Lesson learned: Movimondo in Kossovo
Quadro storico e situazione al momento dell’intervento.
Il Kossovo è una delle due provincie autonome della Repubblica Serba.
Questo status le venne riconosciuto dalle modifiche alla Costituzione jugoslava approvate nel 1974; modifiche che tuttavia, non furono sufficienti per placare le spinte indipendentiste della maggioranza di etnia albanese della popolazione e che sfociarono, a partire dal 1981, in importanti manifestazioni contro Belgrado.
Il governo centrale reagì con misure sempre più repressive che, con l’elezione di Slobodan Milosevic alla presidenza, si trasformarono in anni di dura repressione, nel progressivo allontanamento degli albanesi da ogni livello dell’amministrazione pubblica e nella revoca dell’autonomia concessa nel 1974.
I kossovari, guidati dal loro leader Ibrahim Rugova, reagirono attraverso una serie di proteste nonviolente nel tentativo di delegittimare l’autorità serba. Questa tecnica tuttavia, causò progressivamente malcontento nella parte della popolazione albanese più estremista che lentamente si organizzò in vere e proprie formazioni armate che presero il nome di Uck.
Le risposte della polizia e dei paramilitari serbi alle azioni sempre più frequenti dell’Uck non si fecero attendere in un crescendo via via sempre più violento della tensione.
Dopo diversi tentativi, tutti falliti, da parte della comunità internazionale di portare le parti ad una soluzione concordata e pacifica; l’aggravarsi della crisi, l’intensificarsi della pulizia etnica da parte serba con centinaia di migliaia di sfollati e rifugiati che si riversarono su Macedonia, Albania e Montenegro portò la Comunità stessa ad optare per un’azione di forza nel tentativo di fermare la repressione serba. Dopo tre mesi di bombardamenti sulla RFJ Milosevic accettò di far ritirare la polizia e l’esercito serbo dal Kossovo.
La successiva occupazione della KFOR e l’avvio di una missione civile ONU (UNMIK) hanno trasformato la regione, formalmente ancora parte integrante della Serbia, in un protettorato internazionale. Questo ha permesso alle migliaia di sfollati di rientrare nel paese e tuttavia, la presenza internazionale non è stata in grado di difendere le minoranze serba, rom-zigana e mussulmana slava vittime di una contro pulizia etnica da parte albanese. Secondo stime dell’UNHCR sono più di 200.000 i serbi ed altri non albanesi che hanno dovuto abbandonare il Kossovo; si trovano ora in prevalenza sfollati in Serbia e Montenegro. Una minima parte di queste minoranze vive tuttora sul territorio kossovaro, segregata in enclaves protette dalla Kfor.
Situazione pre-conflitto popolazione: 2.2 milioni di abitanti; 88% di etnia albanese, 6% serbi, 3% mussulmani slavi, 2% rom-zigani (egiziani), 1 % turchi.
Il Kossovo è diviso in 29 municipalità e circa 1500 villaggi; solo 9 sono le città con più di 20.000 abitanti.
Obiettivo del progetto
Premessa: l’intervento di Movimondo si inserisce in un programma, avviato nel 1999 dall’Agenzia Europea per la Ricostruzione del Kossovo , strutturato in quattro fasi, una per ogni anno dal 1999 al 2002. Ogni anno l’Agenzia si riserva di individuare strategie d’intervento e relativi fondi per ogni settore di sua competenza fornendo linee guida e modalità di implementazione per tutti i suoi partner. Movimondo partecipa alla seconda e terza fase inserendosi nel programma di riabilitazione e ricostruzione di abitazioni danneggiate dal conflitto.
Prima fase: avviata nel 2000 ha come obiettivo la ricostruzione di 300 case, aumentate a 393 in fase di implementazione, nella municipalità di Klina, dove la maggioranza della popolazione rimasta è di etnia albanese, salvo qualche piccola concentrazione di rom-egiziani e slavi mussulmani.
Seconda fase: avviata nel 2001 ha come obiettivo la ricostruzione e riabilitazione di 300 case nelle municipalità di Klina e Istog. Successivamente l’Agenzia inserisce nel programma la ristrutturazione di 20 case all’interno di una enclave serba presente nel territorio, nella valle di Osojane. Questo intervento, sollecitato da UNMIK per facilitare il rientro dei Serbi, è stato concepito ed implementato nell’ambito del programma EAR seguendo le stesse procedure e gli stessi standard utilizzati nel resto del programma.
