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Lost birds

E’ il primo film prodotto in Turchia sul genocidio armeno. Abbiamo incontrato i suoi due registi, Ela Alyamac e Aren Perdeci

14/08/2015, Simone Zoppellaro - Yerevan

Lost-birds

Come avete iniziato a collaborare, e quando è nata la prima idea del film?

Ela: Ci siamo incontrati dopo che i nostri film d’esordio sono stati presentati in un festival in Ungheria. Aren mi ha raccontato che voleva scrivere una sceneggiatura su due fratelli abbandonati nel 1915. Ne rimasi colpita perché mi piaceva l’idea di raccontare la storia dagli occhi di un fratello e una sorella.

Aren: Il nostro viaggio è iniziato scrivendo la sceneggiatura. Abbiamo lavorato molto duramente per realizzare questa storia, per fare in modo che la gente non solo guardasse un film ma vivesse uno spaccato di vita di un tempo perduto. Abbiamo lavorato cinque anni per fare il film. Abbiamo trascorso un anno a fare ricerche, un anno a scrivere la sceneggiatura, due anni in preproduzione, 30 giorni di riprese e un anno di post-produzione.

Ela: Siamo molto orgogliosi del nostro film e di quello che siamo stati in grado di fare.

Potete presentarci il vostro film, Lost Birds? Qual è la storia?

Aren:

‘Lost Birds’ parla di due fratelli e di un uccello in gabbia, il loro viaggio alla ricerca della madre e la loro lotta per stare insieme.

Ela: La nostra storia inizia il giorno prima di Pasqua, nel 1915, in un villaggio armeno in Anatolia. Lì incontriamo Bedo e Maryam, due fratelli, con un vero talento per cacciarsi nei guai. Anche se loro padre è in guerra, sono bambini felici che trascorrono le loro giornate nei boschi e giocano nella loro colombaia segreta. Un giorno, i bambini salvano la vita di un uccello azzurro ferito e lo chiamano ‘Bachig’. La felice vita familiare dei bambini è interrotta quando l’uomo di casa, il loro nonno, viene portato via dai soldati. Nonostante fosse stato loro vietato di andare fuori dalla madre, i bambini corrono via una mattina per controllare come sta il loro uccello. Quando ritornano, trovano la casa vuota, proprio come il villaggio, che si è trasformata in una città fantasma. Bedo e Maryam intraprendono allora un viaggio alla ricerca di loro madre, insieme al loro uccello Bachig.

Come avete trovato i vostri piccoli protagonisti, Bedo e Maryam?

Aren: Abbiamo fatto provini a 520 bambini provenienti da tutta la Turchia. Abbiamo trovato Dila Uluca e Heros Agopyan grazie a questa ricerca. Poi per un anno, ogni sabato, ci siamo trovati con i bambini e abbiamo provato e recitato tutte le scene insieme, io, Ela, Heros e Dila.

Ela: Si sono conosciuti a vicenda e sono diventati come fratello e sorella. È stato molto dolce. La Maryam originale che avevamo previsto era più vecchia di Bedo ma Dila era così perfetta che abbiamo cambiato la sceneggiatura e abbiamo reso il personaggio più giovane. Era Maryam, non aveva bisogno di recitare, doveva solo essere naturale. Bedo doveva essere un po’ malandrino, ma anche avere un fondo di tenerezza nell’anima, e Heros ha catturato quella sensazione perfettamente.

Aren: Prima di girare abbiamo portato i nostri attori nella location originale e abbiamo provato tutte le scene con gli arredi e gli oggetti reali, e tutti gli elementi autentici presenti.

Il vostro film viene definito come una “favola anatolica”. Come interagiscono storia e finzione nel vostro lavoro?

