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Pace fredda in Bosnia Erzegovina

E’ possibile una vera riconciliazione oggi in Bosnia Erzegovina? Lo abbiamo chiesto al prof. Gajo Sekulic, docente alla facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Sarajevo

03/12/2002, Andrea Oskari Rossini -

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OB: La guerra in Bosnia Erzegovina è terminata da ormai sette anni. Possiamo parlare di pace in questo Paese?

Possiamo parlare di pace, ma si tratta di una pace imposta dall’esterno. Io la definisco una "pace fredda", in analogia con quella che è stata la guerra fredda. In Bosnia non esiste più una situazione di violenza efferata, ma i segni di questa violenza sono ancora presenti e molto profondi. Costruire un pace vera è un grande compito della società civile. La pace viene di solito considerata semplicemente come un qualcosa che segue la guerra, ma è molto di più, si tratta di un generale processo di civilizzazione. In Bosnia oggi è invece prevalente un concetto negativo di pace, che potremmo definire kantianamente come "una situazione di assenza di guerra".

OB: Lei ha affermato ritenere che alla base della tragedia di Srebrenica ci sia stato un accordo tra Milosevic e Karadzic volto a realizzare un massacro di grandi proporzioni, proprio per impedire ogni futura possibilità di convivenza in questo Paese e ogni possibile riconciliazione. Ci sono riusciti?

Sì, in larga parte ci sono riusciti, anche se sono poi stati delusi dal fatto che la comunità internazionale sia ricorsa alla forza contro i serbo bosniaci.

OB: Non a Srebrenica…

Infatti, la comunità internazionale non ha agito per impedire questo massacro, da cui le istanze nazionalistiche di tutte le parti hanno tratto grandissimi vantaggi.

OB: Ma è possibile oggi sostituire alla pace fredda una pace vera, basata sulla riconciliazione?

La riconciliazione è possibile solo se si manifesteranno delle nuove fasi. La riconciliazione ha più dimensioni. La prima è politica, poi sociale, culturale e morale. Noi stiamo facendo i primi passi verso una riconciliazione politica in BiH, ma le possibilità per una riconciliazione politica dipendono sempre in gran parte dalla situazione nei Paesi nostri vicini, la Croazia e la Yugoslavia. I Serbo Bosniaci e i Croato Bosniaci continuano a guardare oltre il confine a quelle che sono le politiche della Yugoslavia e della Croazia. Non è possibile una situazione politica normale in BiH senza che ci siano buoni rapporti con i Paesi vicini.

OB: Una delle esperienze spesso citate nella letteratura sull’argomento è quella sudafricana, in particolare l’esperienza della Commissione per la Verità e la Riconciliazione. In Serbia Kostunica ha avviato un percorso simile, almeno nel nome. Che giudizio dà di questo percorso e della discussione all’interno della società serba sulle guerre degli ultimi anni?

Penso che tutto il progetto della commissione sulla verità e riconciliazione in Serbia sia solo un progetto statal-burocratico. I progetti di riconciliazione devono provenire dalla sfera della società civile. Iniziative di questo tipo di fatto esistono nel territorio della ex Yugoslavia. Ma il controllo dello Stato su di esse può essere solo dannoso. Se guardo ad esempio a quelli che sono i membri di questa commissione per la verità e riconciliazione in Serbia, posso dire che ci sono delle presenze interessanti, ma che lì non ci sono veri e propri combattenti per i diritti umani e la democrazia e inoltre ci sono delle presenze molto problematiche e alcune comiche. Tutto il progetto di formazione di questa commissione a livello statale si basa sulla presunzione che l’apparato statale stesso sia già passato attraverso una catarsi politica. Ma in realtà questo non è avvenuto. Kostunica è ancora molto lontano da questo. Penso che si tratti di un tentativo di ingannare la società e di una inutile spesa. Tali iniziative devono provenire dagli attori della società civile che hanno la autorità morale per affrontare un tale percorso. Il ruolo dello Stato deve essere solamente quello di assicurare i mezzi per lo svolgimento di tali iniziative.

OB: Questo vale eventualmente anche per la BiH?

Penso di sì. Qui esiste una forte iniziativa da parte dei protagonisti della società civile, ma gli esiti possono essere ambivalenti. La società civile puo’ infatti essere messa sotto il controllo dello Stato o salvaguardare la propria autonomia. Per il momento non è ancora chiaro quale di queste due tendenze risulterà prevalere.

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