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Montenegro-UE: l’inizio di un nuovo corso

Il Montenegro prosegue la strada verso Bruxelles. Dopo il rapporto positivo della Commissione europea, però, ci si aspetta che Podgorica, prima della decisione del Consiglio europeo di dicembre sulla data di avvio dei negoziati di adesione, faccia ulteriori sforzi

31/10/2011, Mustafa Canka - Ulcinj

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I funzionari montenegrini credono che il Paese sarà il primo della regione, dopo il sicuro ingresso della Croazia nell’estate 2013, ad entrare nell’UE. È il premio per tutto quanto è stato fatto meticolosamente  in passato per raggiungere gli standard europei, sostengono i funzionari di Podgorica.

"I meriti sono di Bruxelles"

Tuttavia, l’ex presidente del Montenegro Momir Bulatović afferma che i meriti per la data di avvio dei negoziati di adesione all’UE appartengono solo ed esclusivamente all’amministrazione di Bruxelles. “Se lasciamo da parte l’euforia, è facile notare che si tratta di un gesto di cortesia, cioè della loro buona volontà, permettere che una fase formale, sulla lunghissima strada per diventare  membro a pieno titolo, venga conclusa adesso”, aggiunge Bulatović. 

Il vicepremier montenegrino Duško Marković riconosce che l’UE ha chiuso un occhio su Podgorica, perché, precisa il vicepremier, per esempio non é stato fatto abbastanza nella lotta contro la corruzione. Mancanza emersa anche dal rapporto della Commissione europea, dove è stato valutato che il numero delle condanne, in particolare per i casi di corruzione ad alti livelli, rimane ancora piuttosto basso. Detto più semplicemente: il Montenegro fino ad ora  non ha avuto alcun caso Sanader. Questa unità di misura per l’avanzamento di uno Stato verso l’Unione è stata introdotta dopo l’esperienza croata, dove per corruzione sono stati arrestati l’ex capo del governo Ivo Sanader e il suo vice Damir Polančec.

Corruzione e criminalità: i due maggiori ostacoli

E sono proprio la corruzione e la criminalità organizzata il “tallone di Achille” dell’odierno Montenegro. È il motivo principale per cui, su insistenza di Bruxelles, è stato deciso di iniziare i negoziati fra Montenegro e UE dai capitoli 23 e 24, che si riferiscono alla riforma della magistratura e dello stato di diritto. Se si tiene presente che la Croazia ha chiuso questi capitoli per ultimi, allora ci si può aspettare che sin dall’inizio dei negoziati le istituzioni montenegrine saranno seriamente monitorate e sotto pressione. “Da ciò dipenderà la velocità di conclusione del processo negoziale. Il Montenegro dovrà dimostrare chiari e tangibili risultati nella lotta contro la criminalità organizzata e la corruzione”, afferma il direttore del Centro per il monitoraggio di Podgorica Zlatko Vujović.

Ma, almeno ufficialmente, i funzionari montenegrini concordano sul modello proposto. “Noi accogliamo questa soluzione e coincide con l’orientamento del nostro governo. Perché questa è la condizione della democrazia, la condizione di un sano sviluppo economico e dell’economia di mercato che sarà in grado di funzionare all’interno del mercato comune UE anche a livello mondiale”, ha detto la segretaria di Stato per l’integrazione europea Slavica Milačić, mentre il presidente montenegrino Filip Vujanović sottolinea che i negoziati saranno un forte stimolo per dinamizzare le riforme e la strada di questo paese verso l’UE.

Davanti a Podgorica, dunque, c’è una grande sfida che richiederà un serio sforzo politico per la “transizione europea” di questo Paese. Se fino ad ora è stato il “partner  preferito” di Bruxelles nella regione e la prova del successo della politica europea di allargamento, al Montenegro ora spetta la parte più dura del lavoro. Per iniziare, il governo montenegrino dovrà convincere le scettiche  Germania e Olanda di essere pronto a soddisfare tutte le richieste dell’UE. Motivo per cui il commissario europeo per l’Allargamento Štefan Füle ha dichiarato che il Montenegro non è alla fine ma all’inizio della nuova strada.

Basta ai politici intoccabili

Nonostante gli analisti si aspettino che il prossimo 9 dicembre, durante la seduta del Consiglio europeo, il Montenegro riceverà la data di avvio dei negoziati di adesione, Podgorica nei prossimi 40 giorni farà lobbying a Berlino e a L’Aja onde evitare qualche spiacevole sorpresa. “Per potersi trovare in una nuova posizione il governo montenegrino deve continuare col rinforzare lo stato di diritto e la lotta alla corruzione dove non possono esistere politici intoccabili”, ha precisato il delegato per il sud est Europa del Parlamento europeo Jelko Kacin.

Constatando che gli interessi dell’Unione e quelli del Montenegro coincidono, Momir Bulatović ritiene che comunque non ci si devono aspettare risultati spettacolari nel breve periodo. “Suppongo che la tattica dei negoziatori di Bruxelles sarà di tenere sotto pressione gli interlocutori montenegrini, finché resisteranno”, conclude l’ex presidente del Montenegro.

I timori di Đukanović

A quanto pare non resisteranno a lungo. L’euro-entusiasmo ha già iniziato ad abbandonare l’ex premier e leader del partito di maggioranza, Partito democratico dei socialisti (DPS), Milo Đukanović, il quale ha detto che “il suo partito non farà da vittima nel processo di integrazione”, ribadendo che “l’Unione ha di fronte a sé  un periodo di fondamentale consolidamento interno”. Nei circoli politici di Podgorica tutto ciò viene interpretato come un chiaro messaggio inviato al governo del premier Igor Lukšić di non correre verso l’UE.

Il direttore esecutivo del settimanale indipendente Monitor, Milka Tadić-Mijović, dice che le paure di Đukanović rispetto all’Unione sono comprensibili. “Đukanović ha imparato a guidare il Paese senza alcun controllo, ma se dovessimo essere parte dell’UE alcuni controlli andranno introdotti. Dall’altra parte, Đukanović è un monopolista, e i suoi monopoli cadranno con l’ingresso nell’UE.Così come i suoi business”, afferma la giornalista di Monitor , aggiungendo che ora è ormai tardi per prendere le distanze dall’UE.

D’altra parte, l’ultimo sondaggio sull’opinione pubblica ha dimostrato che in Montenegro è in calo il numero dei favorevoli all’adesione all’Unione europea. Ciononostante la percentuale resta pur sempre oltre il 60 percento.

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