La piaga

Belgrado, Bucarest, Pristina, Tirana, Skopje, Sarajevo, Sofia, Zagabria e Podgorica non lesinano dichiarazioni contro corruzione e crimine organizzato. Bruxelles però non sembra soddisfatta. Una lunga analisi di Balkan Insight. Nostra traduzione

20/08/2010, Giuseppe Lauricella -

La-piaga

Di Gordana Igric e team BIRN

Traduzione per OBC a cura di Martina Ferrari

A seguito delle minacce dell’Unione europea di non consentire a paesi in cui dilaga la corruzione di entrare nell’Unione, i governi dei Balcani hanno dichiarato “tolleranza zero” nei confronti della corruzione. Ma di fatto, quanto sono credibili?

Nei Balcani, non trascorre settimana senza che uno scandalo di corruzione sia sulle prime pagine dei giornali, con nomi, date e crimini inclusi: ex ministri sono stati arrestati in Macedonia e Croazia, signori della droga si sono dati alla fuga, funzionari di alto livello in Albania e Montenegro sono stati inquisiti.

La corruzione in queste regioni dilaga in tutti i settori, dal sistema sanitario alla dogana, dalle istituzioni fiscali al parlamento. Le ragioni sono molteplici: leggi deboli, indagini inefficaci della polizia, giudici e politici corrotti, inadeguate sentenze e un coordinamento precario delle operazioni anti-corruzione. I governi dei paesi Balcani occidentali però si stanno limitando a fare promesse vuote in risposta alla richiesta di Bruxelles di ripulire i loro "cortili di casa".

Mentre diversi governi sono impegnati, più o meno efficacemente, nel persuadere l’Ue del fatto che stiano facendo del loro meglio, gli esperti dichiarano che i progressi concreti nella battaglia contro la corruzione e il crimine organizzato sono misurati non dal numero di arresti, ma da semplici indicatori: condanne da parte del tribunale a seguito di giusti processi, quantità di denaro sporco confiscato, numero di proprietà illegali sequestrate. Questi tipi di procedure non si sono ancora viste.

In assenza di una reale volontà politica, accompagnata dalla generale apatia dei cittadini, sono stati raggiunti pochi progressi concreti. Cosa si può fare?

Vi sono una serie di iniziative che possono essere attuate, ma tutte dipendono dalla volontà politica. Queste iniziative includono svincolare il giudiziario dal controllo dei politici, maggior trasparenza in tutti settori del governo, rigidi controlli dei finanziamenti dei partiti politici, sorveglianza di aziende statali e appalti pubblici, rafforzamento delle agenzie anti-corruzione, adozione di leggi pertinenti, stipendi migliori per coloro che sono maggiormente vulnerabili alla corruzione; addestrare la polizia o speciali unità investigative a portare a termine efficacemente i propri incarichi.

Infine, gli stessi media dovrebbero porre fine alla corruzione interna così da poter aumentare la consapevolezza del pubblico e indagare a dovere anche i più rilevanti casi di corruzione.

I bad boys dell’Unione – L’esperienza di Romania e Bulgaria

Bruxelles insiste che non ripeterà l’errore commesso quando permise alla Bulgaria e alla Romania di entrare a far parte dell’Ue prima che avessero affrontato i loro problemi di corruzione endemica.

E’ un problema che ancora oggi persiste in quanto l’essere membri dell’Unione non è stato uno stimolo sufficiente per eliminare corruzione e crimine organizzato in entrambi i paesi.

Tre anni dopo il loro ingresso, entrambi i paesi sono considerati i "bad boys" dell’Unione, che tutt’ora arrancano nel tentativo di sconfiggere una corruzione profondamente radicata.

Durante i turbolenti anni di transizione post-comunista, la capitale bulgara, Sofia, è diventata un vero e proprio campo di battaglia per bande criminali rivali, caratterizzato da assassinii e sparatorie in stile mafioso. Nessuno dei leader di spicco di questi gruppi è mai stato arrestato.

In Romania, la corruzione non è meno evidente. In tutti i recenti sondaggi la corruzione è stata indicata tra i problemi principali del paese, e la maggior parte degli intervistati ha dichiarato di non aver fiducia nell’equità del sistema giudiziario.

Nel 2008, Bruxelles ha interrotto finanziamenti per milioni di euro destinati alla Bulgaria. Entrambi i paesi sostengono di occuparsi del problema tramite arresti di alto profilo di politici e boss mafiosi.