UNMIK ha poi integrato il programma EAR con un modesto finanziamento per l’adeguamento idrico e fognario delle 20 case, affidando a Movimondo la realizzazione delle attività senza fissare procedure e standard, in un quadro di assoluta ambiguità (sia relativamente all’ONG sia rispetto ai beneficiari) e di disomogeneità con il contemporaneo intervento portato avanti dalla Cooperazione tedesca con THW.
Implementazione del progetto
Principali indicazioni fornite dall’Agenzia per la Ricostruzione; relativi problemi riscontrati in fase di implementazione e soluzioni adottate.
Indicazioni:
1. Individuazione dei beneficiari tra coloro che vivono in centri di accoglienza o che hanno trovato ospitalità in famiglie locali, intesi come i più vulnerabili e con la volontà di rioccupare le case abbandonate in seguito al conflitto.
Particolare attenzione alle minoranze presenti nel territorio.
2. Assicurare uno standard comune nella ricostruzione facendo riferimento alle linee guida fornite dall’Agenzia e da UNMIK.
3. Ottimizzare e agevolare le risorse locali ad ogni livello: dando un ruolo importante alla municipalità locale attraverso l’istituzione di un Comitato Municipale per la Ricostruzione, costituito da rappresentanti locali e non; partecipazione dei beneficiari tramite il self-help; creazione di possibilità di impiego per le locali imprese e per la popolazione.
Premessa: dal momento che la tipologia dei problemi riscontrati per i progetti finanziati dall’Agenzia ( ricostruzione nella municipalità di Klina e di Istog; ricostruzione di 20 case nella valle di Osojane) e quello finanziato da UNMIK ( adeguamento idrico e fognario nella valle di Osojane) è diversa, verranno trattati di seguito separatamente.
EAR ( Agenzia Europea per la Ricostruzione)
Problemi riscontrati:
1. La selezione dei beneficiari avveniva attraverso assemblee organizzate da Movimondo, alle quali partecipavano i rappresentanti delle autorità locali, i capi villaggio, la popolazione; e attraverso rilevazioni sul terreno. Secondo le indicazioni dell’Agenzia le assemblee dovevano rappresentare uno spettro della società locale, quindi tutte le categorie dovevano essere rappresentate, donne e minoranze etniche comprese. Questo all’inizio non è stato possibile, le assemblee erano scarsamente rappresentate e di conseguenza l’individuazione dei beneficiari non così immediata. Questo ha rallentato le attività in una situazione in cui i tempi per la realizzazione del progetto erano limitati, e la valutazione delle attività stesse, nonostante le indicazioni, veniva comunque fatta sulla quantità: tasso di occupazione effettiva delle case; piuttosto che sulla qualità: livello di ricostruzione e tipologia del beneficiario selezionato.
2. La necessità di scegliere i beneficiari più vulnerabili, spesso ha reso impossibile l’attuazione del self-help per la ricostruzione. Il più delle volte i beneficiari erano donne, bambini, vecchi o disabili che non avevano i mezzi o le capacità per poter collaborare alle attività. Inoltre la presenza di altre Ong sul terreno ha a volte rappresentato un motivo di concorrenza nell’accaparrarsi le persone più idonee al lavoro e garantire in questo modo al progetto un aspetto particolarmente apprezzato dai donor.
Soluzioni adottate
1. Nella prima fase al personale tecnico Movimondo ha affiancato al coordinatore di progetto una figura con il compito di occuparsi della selezione dei beneficiari. Organizzare le assemblee e fare in modo che vi partecipassero le donne e le minoranze etniche, significava andare a sollecitare abitudini e convinzioni radicate ( la comunità albanese è, a maggioranza, di fede mussulmana; nelle piccole comunità rurali in cui ci siamo trovati ad operare, chi prende le decisioni per tutti sono i capi villaggio, i vecchi; in sostanza gli uomini); questo richiede oltre che professionalità anche tempo, poiché si tratta di obiettivi perseguibili solo a condizione che tra le parti si creino relazioni di fiducia. E tuttavia, nonostante fosse una soluzione auspicabile, non si è dimostrata attuabile poiché i tempi tecnici e quelli "sociali" procedevano a velocità diverse; all’interno del progetto chi regolava il cronogramma era l’aspetto tecnico, non quello sociale. Non solo, anche all’interno dello staff di Movimondo non è stato possibile trovare il modo di accordarsi in un percorso comune. A questo punto si è deciso di utilizzare solo personale tecnico ma con capacità personali e attitudini favorevoli ad occuparsi anche dell’aspetto sociale; consapevoli comunque da un lato, della mancanza del know-how necessario; e dall’altro, che un aspetto così importante doveva essere gestito e guidato dall’Agenzia stessa con risorse dedicate (sin dal primo impatto del programma), cosa che non è avvenuta.
