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Nazionalismo e conversioni

Vi è una comunità musulmana in Bulgaria. Sono i pomachi e vivono sui Monti Rodopi. Alcune controverse figure stanno premendo per una loro conversione alla chiesa ortodossa. Tra queste la discussa figura di Padre Saraev. La nostra corrispondente l’ha incontrato

24/10/2005, Tanya Mangalakova -

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Da 14 anni nella catena montuosa dei Monti Rodopi è in corso un processo di conversione. Sono molti gli appartenenti alla comunità dei pomachi, musulmana, che si converte alla fede ortodossa.

Protagonista è Boyan Saraev, 49 anni, sacerdote dal passato oscuro, personaggio contraddittorio ma estremamente efficace dal punto di vista mediatico. Quest’ultimo è nato nel villaggio di Zhaltichel, località situata nei monti Rodopi. Anche lui un pomaco, convertitosi al cristianesimo. Parecchi anni dopo la caduta del comunismo in Bulgaria, è diventato prete ortodosso.

Molti lo considerano un missionario che ha riportato i pomachi, dei monti Rodopi, in seno alla chiesa ortodossa. Nel 1990 Saraev ha creato il "Movimento per il Cristianesimo ed il Progresso Sveti Joan Predtecha", puntando sulla conversione dei musulmani locali al dogma orientale della Cristianità.

Padre Saraev visita in continuazione i villaggi di questa zona della Bulgaria, battezzando molti musulmani, insistendo sul fatto che sono discendenti di bulgari forzosamente convertiti ai tempi del "giogo turco".

Non sono pochi però ad avere seri dubbi sulle finalità del padre ortodosso. Vi è chi ne critica anche il cerimoniale adottato, definendolo esibizionista e commercialmente vantaggioso. Per altri Saraev starebbe abusando della sensibilità dei pomachi già sottoposti a varie discriminazioni: i loro nomi ad esempio sono stati più volte cambiati dallo Stato dopo il 1912 al tempo di quella che veniva chiamata la "reintegrazione bulgara dei Rodopi".

I critici di Padre Saraev sostengono inoltre che quest’ultimo era membro dei servizi segreti durante il regime comunista e che sotto la tunica nasconda "una pistola e la tessera del partito comunista". Ciò che Saraev non nasconde è di essersi diplomato nel 1985, nella Scuola di Simeonovo, specifica per gli ufficiali, impiegati del Ministero dell’Interno, e per quelli che poi sarebbero entrati nei servizi segreti.

Kardjali, la chiesa di padre Boyan Saraev

Ho incontrato padre Saraev nella chiesa "Uspenie Bogorodichno", dove officia il proprio rito, nel quartiere di Gledka a Kardjali (città nei Rodopi orientali). Qui vi è anche il nuovo monastero che sta costruendo dal 2003 anche grazie al sostegno di molte aziende bulgare che lo stanno sostenendo finanziariamente. Quello dove officia Saraev è un complesso abbastanza ricco, che attrae molti turisti dall’intera Bulgaria.

Non vi è chiarezza sul numero di conversioni da attribuire a padre Saraev. Secondo quest’ultimo il dato importante è però che "vi è un processo in corso, che va seguito, diretto ed incoraggiato". Perché? Secondo padre Saraev per contrastare un processo esattamente contrario, quello promosso dal Movimento per i Diritti e le Libertà (MRF, partito che rappresenta la comunità turca in Bulgaria) che "cerca di assimilare i bulgari maomettani (così padre Saraev chiama la comunità pomaka, ndr) e turchificarli, cioè farli diventare turchi."

Fobia islamizzazione

"Ci sono delle fondazioni islamiche che operano nell’intera catena dei Rodopi" insiste Saraev "sostengono attività illecite, anti-bulgare e anti-cristiane e tentano di turchificarle. Tutto questo è possibile perché in Bulgaria vige il disordine ed il caos legale e ciascuno può fare ciò che vuole".

Padre Saraev cavalca contemporaneamente due questioni care all’opinione pubblica bulgara. Da una parte i timori nei confronti dell’Islam (e gli è facile nel contesto della "guerra al terrore") e poi gioca sulla xenofobia nei confronti delle minoranze, in questo caso quella turca. L’utilizzare il termine "turchificare" come sinonimo di "islamizzare" è sintomatico di questo.