I registi, Ela Alyamac e Aren Perdeci

I registi, Ela Alyamac e Aren Perdeci

Aren: Abbiamo scelto un grande tema storico e ci siamo concentrati su due bambini. Il pubblico sperimenta tutto attraverso i loro occhi: la Pasqua, le reazioni degli abitanti del villaggio alla notizia della confisca dei loro passaporti, loro nonno che viene preso e portato via dai soldati in quanto capo della comunità, loro che sentono dire che tutti gli uomini del villaggio vengono deportati, e infine il loro ritorno in una casa vuota e in un villaggio deserto.

Ela: Poi li seguono nella loro esperienza in un orfanotrofio che è gestito da una missionaria della Svizzera tedesca. Tutte queste cose, ma non solo, sono state scritte basandosi su fatti storici, ma poiché le sperimentiamo con gli occhi di Bedo e Maryam – che sono stati abbandonati durante l’esilio, e che hanno un loro mondo a parte – noi viviamo tutto in un’atmosfera da favola. La storia di Bedo e Maryam che perdono la loro famiglia da un giorno all’altro richiama quella di migliaia di orfani armeni. In ‘Lost Birds’ siamo stati in grado di catturare qualcosa di reale e di magico insieme.

Come avete lavorato alla ricostruzione del mondo ottomano in cui questi tragici eventi hanno avuto luogo? Ho letto che avete anche collaborato con due consulenti, Vahe Tachjian e Yetvart Tomasyan.

Aren: Anche se avevamo letto tutti i libri e fatto le nostre ricerche, sentivamo che avevamo bisogno di un consulente storico che controllasse tutti i minimi dettagli, dalle forchette e i coltelli ai bottoni dei costumi, fino all’intero design di produzione.

Abbiamo incontrato Vahe Tachjian, che è di Berlino. È un esperto sulla vita del villaggi armeni durante l’Impero ottomano. Quando lo abbiamo incontrato gli abbiamo mostrato tutte le nostre ricerche, ne è rimasto molto colpito e impressionato, e ha detto che gli sarebbe piaciuto lavorare con noi.

Abbiamo collaborato inoltre con Yetvart Tomasyan, che è di Istanbul ed è il proprietario di una casa editrice armena chiamata Aras Publishing. Conosceva a memoria tutti i retroscena del passato culturale dell’Anatolia. Quindi, le informazioni si sono composte in un tutto.

Vahe Tachjian è venuto sul nostro set e ha controllato ogni cosa.

Durante il nostro sopralluogo, più guardavamo la location originaria più scoprivamo che ogni chiesa rimasta, ogni piazza del villaggio e ogni casa armena erano in pessime condizioni e impossibili da usare nel film. Tutte le chiese sono state saccheggiate da cacciatori di tesori in cerca di oro. Ma abbiamo fotografato tutto quello che abbiamo visto e abbiamo preso nota dei dettagli della progettazione architettonica, delle strutture, di porte, finestre e persiane, camini…

Ela: Abbiamo ricreato la piazza del villaggio armeno ottomano, il bar, la chiesa, il mercato e i negozi dalle immagini nei nostri archivi. Molti operai e artigiani hanno lavorato giorno e notte, in mezzo alla neve e alla pioggia per finire tutto in tempo. Abbiamo ricavato tutto il legno autentico per le strutture dai vecchi binari del treno. Una volta terminata la costruzione, abbiamo iniziato a decorare tutti i negozi e la piazza del paese e per farlo sembrare come un luogo ancora abitato e in vita.

Trovare le case di Bedo e Maryam è stata la cosa più difficile. Dopo averne viste molte, abbiamo finalmente trovato quella giusta. Era una casa fatta nel 1890 e l’abbiamo riportata al suo antico splendore. Dal camino alla porta, abbiamo confrontato il tutto con le foto che avevamo raccolto nel nostro archivio.

Un altro compito delicato per il design di produzione era l’orfanotrofio. Abbiamo trasformato un edificio scolastico abbandonato nel 1870 in un orfanotrofio in funzione.

