che danneggia.
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