Macedonia: 4 anni dopo Ohrid
A quattro anni dalla fine del conflitto armato in Macedonia, siglato nell’agosto del 2001 con l’Accordo di Ohrid, non sono molti a celebrarne l’anniversario. Le posizioni di partiti e politici locali
La Macedonia segna il suo quarto anno dalla firma degli Accordi di Ohrid, l’accordo di pace che, nel 2001, pose fine al conflitto armato che minacciava di gettare il paese in una guerra etnica. Solo in pochi hanno celebrato questa data.
"Oggi, come quattro anni fa, sono egualmente convinto che con l’adozione di un accordo politico al posto della soluzione militare, abbiamo fatto la scelta giusta", ha riferito il presidente macedone Brako Crvenkovski durante la commemorazione dell’anniversario.
Secondo Crvenkovski, "Il fatto che la Macedonia sia un paese stabile, privo di serie minacce alla sua integrità territoriale, sovranità e carattere unitario, e ugualmente importante – un paese con chiare e tangibili prospettive euro-atlantiche – è la miglior conferma che essa ha preso la giusta direzione".
Il conflitto scoppiò all’inizio del 2001 e durò otto mesi prima che il fattore internazionale, mediante l’esercizio di una forte pressione e attraverso un’intensa attività diplomatica, portasse le parti al tavolo negoziale. Da parte macedone 60 persone persero la vita, mentre è tuttora sconosciuto il numero delle vittime albanesi. Benché confinata in termini di casualità umana (comparata con il resto dei conflitti nella ex Jugoslavia), la guerra causò un enorme danno materiale e una massiccia emigrazione forzata. Molti villaggi furono bruciati. Circa duemila persone, prevalentemente macedoni, fuggirono prima del conflitto, e ancora non hanno fatto ritorno alle proprie abitazioni.
L’Accordo di Ohrid modificò l’organizzazione costituzionale e politica del paese, cercando di garantire standard elevati per i diritti delle comunità di minoranza in Macedonia. Il principale strumento per questo fine è stato un intensivo processo di decentramento che ha devoluto a livello locale parecchie delle precedenti competenze del governo centrale. In questo senso l’Accordo di Ohrid provvede ad una migliore sistemazione delle differenze senza alterare il carattere unitario del paese. Il provvedimento più conosciuto dell’Accordo di Ohrid è che non ci possono essere soluzioni territoriali alla questione etnica.
La parte normativa dell’implementazione dell’Accordo, pertinente all’emanazione dei necessari provvedimenti legislativi, è stata dichiarata completata diversi mesi fa con l’introduzione della legge sull’uso delle bandiere delle minoranze. Lungo il suo corso, il processo normativo ha incontrato il suo maggior ostacolo lo scorso anno, quando l’opposizione sfidò in un referendum la controversa legge sui confini territoriali.
"Ci sono molti ostacoli" continua Crvenkovski nella sua dichiarazione, "ma il prezzo è incomparabilmente più basso di quello che avremmo dovuto pagare se avessimo accettato una sanguinosa guerra etnica… oggi, l’Accordo di Ohrid è un concetto ampiamente raggiunto… non è più un obiettivo, ma una realtà sociale".
"L’Accordo ha definitivamente raggiunto i suoi obiettivi", ha dichiarato il primo ministro Vlado Buckovski all’agenzia stampa statale MIA. "Sarebbe stato anche meglio se lo avessimo implementato più velocemente, sin da quando è diventato chiaro che i messaggi che provenivano dalla comunità internazionale – che la strada della Macedonia verso Bruxelles passa da Ohrid – si sono dimostrati essere una realtà".
Non tutti hanno condiviso le dichiarazioni del governo sull’accordo di pace e sulla sua implementazione.
Il portavoce del principale partito macedone di opposizione, VMRO-DPMNE, Aleksandar Bicikliski, ha detto che "Nell’ottica di raggiungere completamente gli obiettivi dell’Accordo, ciò che deve essere implementato al più presto è il ritorno degli sfollati, una completa consegna delle armi e la fedeltà al paese". La VMRO vuole che gli albanesi mostrino di essere fedeli allo stato comune, piuttosto che avanzare continuamente nuove richieste.
