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Macedonia, annullato il censimento

In Macedonia, il censimento previsto per il mese di ottobre è ufficialmente stato annullato. Alla base del fiasco tensioni tra i due maggiori partner di governo, il VMRO del premier Nikola Gruevski e la DUI di Ali Ahmeti, ma soprattutto il fatto che, conoscere il numero dei cittadini (e il peso delle comunità etniche) è una questione delicata e politicizzata

19/10/2011, Risto Karajkov - Skopje

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Non si allentano in Macedonia le reazioni da parte dell’opposizione ad una settimana dal fallito censimento della popolazione. I funzionari del principale partito di opposizione, i socialdemocratici dello SDSM, hanno invitato i membri del governo guidato da Nikola Gruevski a restituire personalmente i circa 14 milioni di euro sprecati per la pasticciata operazione statistica.

Il censimento, che ha avuto inizio il primo ottobre, è stato interrotto quando l’11 dello stesso mese, quattro giorni prima della data di completamento prevista, si è dimessa la  Commissione Statale per il Censimento (SCC). Secondo il succinto comunicato stampa che invitava tutti gli operatori a cessare i lavori, il censimento è stato sospeso a causa delle diverse interpretazioni della metodologia di rilevamento sul campo, che non poteva garantire dati significativi.
 
Se il governo cerca di minimizzare, l’opposizione insiste sulla responsabilità politica del fiasco e sui relativi danni finanziari. I socialdemocratici hanno chiesto ad ogni funzionario del governo di rimborsare 16mila euro, per restituire i 14 milioni sprecati.

Un problema politico

Il problema è essenzialmente etnico-politico: la fazione politica albanese insiste su una metodologia di censimento che assicuri il conteggio degli emigranti albanesi, molti dei quali non tornano in Macedonia da anni. Ma per la metodologia Eurostat, chi è all’estero da più di 12 mesi non viene conteggiato. Sul campo, questo ha generato il caos. Gli albanesi hanno cercato di massimizzare i loro numeri, i macedoni anche, e presto il processo è arrivato ad un punto morto.

Le difficoltà erano evidenti anche prima che l’operazione iniziasse. A poche ore dall’inizio previsto, l’avvio effettivo non era ancora certo. La mancanza di un chiaro consenso politico, fattore principale del fallimento, ha creato un incubo organizzativo. Al momento dell’interruzione, il censimento era a malapena iniziato in intere regioni della Macedonia.

Tensioni Gruevski-Ahmeti

Spreco di risorse a parte, il fiasco è soprattutto politico e potrebbe essere un segno di precoce rottura nella vecchia-nuova coalizione di governo tra il VMRO-DPMNE del primo ministro Nikola Gruevski e l’Unione Democratica per l’Integrazione (DUI) di Ali Ahmeti. Le elezioni-lampo del 5 giugno sono state in buona misura legate alle tensioni nella coalizione.

Nel periodo precedente le elezioni, la partnership si stava evidentemente disintegrando. Gruevski è andato alle urne, oltre che per schiacciare il rivale socialdemocratico Branko Crvenkovski ed estendere il suo mandato, con l’idea che l’esito del voto avrebbe potuto produrre una nuova coalizione di governo. Questo è poi effettivamente accaduto, ma a scapito del VMRO, che ha perso seggi in parlamento mentre il DUI ha acquistato nuovo peso nel governo.

Ora Ahmeti ha chiaramente un potere negoziale più forte e vuole maggiore influenza. Il censimento è stato un chiaro segno che i partner di governo non avevano un accordo specifico sul conteggio della popolazione. Avevano un accordo sul procedere con il censimento, ma a quanto pare sono inciampati sui dettagli. Qualunque sia la giustificazione, la decisione di sospendere il censimento è stata politica. Se ci fosse stato il sostegno e la volontà dei partiti, le questioni organizzative sarebbero state risolte.

Rimane da vedere se questa prima scaramuccia avrà effetti duraturi sulla coalizione di governo appena entrata in carica. Il primo istinto, da entrambe le parti, è stato quello di minimizzare. Gruevski non ha rilasciato dichiarazioni, mentre Ahmeti ha appoggiato le dimissioni della Commissione. Altri esponenti DUI hanno definito il rinvio del censimento un problema minore. Il governo ha sottoposto al parlamento l’interruzione dell’operazione, approvata a stretto margine dopo un acceso dibattito e il boicottaggio dell’opposizione.

Macedonia, una questione di numeri

Nella settimana dal censimento fallito, il VMRO ha presentato lo stop al censimento come un grande atto di patriottismo. Rifiutando di fare il conteggio come presumibilmente volevano gli albanesi, avrebbe salvaguardato l’interesse nazionale dell’etnia macedone. Ha inoltre accusato i socialdemocratici di avere permesso con Crvenkovski, nell’ultimo censimento del 2002 (poco dopo la fine del conflitto), un conteggio eccessivo degli albanesi nel Paese, affermando che la comunità albanese sarebbe inferiore al 25%. Alcuni analisti hanno però confutato questa tesi facendo riferimento a dati provenienti da censimenti precedenti.

Dopo il conflitto etnico del 2001, l’accordo quadro di Ohrid che poneva fine alla guerra ha legato i diritti collettivi per le comunità etniche alla loro quota nella popolazione totale, con concessioni importanti legate ad una soglia del 20%. Questo aggrava ulteriormente la tensione, ma il censimento è sempre stato altamente politicizzato. Dopo il censimento del 2002, ci sono voluti mesi di attesa prima che i risultati fossero finalmente rilasciati. I censimenti  condotti negli anni ’90 sono stati problematici. Il censimento condotto nel 1991 è stato boicottato dagli albanesi ed è stato ripetuto nel 1994, con risultati apparentemente migliori, anche se commenti occasionali sostengono che anche quello ha sofferto i flussi etnico-politici.

I sociologi anelano ad un censimento che porti dati nuovi e freschi su una serie di aspetti della realtà sociale in un Paese in cui mancano dati validi su molte importanti questioni. A parte loro, tutti gli altri sembrano solo interessati a contare le proprie fila. Perché per le comunità etniche della Macedonia, oggi contare politicamente è soprattutto una questione di numeri.

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