2. Il self-help è un aspetto importante nei progetti di ricostruzione perché oltre a coinvolgere direttamente la popolazione nelle attività, rappresenta una grossa opportunità di risparmio. Nei casi in cui questo non è stato possibile Movimondo ha selezionato e assunto personale e imprese locali. E’ importante sottolineare che là dove è stato possibile il self-help ha funzionato bene grazie all’impegno dell’Agenzia sia in termini di implementazione e di assistenza tecnica che di monitoraggio costante delle attività.
UNMIK
Problemi riscontrati:
1.1 L’applicazione degli standard da parte di tutte le realtà che operano nella ricostruzione è un fattore importante, poiché può diventare una fonte di ulteriori tensioni. L’esperienza ha dimostrato che la soluzione migliore sarebbe avere un’unica organizzazione per una determinata zona, in modo tale da garantire un trattamento uniforme. Questo si è dimostrato evidente nella fase di implementazione del progetto; nella stessa valle di Osojane da tempo operava una organizzazione non governativa tedesca che garantiva, ai beneficiari di cui si occupava, standard al di sopra di quelli stabiliti dall’Agenzia, accollandosi tutti i costi supplementari. I problemi sono nati quando i proprietari delle case assegnate a Movimondo si sono accorti del diverso trattamento. Il loro atteggiamento è diventato ostile e assolutamente non collaborativo, teso solo a sfruttare il più possibile le opportunità e le indecisioni manifeste a livello direttivo.
1.2 In questa fase è venuto a mancare il supporto e la collaborazione del donor. Più volte sono state avvallate le richieste della popolazione, là dove da un lato, gli standard stabiliti non le prevedevano e dall’altro si veniva a creare una mancanza di coerenza pericolosa, dal momento che le case costruite o ristrutturate per la maggioranza albanese fino a quel momento avevano più o meno seguito lo stesso schema. Questo diverso trattamento poteva rappresentare un’ulteriore elemento di tensione fra le diverse etnie. Inoltre la mancanza di una linea di condotta comune tra donor e Ong (Movimondo) ha comportato la perdita di credibilità e di fiducia da parte della popolazione per l’Ong stessa.
1.3 Anche quando i beneficiari avrebbero avuto le capacità per cooperare nell’attività di ricostruzione (self-help), il clima di tensione e di mancato coordinamento tra i soggetti internazionali (UNMIK, EAR, Movimondo, THW, ecc.) ha dato spazio a rivendicazioni ingiustificate da parte dei beneficiari (che chiedevano di essere ricompensati per il lavoro eventualmente svolto per ricostruire la propria casa) e comunque ad una totale assenza di collaborazione.
2. Il personale albanese, che da tempo faceva parte del nostro staff, si è rifiutato di partecipare a questa fase del progetto che vedeva come diretti beneficiari i serbi; i tentativi di coinvolgerli sono tutti falliti. Inoltre l’applicazione del self-help non è stata possibile da un lato, perché l’Ong tedesca aveva reclutato gran parte delle persone abili; dall’altro perché i beneficiari volevano essere pagati per il loro lavoro.
Soluzioni adottate:
1. Senza l’appoggio del donor, Movimondo si è trovata nell’impossibilità di portare avanti il lavoro poiché, se non venivano soddisfatte le richieste della popolazione, la loro collaborazione veniva meno. Si è cercato quindi di soddisfarle nel possibile con costi supplementari, non previsti nel budget, completamente a carico di Movimondo. La situazione è migliorata quando finalmente l’atteggiamento del donor è cambiato, consapevole che non era più possibile continuare a cedere alle continue richieste della popolazione; a questo punto chi non collaborava sarebbe stato lasciato fuori dal progetto.