L’ala destra, la VMRO-Narodna, fazione staccatasi dalla VMRO-DPMNE, guidata dall’ex primo ministro Ljubco Georgievski, che fu uno dei firmatari dell’accordo di pace, è convenuta nelle parole del suo presidente, Vesna Janevska, che "La costituzione dell’Università di Tetovo, la legalizzazione della bandiera albanese (quale simbolo della comunità albanese in Macedonia), e la recente richiesta di creare la figura di un vice-presidente (che per definizione sarebbe albanese), esula dagli Accordi di Ohrid".
I leader del blocco albanese affermano che il processo di promozione delle loro posizioni non può essere una volta per tutte finalizzato agli eventi.
Riferendosi ai quattro anni trascorsi dall’Accordo di Ohrid, il leader del partito albanese di governo, la Lega democratica per l’integrazione (DUI), ed ex leader della guerriglia albanese, Ali Ahmeti ha detto: "La gente che lavora non può essere sempre compiaciuta con ciò che ha fatto. Noi cerchiamo di portare dei nuovi contenuti".
La DUI è l’unico partito politico del paese che ha regolarmente celebrato l’anniversario dell’Accordo di Ohrid. I leader del blocco macedone hanno mancato regolarmente di farsi vedere alle celebrazioni. I rappresentanti stranieri in Macedonia hanno gradatamente incrementato la loro presenza col passare degli anni.
Questo fatto è in sé un indicatore delle differenti interpretazioni dell’Accordo di Ohrid. I macedoni lo percepiscono prevalentemente come una sconfitta (qualsiasi cosa sentano di aver perso con esso), gli albanesi hanno sentimenti misti – lo apprezzano come un passo in avanti ma lamentano la sua lenta implementazione. Infine, i sentimenti dipendono anche dal versante politico cui si appartiene: governo o opposizione.
"Negli ultimi quattro anni un frammento dell’accordo è stato riempito con elementi che non sono in linea col suo spirito", ha detto Iljaz Halimi, vice presidente del DPA, Partito democratico degli albanesi, che fu tra i firmatari dell’accordo nell’estate del 2001, e che ora è nelle file dell’opposizione.
"La richiesta dell’uso ufficiale della lingua albanese, la decentralizzazione, la nuova divisione territoriale, la rappresentanza proporzionale degli albanesi nella pubblica amministrazione, e l’amnistia, sono un vero disastro. Il versante macedone fa in modo di riportare il sistema delle vecchie relazioni e la DUI mostra un’incomprensibile cooperazione", ha aggiunto Halimi.
Il presidente dell’altro partito di opposizione degli albanesi, PDP, Abduladi Vejseli condivide il discorso di un continuo aggiornamento delle posizioni degli albanesi nel paese: "La costituzione non è la sacra scrittura e noi dobbiamo continuamente adattarla alla realtà e alle specificità. C’è la necessità di ulteriori emendamenti e di aggiornamenti".
Secondo Ljubomir Frckovski, uno degli analisti politici di punta e uno degli esperti che stilò la bozza dell’Accordo di Ohrid, il costante ampliamento dell’accordo, attraverso continue richieste da parte albanese, è motivo di frustrazione da parte macedone.
Il professor Denko Malevski, ex ambasciatore macedone presso l’ONU, vede questo processo come la normale dolorosa nascita di una genuina società multietnica. "Prima realizzeremo ciò, prima eviteremo l’apatia di massa che ha ingolfato i macedoni", ha commentato per il giornale elettronico Ttransitions Online.
Il defunto presidente Boris Trajkovski, che sponsorizzò il processo di pace che condusse all’Accordo di Ohrid, descrisse l’accordo, durante l’anniversario del secondo anno (2003) come "un essenziale contratto europeo che chiude le possibilità di soluzioni territoriali alternative sulla questione etnica e fornisce un carattere unitario e multiculturale alla Macedonia, che porterà eventualmente il paese in Europa".
Fino a quel giorno, e oltre, speriamo in altri anniversari, anche se saranno spiacevoli e tetri.
vedi anche:
CRONOLOGIA DELLA CRISI ALBANO-MACEDONE (gennaio-ottobre 2001)
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