"Vi è il rischio che i Rodopi vengano completamente islamizzati, e che la regione divenga autonoma. Una condizione che aprirebbe la strada al ritorno della sovranità turca su quest’area geografica", continua Saraev enunciando una visione sulla geopolitica tutta strumentale al successo del suo messaggio "il partito turco (MFR) ed il suo leader Ahmed Dogan sono la quinta colonna dello stato turco".

Padre Saraev si sente inoltre portatore di progresso. "Chi tenta di innovare liberandosi dalla rigida sfera della religione islamica incontra opposizione e ostilità" afferma "la gente è obbligata a sottostare alla pressione degli Imam, dei rappresentanti del partito turco, e dei "mufti" dei Rodopi. Nei villaggi che si presume stiano per rompere con la tradizione islamica si concentrano i finanziamenti per attrarre i giovani ed i bambini nelle moschee".

Integrazione europea? Attraverso le conversioni

Secondo Saraev abbracciare i valori europei significa anche abbracciare il cristianesimo. E per questo il processo di integrazione con l’UE dovrebbe andare di pari passo con le conversioni. Saraev poi afferma che l’ortodossia è "la natura dei Bulgari" e che per questo dovrebbe essere adottata dallo Stato come religione ufficiale, trattata in modo differenziato dalle altre religioni e lo Stato dovrebbe intervenire anche finanziariamente a favore delle scuole ortodosse. Un’ultima cosa: la religione ortodossa dovrebbe divenire materia d’insegnamento obbligatorio presso le scuole statali.

Zlatograd, ci sono convertiti?

Zlatograd è una città nella parte meridionale della regione dei Monti Rodopi. 14.000 abitanti appartenenti alla comunità turca, pomaca e bulgara. Zaro Pehlivanov (55 anni, ex insegnante di storia), è proprietario di un piccolo café nel centro di Zlatograd. È un pomaco e tra le prime cose che sottolinea è che la sua famiglia ha subito più volte, dal 1912 il cambiamento dei nomi "12 volte hanno provato, dal 1912, a cambiare il nostro nome. E’ un insulto nei confronti della comunità musulmana della Bulgaria".

Secondo Zaro Zlatograd ha una buona tradizione di convivenza tra le varie comunità che la abitano. "Vi sono solo 4 o 5 famiglie nazionaliste, ma lo fanno perché sono dei perdenti e quindi vogliono approfittare dal punto di vista politico di un eventuale contrasto religioso".

"Ma qui in città" continua Zaro "vi è un livello culturale abbastanza elevato. Molti membri della comunità musulmana sono professionisti tra cui figurano giudici e procuratori. Non facili da manipolare. Diverso è in altre cittadine o nei villaggi". Poi Zaro si spiega meglio: "Ad esempio a Madan (cittadina a 26 km, ndt) vi sono 28 mahala (villaggi di 5-10 case, ndt) i cui abitanti si mettono in contatto con altre zone solo il venerdì quando scendono in città per gli acquisti. Queste persone hanno un livello di istruzione molto bassa e sono quindi più facilmente manipolabili. Secondo me le conversioni, soprattutto tra i giovani, sono un modo per contrapporsi alla comunità d’appartenenza, è una sorta di esibizionismo".

Entrando nella chiesa di "Uspenie na Presveta Bogoroditza", costruita nel 1834 durante la dominazione ottomana, il prete, anche lui un pomaco che ha convertito molti musulmani del posto, ci dà il benvenuto. Una cosa colpisce immediatamente. La maggior parte dei presenti sono donne. Tra loro anche qualche "convertita". Emilia originariamente si chiamava Meriam "Mi sono convertita al Cristianesimo 12 anni fa. Mio marito era musulmano. L’Islam è una religione asciutta. Non capisco l’adorazione nelle moschee, la mia dedizione all’islam era vuota di significati. Quando ho capito le parole del prete, ho deciso di convertirmi al Cristianesimo con tutto il mio cuore", afferma. Accanto a lei, un’altra "convertita: "Noi vogliamo essere cristiani in Europa" racconta "mi sono convertita per essere più moderna e meglio integrata socialmente".

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