Liberati ostaggi macedoni in Iraq
La scorsa settimana due cittadini macedoni erano stati rapiti nei pressi di Bassora, in Iraq, dove lavoravano per la multinazionale Ecolog, al servizio dell’esercito britannico. A distanza di pochi giorni sono stati rilasciati, dopo che la compagnia ha versato il riscatto richiesto
Due cittadini macedoni, sequestrati la scorsa settimana vicino a Bassora e tenuti in ostaggio, sono stati rilasciati lunedì 20 febbraio dopo il pagamento di un riscatto.
Faruk Ademi e Rasim Ramadani erano stati rapiti la mattina del 16 febbraio vicino a Bassora, dove lavoravano per Ecolog, una multinazionale che lavora per l’esercito britannico.
Il Maggiore Peter Cripps, portavoce delle forze inglesi a Bassora, aveva confermato il sequestro, "E’ accaduto vicino a Bassora. La polizia irachena è informata dell’accaduto e sta investigando" ha detto.
Secondo Cripps, i due erano assieme ad un altro collega al momento del rapimento, una donna tedesca. Mentre loro sono stati tenuti in ostaggio, la donna era stata liberata per consegnare la richiesta di riscatto.
Da quel che si dice i cittadini macedoni sono stati catturati da un noto gruppo criminale che effettua sequestri con riscatto come attività regolare.
Rasim Ramadani, originario di Mala Recica vicino a Tetovo, lavorava con Ecolog come ispettore di qualità all’aeroporto di Bassora da un anno e quattro mesi. Faruk Ademi, da poco al servizio della compagnia, lavorava nello stesso luogo, alla logistica dell’aeroporto.
Immediatamente dopo il sequestro, alti funzionari di Ecolog hanno incominciato le negoziazioni con i rapitori, che si sono concluse positivamente con il rilascio degli ostaggi 5 giorni dopo. Secondo fonti non ufficiali, il riscatto pagato sarebbe di un milione di dollari, ma la somma non è stata confermata. Nel 2005 Ecolog ha già avuto 4 casi di liberazioni di personale sequestrato.
La compagnia è da lungo tempo un appaltatore per i servizi logistici dell’esercito britannico. Ha una società controllata a Tetovo, Macedonia, che effettua regolarmente attività di reclutamento per le operazioni di Ecolog in Iraq.
In Iraq lavorerebbero circa 1.000 cittadini macedoni, la maggior parte dei quali con Ecolog. Ricevono un salario medio di 1.500 Euro. La maggior parte dei macedoni che lavorano in Iraq sono di fede mussulmana, il che è considerato un grande vantaggio in caso di rapimento.
Si dice che l’anno scorso Ecolog abbia avuto un altro rapimento di un suo lavoratore macedone. Il caso si sarebbe risolto velocemente tramite il riscatto senza che i media lo venissero a sapere. Secondo quanto dicono altri cittadini macedoni che lavorano in Iraq, ci sarebbero stati un certo numero di casi l’anno scorso di macedoni presi e successivamente rilasciati, dopo essere stati riconosciuti come fedeli mussulmani.
Il governo macedone aveva avuto notizie dell’accaduto già nei giorni scorsi, ma non ha informato i media, finché la notizia non è stata diffusa dalla stampa internazionale.
"Il governo era stato informato del rapimento e sono state prese tutte le misure necessarie", ha affermato inizialmente Agim Jonuz, portavoce del governo.
Secondo il ministero degli Esteri, era stato chiesto al governo di tenere i media lontani finché le negoziazioni per il rilascio degli ostaggi erano in corso.
Il governo non era coinvolto operativamente nel caso. Si dice che lo abbia lasciato ai funzionari di Ecolog, dato che questi avevano avuto precedenti esperienze di questo tipo.
La stampa macedone ha ipotizzato che il governo non sarebbe stato disponibile a pagare il riscatto se richiesto.
"Il governo sta lavorando con i nostri partner in Iraq, con le autorità irachene, con le forze britanniche nella regione di Bassora che controllano la zona, così come con la compagnia che è in contatto con i sequestratori. La compagnia, non il governo, sta dirigendo i negoziati. Faremo tutto quello che è in nostro potere. Non ci è stato chiesto denaro, ma ho detto che faremo tutto quello che possiamo per salvare le vite dei nostri cittadini. Traete le vostre conclusioni" aveva risposto Emil Kirjaz, Segretario di Stato del ministero degli Esteri, alle domande sul possibile pagamento del riscatto da parte del governo.
Le famiglie degli ostaggi sono rimaste in ansia fino a lunedì mattina quando hanno avuto notizia del rilascio.
"Ho ricevuto una telefonata questa mattina alle 5.30 dal proprietario di Ecolog a Tetovo, Nazif Destani. Mi ha detto che mio figlio era stato liberato. Poi ho parlato per 15 minuti con mio figlio; mi ha detto che stava bene e che non erano stati maltrattati", ha detto, chiaramente emozionato, Sheref Ademi, padre di Faruk.
Un rappresentante di Ecolog, Luan Tresi, ha affermato che entrambi gli ostaggi stanno bene e che presto sarebbero stati trasferiti a Skopje, con un volo privato della compagnia. "La vicenda si è risolta con successo. Ora non vediamo l’ora di riportarli alle loro famiglie".
Il Segretario di Stato Kirjaz ha ringraziato le autorità in Iraq, le forze internazionali e i rappresentanti di Ecolog per la loro collaborazione.
"Entrambi sono in un posto sicuro e presto ritorneranno in Macedonia", ha affermato Kirjaz, "Nell’interesse della sicurezza di altri concittadini, che sono in Iraq per loro iniziativa e a loro rischio, il ministero degli Esteri non riporterà alcun dettaglio riguardante il rilascio".
Kirjaz reitera l’avvertimento generale del ministro degli Esteri macedone: "A causa della situazione di sicurezza in Iraq, si invitano i cittadini macedoni a non viaggiare o soggiornare in quel paese".
In questo caso il dramma è stato breve e si è concluso positivamente, evidentemente grazie all’atteggiamento sensibile del datore di lavoro degli ostaggi.
Nel 2004, tre cittadini macedoni di Kumanovo sono stati rapiti in Iraq. Dalibor Lazarevski, Dragan Markovic, e Zoran Naskovski sono stati i primi macedoni sequestrati in Iraq. La loro morte è stata confermata ufficialmente da una squadra governativa di esperti dopo l’analisi della registrazione video di un’esecuzione ottenuta da Al Jazeera.
Secondo la squadra del governo, che ha analizzato la registrazione nella sede di Al Jazeera in Qatar, l’identità delle vittime si è potuta accertare dai loro abiti. I loro corpi non sono ancora stati ritrovati.
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