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Macedonia: l’elaborazione della guerra

Insegnanti albanesi e macedoni riscrivono insieme la storia del conflitto del 2001. Al termine del progetto un singolare manuale, con due versioni contrapposte e una congiunta, viene distribuito nelle scuole. Ma nel paese si scatena la polemica. E’ troppo presto?

03/03/2006, Redazione -

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Di Ivan Blazevski*, Skopje, per BIRN , Balkan Insight, 9 febbraio 2006 (titolo originale: "Macedonia: reworked history lessons cause storm")
Traduzione per Osservatorio sui Balcani: Carlo Dall’Asta

Skopje, Macedonia – Gli insegnanti di storia albanesi e macedoni hanno causato un’ondata di proteste dopo aver prodotto, lavorando insieme, un nuovo testo sul conflitto del 2001, che vide i guerriglieri di etnìa albanese combattere la polizia e l’esercito macedoni nelle aree del Nord e dell’Ovest del Paese.

Molti storici, esperti e politici hanno lamentato che è prematuro e controproducente cercare di definire un episodio così recente e divisorio. Temono che invece di creare armonia tra le due comunità etniche ciò riaccenderà le tensioni.

è un progetto che è stato sviluppato dal Centro per i diritti umani e la risoluzione dei conflitti, che opera all’interno dell’Istituto macedone per la ricerca sociologica, politica e giuridica. Il progetto è stato portato avanti in collaborazione con l’Helsinki Committee.

Assemblare questo capitolo di storia congiuntamente ha impegnato per un anno 25 insegnanti di 14 scuole secondarie macedoni e albanesi. Esso include le versioni nazionaliste, macedone e albanese, degli eventi, insieme a una terza alternativa, che mira a fornire una sintesi delle due opposte interpretazioni.

Gli autori sostengono che il progetto è essenzialmente uno sforzo di contrastare le versioni faziose della storia e di dare delle risposte alle legittime domande dei giovani.

Il conflitto, durato sei mesi, causò la morte di più di 100 persone nelle due parti. Si concluse con la firma di un accordo di pace proposto dall’Occidente, che introdusse emendamenti costituzionali che rafforzavano i diritti degli albanesi.

I guerriglieri albanesi dell’Esercito di liberazione nazionale sostenevano di combattere per ampliare i diritti della minoranza albanese, che costituisce il 25 per cento della popolazione.

Ma fino ad oggi, cinque anni dopo il cessate il fuoco, ci sono state poche analisi storiche definitive di quegli eventi, che hanno lasciato dietro di sè il peggior trauma nella storia recente della Macedonia. Molti macedoni accusano la popolazione albanese di nutrire pretese territoriali.

Per Dejan, uno studente delle scuole superiori di Skopje, questa versione degli eventi è assolutamente plausibile. "I terroristi albanesi incominciarono una guerra per occupare territori macedoni e annetterli al Kosovo o all’Albania," ha detto.

Seabete, all’opposto, ha detto che gli albanesi come lui "combatterono per ottenere maggiori diritti, che il governo non gli garantiva".

Mirjana Najcevska dell’Helsinki Committee di Macedonia ha detto che lo scopo prioritario del progetto di scrivere congiuntamente la storia era quello di riavvicinare la popolazione. Il progetto mirava a "superare le visioni unilaterali del conflitto proposte ai bambini nel recente passato, che li facevano diventare membri di distinte comunità etniche anziché cittadini della Macedonia".

Violeta Petrovska, professoressa macedone e responsabile del progetto, ha detto che gli insegnanti che hanno partecipato hanno utilizzato fin dove era possibile dati misurabili e verificabili. La pubblicazione non pretende di rimpiazzare una versione ufficiale dei fatti, ha continuato, ma è solo un tentativo di presentare i nudi fatti. "L’attuale tendenza in tutto il mondo è di fornire agli studenti i fatti", ha concluso, "di modo che possano trarne le loro conclusioni".

Skender Asani, un partecipante al progetto di etnìa albanese, ha detto che è stato solo un inizio. "Al principio le visioni dei partecipanti macedoni e albanesi erano diametralmente opposte", ha ricordato. "Poi abbiamo incominciato lentamente ad ammorbidire le nostre posizioni per costruire una descrizione dei fatti realistica e accettabile da entrambi".

Questo non ha soddisfatto gli scettici come Blaze Ristevski, a capo del dipartimento di Storia dell’Accademia macedone della scienza e delle arti. Egli ha dichiarato di rifiutare completamente il concetto che si possa arrivare a una storia condivisa attraverso gli accordi e il compromesso.

"Come scienziato, non posso pensare che la verità possa essere trovata attraverso questa specie di ‘partnership’", ha detto. "Tutto questo serve solo a gettare benzina sul fuoco che separa le due fazioni".

Ugualmente critico è Todor Cepreganov, direttore dell’Istituto storico nazionale. "L’uso di eufemismi come ‘conflitto armato’, al posto di guerra, rivela una tendenza a edulcorare la storia", ha detto. "Non ci può essere una versione radicale e una moderata. Questa non è storia", ha aggiunto.

Molti altri dicono che non è passato abbastanza tempo per potere giudicare lo scontro. Ljupco Jordanovski, portavoce del parlamento macedone, ha detto che non era possibile essere obiettivi su eventi tanto recenti perché "noi tutti vi abbiamo preso parte, direttamente o indirettamente".

Daut Dauti, un analista politico di etnìa albanese, è scettico per le stesse ragioni. "Il conflitto, in termini di storia intesa come scienza, ha avuto luogo letteralmente ieri", ha detto. Comunque Dauti ritiene che le due comunità dovrebbero "continuare a tentare", queste sono state le sue parole.

Vladimir Jovanovski, della rivista Forum, concorda. "L’idea di scrivere un’unica storia non dovrebbe essere respinta" ha detto. "Ma le ferite della guerra sono ancora fresche e dolorose".

Ma Petrovska ha detto che non esiste un "momento giusto" per incominciare una simile discussione. "Se noi non parliamo apertamente di questi argomenti dolorosi lasciamo spazio perché si creino delle versioni opposte, di diverso colore etnico, che ostacoleranno la definizione di una storia ufficiale", ha detto.

Anche Najcevska dell’Helsinki Committee, ha sostenuto che il momento era appropriato per avviare un simile progetto. "Gli studenti si attendono delle risposte, e con questo capitolo di storia noi offriamo agli insegnanti un aiuto per dargli delle risposte", ha detto.

"Questo potrebbe non essere il modo migliore per risolvere i nostri problemi, ma almeno è un tentativo", ha aggiunto.

Il materiale è già stato distribuito nelle scuole in cui alcuni dei partecipanti insegnano. Se esso verrà utilizzato, però, è un altra questione. "In certe scuole gli insegnanti hanno paura dei genitori", ha ammesso Najcevska. "Il problema non sono i bambini".

*Ivan Blazevski è giornalista per il quotidiano Vreme e collaboratore di Balkan Insight, testata web di BIRN

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