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Ovcara, un processo esemplare

Al termine di un lungo processo, sono stati condannati i membri delle formazioni serbe accusati dell’uccisione dei prigionieri di guerra croati nella fattoria di Ovcara. Si conclude così, il primo processo della Procura speciale di Belgrado per i crimini di guerra

22/12/2005, Danijela Nenadić - Belgrado

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Con la condanna davanti alla Corte della sezione speciale per i crimini di guerra del Tribunale distrettuale di Belgrado il 12 dicembre 2005, dopo 21 mesi di processo si è concluso il procedimento di primo grado per i crimini commessi nella fattoria di Ovcara presso Vukovar, quando nella notte tra il 20 e il 21 novembre 1991 furono maltrattati e uccisi circa 200 prigionieri di guerra croati. La condanna è stata espressa per 14 accusati mentre altri due sono stati sollevati dall’accusa per mancanza di prove.

La pena massima di 20 anni è stata comminata nei confronti di otto accusati, tre sono stati condannati a 15 anni, uno a dodici anni, l’unica donna accusata è stata condannata a nove anni, l’ultimo accusato è stato condannato a cinque anni.

La procura per i crimini di guerra nella fase conclusiva ha chiesto che venisse applicata la pena massima per tutti gli accusati, mentre gli avvocati della difesa hanno chiesto l’assoluzione. Al termine del processo entrambe le parti in causa hanno dichiarato che ricorreranno in appello.

Questo lungo e tormentato processo fino ad ora rappresenta la più grande prova della magistratura serba, alla quale il Tribunale dell’Aja ha lasciato di processare alcune delle accuse per crimini di guerra. Si tratta della prima sentenza per crimini di guerra emanata secondo l’accusa della Procura speciale di Belgrado, e il procedimento verrà ricordato anche per l’utilizzo di un collegamento video attraverso il quale testimoni dalla Croazia hanno rilasciato le loro dichiarazioni, e per la partecipazione dei testimoni collaboratori, i quali hanno avuto un’enorme importanza nel processo. Argomentando la sentenza, il giudice Vesko Krstajic ha citato alcune righe del poeta Marko Miljanov, dicendo che "l’eroismo è conservare se stesso dai nemici, e l’umanità salvare l’altro da se stesso. Su tutto la storia porterà il suo giudizio, e questa sentenza accoglietela come sentenza della vostra umanità", aggiungendo che "non sono tutti qui i colpevoli, molti di loro non sono in questa aula". Il giudice Krstajic ha dichiarato che è stato "impossibile indagare l’intera verità, in particolare dopo così tanti anni, ma il tribunale è riuscito a ricostruire i fatti e la partecipazione degli accusati ad essi".

Durante il processo sono stati confermati fatti inconfutabili, e soprattutto che la battaglia per Vukovar terminò il 18 novembre 1991, quando i membri dell’allora formazione croata Corpo della guardia popolare (Zengi) consegnarono le armi e furono trasferiti nel carcere di Sremska mitrovica. Il giorno successivo, dalle cantine in cui si erano nascosti durante l’assedio di Vukovar, uscirono i civili che furono trasferiti in Croazia e Serbia con autobus organizzati. L’evacuazione dell’ospedale di Vukovar, organizzata dall’Esercito popolare jugoslavo (JNA), iniziò il 20 dicembre, durante la quale fu eseguita la separazione dei feriti e del personale di servizio dell’ospedale dalle 250 persone delle quali si afferma che abbiano preso parte alla battaglia di Vukovar sul campo dell’esercito croato. Dopo di che, i membri della Difesa territoriale di Vukovar così come i membri della JNA portarono i prigionieri verso la fabbrica di Velepromet, dove furono maltrattati e uccisi.

Tuttavia, alle uccisioni di massa si giunse quando i prigionieri furono di nuovo trasferiti, questa volta a Ovcara, e dopo la decisione di ritirare la JNA i prigionieri furono lasciati sotto gli ordini della Difesa territoriale e delle formazioni paramilitari, compresi i membri dell’esercito di Arkan. Durante l’uscita dagli autobus, coi quali furono trasferiti a Ovcara, i prigionieri, prima di venire cacciati nell’hangar passarono attraverso un cordone di persone e furono sottoposti a umiliazioni, maltrattamenti, e furono colpiti col calcio dei fucili, con calci e pugni. Nel villaggio di Grabovo, dove i prigionieri dagli hangar furono trasferiti su trattori, allo stesso tempo fu scavata una buca con una scavatrice in cui furono gettate le salme delle vittime fucilate. I responsabili del crimine rimasero sopra quella buca, portandovi uno ad uno i gruppi di vittime e ordinando di sparare ai prigionieri, e uno degli esecutori alla fine gli sparava un colpo alla testa per accertarsi che nessuno rimanesse vivo. Ogni nuovo gruppo di vittime veniva costretto a gettare nella fossa chi era stato precedentemente ucciso, sapendo che loro sarebbero stati i prossimi. Nello stesso modo quella sera furono uccisi circa 200 prigionieri di guerra. Il crimine di Ovcara è considerato uno dei più gravi commessi durante la guerra in Croazia.

