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Mitrovica: una testimonianza

Simona Capocasale è un’operatrice dell’Associazione per la Pace, da più di un anno vive a Mitrovica. Ieri, assieme al collega Gianbattista Pace, si è trovata nel cuore degli scontri. Un’intervista di Osservatorio sui Balcani.

18/03/2004, Davide Sighele -

Mitrovica-una-testimonianza

OB: Ci descrivi la tua giornata di ieri?
Simona Capocasale: Verso le 10.30 e le 11 sono uscita da casa mia, a Mitrovica sud. Volevo vedere cosa stesse accadendo: avevo avuto la notizia della morte dei tre ragazzini albanesi affogati nel fiume Ibar. Sono arrivata sul ponte e già erano in corso lanci di pietre tra serbi ed albanesi e, da sud, vi erano tentativi di invasione del ponte; i serbi, sull’altro lato, avevano bloccato l’accesso e, quasi protetti dai tank delle Nazioni Unite, sembrava volessero scontrarsi con gli albanesi.
OB: Visti gli scontri cosa hai fatto?
SC: Ho poi attraversato il ponte pedonale che si trova leggermente più ad ovest del ponte principale controllato dai francesi e sono andata nella parte nord della città. In particolare nell’area chiamata "Le tre torri", tre edifici della parte nord dove abitano principalmente albanesi. Stranamente non era stato predisposto alcuna protezione da parte della KFOR, non c’era nemmeno un soldato.

OB: Certo un luogo molto a rischio …
SC: Appunto. Mi sembrava strano perché, come tra l’altro è poi puntualmente accaduto dopo qualche minuto, era prevedibile che i manifestanti serbi si sarebbero riversati nelle zone dove abitano gli albanesi a nord. La folla si è avvicinata alle "Tre torri" e sono iniziati lanci di pietre contro le finestre degli edifici. Poi spari e colpi di mitragliatore …
OB: Ti sei allora allontanata …
SC: Si, mi sono andata a rifugiare nella casa di nostri operatori nella parte nord di Mitrovica. Sono rimasta bloccata lì per tutta la giornata sino a questa mattina.
OB: Quali le loro reazioni?
SC: Sentivano molto la tensione nonostante agli incidenti siano quasi abituati, è una sorta di drammatica routine. Anche se una cosa di questo tipo non era mai accaduta soprattutto considerando quello che stava avvenendo in tutto il resto del Kossovo. Temevano scontri peggiori durante la notte e per la giornata di oggi. La madre di uno dei ragazzi che mi ospitava è uscita per comprare cose da mangiare. Inutilmente: tutti i negozi erano chiusi. Un vicino le ha però detto che i "guardiani del ponte" (n.d.r sorta di gruppo paramilitare che si occupa della sicurezza nella zona serba della città) stavano pattugliando tutta Mitrovica Nord e che non era il caso di mettere nemmeno la testa fuori casa. Inoltre si continuavano a sentire spari ovunque. I rischi erano evidenti. Dalla finestra si vedeva gente che correva per cercare un rifugio, camminava abbassandosi …
OB: E questa mattina? Com’è la situazione?
SC: Questa mattina la situazione sembrava relativamente tranquilla, per cui ci hanno dato la possibilità di attraversare il ponte pedonale protetto dalla KFOR ed abbiamo potuto rifugiarci nell’ex sede della Jugobanka, a Mitrovica sud, ora quartier generale delle Nazioni Unite. Qui sono state evacuate le varie ONG ed il personale internazionale.

OB: Ed ora, cosa pensate di fare?
SC: Siamo qui in attesa di quello che accadrà. Una mezz’ora fa sono ricominciate le manifestazioni ed i lanci di lacrimogeni. Si vociferava l’arrivo di autobus di albanesi da altre parti del Kossovo, ma non è una notizia confermata. Non si capirebbe infatti perché la KFOR permetterebbe ad autobus di manifestanti di raggiungere la città.

OB: Nel tuo lavoro sei molto a contatto con entrambe le comunità che vivono a Mitrovica. Ti aspettavi scontri così ingenti?
SC: Non ci si aspettava una recrudescenza della violenza così intensa. Come Assopace stavamo portando avanti un progetto di integrazione per i bambini. Paradossalmente ci sembrava che in questi ultimi tempi fosse più facile fare attività comuni tra i bambini delle varie comunità. Siamo riusciti a fare cose che non riuscivamo a fare pochi mesi fa. Era un momento positivo, seppur ancora ricco di problemi e contraddizioni … Non si poteva però certo parlare ancora di un Kossovo multietnico, ma c’erano dei piccoli spiragli. Quanto è successo ha invece fatto crollare ogni speranza.

OB: Hai avuto l’impressione che dietro a quanto accaduto ci fosse un’organizzazione, o siano manifestazioni spontanee causate dalla forte emotività suscitata dalla morte dei ragazzini albanesi?
SC: L’impressione è che non sia stata una cosa esclusivamente spontanea, basata sulla reazione a quanto era accaduto la notte precedente. Sembra piuttosto vi sia una certa organizzazione dietro a quanto è avvenuto. E’ difficile però dire se questo sia vero da entrambe le parti. Per quanto riguarda Mitrovica da parte serba sembra vi sia stata di più un’atteggiamento di reazione a quanto stava accadendo. Anche se i serbi erano senza dubbio preparati per reagire ed organizzati per rispondere ad un eventuale attacco.

NB: Dall’ufficio in Italia dell’Associazione per la Pace, abbiamo appreso nel frattempo che negli scontri di Mitrovica è andata distrutta l’automobile dell’associazione, ma i due operatori italiani ed i colleghi locali sono al sicuro.

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