La decorazione della casa è stata una sfida. I mobili sono stati costruiti appositamente per l’epoca. Per gestire le decorazioni, le abbiamo divise in tre parti: il materiale e le decorazioni che abbiamo portato da Istanbul, le decorazioni che abbiamo trovato nei negozi di antiquariato in Cappadocia e l’arredamento che abbiamo creato ad hoc.

Ogni dettaglio, dal pizzo delle tovaglie alla biancheria da letto, dal cavallo di legno di Bedo fino alla macchina fotografica d’epoca usata nella scena del picnic, sono stati raccolti dopo un attento processo di selezione. Tutti i tappeti utilizzati nel film sono tipici dalla regione e dell’epoca del film.

Il film è stato realizzato con il sostegno della Direzione generale per il cinema del ministero della Cultura della Turchia. Considerando il tema sensibile, avete avuto difficoltà a ricevere finanziamenti?

Ela: Crediamo che sia molto importante per il nostro paese il fatto che abbiamo raccontato questa storia.

Aren: La cosa più importante per noi era l’approvazione dal fondo per il cinema del ministero della cultura, perché volevamo girare il film con i veri discendenti degli armeni ottomani, nei luoghi dell’Anatolia dove i fatti raccontati nella storia hanno avuto luogo.

Ela: Abbiamo ricevuto solo un piccolo finanziamento che avevamo chiesto, perché per noi il riconoscimento era più importante del denaro. Per noi realizzare questo film al di fuori dall’Anatolia con attori stranieri era fuori discussione.

Aren: Durante il film abbiamo visto molti vantaggi nella nostra scelta degli attori, perché erano cresciuti con queste storie e conoscevano ogni cosa a memoria. Non avevano bisogno di recitare, ci ha fatto vivere la realtà con ogni sguardo e ogni piccolo dettaglio e abbiamo avuto il privilagio di catturarli.

Ora una domanda per Aren. Ci puoi parlare del tuo background di armeno di Turchia? Ho letto che sei cresciuto a Istanbul. Che ruolo ha avuto la tua identità armena nella tua formazione?

Sono un discendente diretto degli armeni ottomani. I miei parenti da parte di padre sono armeni di Bursa e da parte di mia madre, invece, armeni di Konya. Mio bisnonno Armenak Avakyan fu portato via da Konya nel 1915 e non ha mai fatto ritorno. Abbiamo usato una fotografia del suo matrimonio nel film.

Sono nato e cresciuto a Istanbul. Sono andato a una scuola francese e poi a una turca, sempre in questa città. Così, ho avuto un’educazione turca e francese. A casa mia sono stato cresciuto da mia nonna, mia madre e mio padre, e da loro ho imparato le tradizioni. Della questione del 1915 non si è mai parlato in casa mia e su di essa si teneva il massimo riserbo. Dopo che abbiamo deciso di scrivere questa sceneggiatura, la prima cosa che mia madre mi ha raccontato era la storia triste di Armenak e di come la sua famiglia si è trasferita a Istanbul perché hanno dovuto rinunciare alla loro bella casa a Konya, che è stata utilizzata come quartier generale dai militari, e di come siano sopravvissuti solo grazie a questa rinuncia.

Credo che il fatto che un film sul genocidio armeno esca in Turchia nell’anno del centenario rappresenti un segno importante per la pace. Qual è la vostra speranza per il futuro?

Aren: Vogliamo che la gente veda ‘Lost Birds’ nel 100° anniversario del 1915. Questa è la prima volta che un film su questa tragedia viene realizzato in Turchia. La nostra speranza è che il film venga proiettato in tutto il mondo.

Ela: Questo film è stato reso possibile grazie all’aiuto di molti armeni che vivono in Turchia, tutti discendenti di orfani del 1915. Crediamo che ‘Lost Birds’ aiuterà le persone a condividere e discutere le loro storie dopo aver guardato il film, e costituirà un ponte tra la gente che una volta viveva in armonia in questa terra.

Aren: Questo film non può cambiare il fatto che questa tragedia abbia avuto luogo, ma può aiutare a capirci meglio l’un l’altro e a guardare al futuro con speranza.

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