2. Per lo staff interno la soluzione adottata è stata quella di avvalersi di personale serbo e dove possibile di personale albanese, senza tuttavia le competenze necessarie, ma che ci garantiva i contatti esterni alla valle necessari per il completamento del progetto.
Per il reclutamento delle imprese in un primo momento è stata proposta un’impresa bosniaca, rifiutata dalla comunità locale; dopo un breve intervallo in cui si è utilizzata un’impresa serba fallito per problemi " tecnici", Movimondo si è vista costretta ad assumere gli stessi beneficiari del progetto che si erano prima rifiutati di lavorare non pagati secondo le direttive dell’Agenzia, nella necessità di portare a termine il progetto che aveva subito già numerosi ritardi.
Lezioni apprese
– Nelle linee guida per i progetti finanziati da EAR, si raccomandava un’attenzione particolare all’aspetto sociale in fase di implementazione. Si è già detto che intervenire in situazioni di conflitto non è mai neutro, in qualche modo tutte le nostre azioni hanno un effetto più o meno evidente sullo stesso. Tenere conto dell’aspetto sociale in termini di differenze etniche, di genere e di vulnerabilità, vuol dire in parte, avere chiaro questo concetto. Tuttavia per fare questo sono necessarie professionalità specifiche, strumenti, tempi e risorse adeguate; tutti fattori che non sono stati contemplati dall’Agenzia non solo in fase di progettazione, ma neppure in fase di valutazione. Questa mancanza di coerenza lascia sole le Ong e le responsabilizza in settori per cui spesso non hanno mezzi per mettere in campo le competenze necessarie, lasciando spazio ad errori che possono compromettere la buona riuscita dei progetti stessi.
– Il progetto finanziato da UNMIK ha messo in evidenza quanto sia importante la coordinazione e collaborazione tra il donor e l’Ong che implementa il progetto e, più in generale, tra tutti gli operatori che realizzano l’attività di ricostruzione nell’area.
La frammentazione delle posizioni tra UNMIK e Movimondo ha portato sostanzialmente al fallimento del progetto, poiché alla fine nessuno: né il donor, né Movimondo, né i beneficiari è rimasto soddisfatto. Per troppo tempo Movimondo si è trovata senza il supporto da parte del donor, in balia delle richieste e provocazioni dei beneficiari; là dove la loro collaborazione e fiducia è essenziale per l’implementazione stessa del progetto. La mancanza di coerenza, legata soprattutto a motivazioni politiche, ha messo in evidenza l’assenza di idee chiare su cosa doveva essere fatto e sul come doveva essere fatto; l’Ong non deve avere un ruolo di mera esecutrice, ma non può nemmeno assumersi in pieno la responsabilità del fallimento del progetto stesso, dove questo è legato a ragioni di impatto e di strategia generale.
– Importanza degli standard e riconoscimento degli stessi: in sostanza è importante che esistano delle regole e che vengano rispettate; mantenendo comunque un margine di flessibilità a seconda dei casi. Questo è stato evidente nel caso del self-help.
Il self-help implica che vengano distribuiti i materiali per la ricostruzione alla popolazione in grado di lavorare da sola; e rappresenta da un lato, una possibilità di risparmio; dall’altro coinvolge direttamente la popolazione nella fase della ricostruzione affidandole in questo modo un ruolo attivo. Il tutto funziona se non esistono limiti di tempo; il discorso è diverso se esiste un programma intensivo che richiede un certo numero di case pronte in un determinato arco di tempo (per esempio per assicurare un tetto a migliaia di persone prima dell’arrivo dell’inverno). A questo punto è necessario un donor che abbia le idee chiare e che si sviluppino in strategie efficaci. L’Agenzia ha avuto il merito di assumersi questo ruolo:
– sviluppando un’architettura di implementazione particolareggiata ( es. veniva consegnato il primo lotto di materiali e successivamente solo dopo la verifica di come fosse stato utilizzato veniva consegnato il secondo lotto e via di seguito).
– monitorando periodicamente le attività e fornendo assistenza tecnica continua.
Di contro il non riconoscimento degli standard da parte di UNMIK ha reso l’applicazione del self-help, nel caso della valle di Osojane, praticamente impossibile.
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