Macedonia: proteste studentesche ricalcano le fazioni etno-politiche
Il cambio di nome ad una scuola ha innescato una forte protesta dagli accenti etnonazionalisti. Slogan e incitazioni all’odio etnico, non sono mancati gravi incidenti tra i manifestanti.
Gli scolari del villaggio di Shemshevo ed i loro genitori hanno bloccato la statale Skopje-Tetovo lo scorso mercoledì per protestare contro il cambio di nome della scuola elementare locale. La comunità albanese che risiede a Shemshevo, senza rispettare la procedura definita dal Ministero delle educazione ha sostituito al nome di Dame Gruev, rivoluzionario macedone durante il periodo dell’Impero Ottomano, quello di Jummi Jonuzi, un personaggio dal passato non condiviso da tutti. Jonuzi è stato un combattente partigiano durante la Seconda guerra mondiale ma, secondo alcuni storici, prima di arruolarsi tra i partigiani avrebbe fatto parte dei "Balli Combetar", una formazione paramilitare che combatté al fianco dei nazisti.
I macedoni che abitano a Shemshevo accusano la comunità albanese di aver iniziato una silenziosa ma sistematica opera di pulizia etnica. All’interno della quale sarebbe da inquadrare anche la piccola iniziativa sul cambio di nome della scuola elementare.
Solidarietà agli scolari ed ai genitori di Shemshevo è arrivata anche dall’Unione degli studenti delle superiori della Macedonia. Questi ultimi sono scesi in piazza a Skopje ed in molte altre città del paese. Gli studenti macedoni hanno anche protestato contro la richiesta dei colleghi albanesi che studiano nella scuola superiore "Zef Ljus Marku" di non essere costretti a seguire lezioni che si tengono in edifici separati ma di essere riuniti ed accorpati in un unico edificio. Gli studenti albanesi avrebbero minacciato "misure radicali" nel caso le loro richieste non venissero prese in considerazione.
Come avvenuto spesso da queste parti, le manifestazioni non si sono rivelate molto "civili". Gli studenti macedoni da una parte urlavano slogan duri ed aggressivi: "Morte agli albanesi". Solo l’intervento di alcuni passanti ha salvato dal linciaggio un albanese la cui unica colpa era di trovarsi nel luogo sbagliato al momento sbagliato.
Fatos Kruesi, leader dell’Unione degli studenti delle superiori albanesi "Lehtesimi", è stato rapito e pestato da sconosciuti il giorno delle proteste. Gli aggressori non solo gli hanno intimato di ritirare alcune richieste poste dalla sua associazione, ma gli hanno anche inciso con un coltello la lettera "L" sull’addome.
Più tardi i leader delle associazioni degli studenti macedoni ed albanesi si sono incontrati. Ammettendo che vi è stata "troppa politica nelle proteste" hanno deciso di attendere l’insediamento del nuovo Governo prima di avanzare le proprie richieste.
Come nota Katerina Blazevska in un editoriale pubblicato dal quotidiano "Dnevnik" dal titolo "Lottare la lotta di qualcun’altro", "… ieri gli studenti hanno combattuto la battaglia di qualcun’altro. Le loro proteste avrebbero dovuto riguardare migliori condizioni e standard del sistema educativo, nuove strutture ed aggiornamento dei materiali didattici. Ma non si può andare in questa direzione se ci si incancrenisce sui busti posti nei giardini delle scuole. I relitti dell’iconografia socialista dovrebbero finire sottoterra e tra questi anche il busto di Jonuzi. Questo è l’unico modo per uscire dalle trincee della divisione etnica che attualmente caratterizzano la Macedonia e che sono fondamentali per reclutare nuovi "adepti". Cosa hanno portato le proteste di ieri alla Macedonia? Si è solo creata un’atmosfera pericolosa ed elettrica e gli studenti pervasi da un sentimento che era un misto tra la voglia di marinare la scuola ed il desiderio di entrare nella storia della Macedonia. Ha visto gli studenti dividersi su base etnica e di appartenenza politica. Ha portato alla luce dei cloni minorenni di politici, famosi comandanti, quasi-patrioti".
Sulle proteste degli studenti è intervenuto anche il Comitato di Helsinki macedone che ha invitato tutti i partiti a non fomentare ulteriormente le tensioni nate durante le proteste della scorsa settimana. Il Comitato sottolinea che il cambio di nomi delle scuole che avviene non seguendo la procedura stabilita rischia di essere pericoloso ed è inaccettabile. "L’unica via verso la convivenza è il rispetto delle leggi e dello stato di diritto".
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