Durante il processo due degli accusati, che hanno partecipato direttamente al massacro di Ovcara, hanno testimoniato sul crimine compiuto, motivo per cui gli è stato conferito lo status di testimoni collaboratori, e sulla base delle loro testimonianze in buona parte si fonda pure la sentenza. Nonostante la difesa degli accusati, durante il processo, abbia tentato di contestare la validità di queste deposizioni, alla fine non ci è riuscita, e il giudice Krstajic ha dichiarato che "tra di loro non ci sono persone corrette dal punto di vista morale ed etico, ma sono uno strumento necessario per processare questi gravi reati penali".

D’altra parte, durante la lettura della sentenza, che è durata più di due ore, nell’aula del tribunale regnava un’atmosfera piuttosto tesa. Uno degli accusati è stato allontanato dall’aula per turpiloquio e offese, mentre poco più tardi altri due hanno abbandonato volontariamente il banco degli accusati in segno di protesta contro la sentenza. I parenti degli accusati hanno seguito il processo con pianti e lamenti accompagnati da una forte disapprovazione, rivolgendo al giudice commenti ingiuriosi. Le famiglie delle vittime giunte al processo con autobus organizzati dalla Croazia, hanno ascoltato la sentenza nella galleria sotto l’aula del tribunale insieme alla stampa, separati dalle famiglie degli accusati. Dopo l’emanazione della sentenza, le famiglie delle vittime, secondo quanto riportato da B92, hanno commentato che il processo è stato corretto e che giustizia è stata fatta, aggiungendo che "i nostri figli non ci sono più. Sono morti. Speriamo che un male come questo non si ripeta mai più".

Le numerose reazioni giunte al termine del processo hanno riguardato perlopiù l’importanza della sentenza. L’avvocato Rajko Danilovic, in una dichiarazione per la BBC, ha detto che "il tribunale è riuscito a ricostruire l’intero svolgimento dei fatti, a confermare il grado di colpevolezza per ogni accusato, ma alcune persone sono riuscite a sfuggire alla responsabilità. Il professore di diritto penale Momcilo Grubac ha dichiarato al quotidiano di Novi Sad, "Dnevnik", che "il tribunale è stato all’altezza del compito, e ha dimostrato il più alto grado di professionalità morale, di essere pienamente consapevole dell’importanza dei principi della legalità, ha dimostrato di essere indipendente, imparziale e obiettivo e di essere libero da tutti i pregiudizi e dalle accuse".

Anche numerose organizzazioni non governative hanno espresso soddisfazione per il processo e la condanna emessa, la direttrice del Centro per il diritto umanitario, Natasa Kandic, ha dichiarato alla BBC che "è stato mostrato che i processi per i crimini di guerra sono iniziati e che nessuna decisione politica li potrà più fermare", così che un giorno "accerteremo finalmente chi ha commesso cosa, e chi non lo ha fatto". Le reazioni dalla Croazia sono state piuttosto simili, così il presidente dell’Helsinki Committee croato, Zarko Puhovski, ha sottolineato che la sentenza per il crimine di Ovcara è un significativo atto simbolico e che i processi contro i propri connazionali per crimini di guerra sono dunque possibili.

La sentenza per il crimine di Ovcara è stato accolta con favore da pressoché tutti i partiti di orientamento democratico, benché occorre sottolineare che l’attenzione maggiore per il processo è giunta proprio dai rappresentanti della società civile, mentre i rappresentanti delle istituzioni si sono espressi di rado.

Nota:
Miroljub Vujović, Stanko Vujanović, Ivan Atanasijević, Milan Lančužanin, Predrag Milojević, Đorđe Šošić, Miroslav Đanković I Predrag Dragović sono stati condannati a 20 anni di reclusione.
Jovica Perić, Milan Vojinović I Vujo Zlatar sono stati condannati a 15 anni di reclusione.
Predrag Madžarac è stato condannato a 12 anni di reclusione.
Nada Kalaba è stata condannata a 9 anni di reclusione.
Goran Mugoša è stato condannato a 5 anni di reclusione.
Marko Ljuboja I Slobodan Katić sono stati sollevati dall’accusa.

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