Ma l’Europa non si è ancora convinta che le difficoltà vengano gestite adeguatamente, e continua a criticare il sistema giudiziario, menzionando i ritmi blandi delle riforme giuridiche e l’inadeguatezza delle sentenze comminate a coloro i quali sono stati ritenuti colpevoli.

Un diplomatico dell’Ue ha dichiarato che l’Unione era consapevole del fatto che Romania e Bulgaria non fossero totalmente pronte a diventare membri. “Abbiamo commesso un errore quando abbiamo promesso di farli diventar membri e a seguito è stata presa la decisione politica di ammetterli nonostante la carenza di progressi”, ha dichiarato il diplomatico, parlando a condizione dell’anonimato. “La nostra teoria era che fosse meglio averli sotto controllo, e il miglior modo per farlo era di farli entrare.”

L’esperienza dell’Unione tutt’altro che positiva di Romania e Bulgaria sta avendo ripercussioni sulle speranze europee della Croazia.

Angela Filote, portavoce del Commissario Europeo all’Allargamento Stefan Fule, ha dichiarato che dall’ultimo allargamento sono state imparate delle lezioni, spingendo Bruxelles ad applicare regole più rigide per il futuro. “Queste lezioni fanno parte integrante della nostra strategia di allargamento, adesso maggiormente focalizzata sulla lotta contro la corruzione, sulle riforme amministrative e giuridiche e sullo stato di diritto,” ha dichiarato la Filote. “E’ proprio per questo che abbiamo istituito un sistema di condizioni specifiche per avanzare nelle negoziazioni sull’ingresso nell’Ue”.

“Quello a cui puntiamo è un miglioramento della qualità della procedura di preparazione, così che i paesi entrino a far parte dell’Unione una volta pronti a contribuire positivamente all’Ue. Non vogliamo riapplicare la formula usata nel caso di Romania e Bulgaria, ma, al contrario, accertarci che i paesi entrino a far parte dell’Unione esclusivamente quando sono completamente pronti.”

La Croazia sarà tra le prime ad essere sottoposta a queste nuove norme più rigorose. Per l’economista Hrvoje Stojic questo, a lungo andare, potrà dimostrarsi un fatto positivo.

“La Romania e la Bulgaria sono stati ammessi secondo criteri meno rigidi e con l’impegno di portare a compimento le riforme necessarie una volta divenuti membri. Le richieste poste alla Croazia sono molto più vincolanti, e come risultato le negoziazioni sono più complicate, ma io sono convinto che sia la Croazia che gli altri paesi sottoposti a maggiore controllo, ne avranno dei vantaggi”, ha affermato.

Pochi progressi

Se i progressi nell’estirpare la corruzione non aumenteranno, la membership dell’Ue non è cosa sicura per la Croazia.

Nonostante il paese abbia compiuto progressi notevoli in direzione dell’Europa, l’ultima indagine condotta da Transparency International evidenzia che il tasso di corruzione in Croazia, nel 2009, è aumentato. Il suo Indice di percezione della corruzione (IPC) è di 4.1, appena migliore del 3.8 di Romania e Bulgaria e del 3.5 della Serbia. Nel 2008, la Croazia aveva ottenuto un 4.4.

Negli scorsi mesi ci sono state azioni per limitare la corruzione e il crimine organizzato con arresti di alto profilo, ma le recenti operazioni della polizia dimostrano che c’è ancora molto da fare in termini di pratiche corrotte in aziende statali, nell’esercito e nel mondo accademico.

L’Albania, che ha fatto richiesta di ammissione nell’Ue nell’aprile del 2009 ed è diventata membro della NATO lo stesso anno, continua a ottenere risultati scarsi. A seguito del collasso del regime stalinista quasi 20 ani fa, la corruzione è divenuta endemica, ostacolando così le chances di integrazione nell’Ue.

Una sondaggio pubblicato lo scorso novembre da Gallup Balkan Monitor, il più grande sondaggio d’opinione pubblica mai condotto nella zona, ha rilevato che il 52% degli albanesi sostengono di aver dovuto pagare mazzette nell’ultimo anno. Questa è senza alcun dubbio la percentuale più consistente in tutti i Balcani.

Uno studio condotto dall’Istituto per lo Sviluppo e la Ricerca Alternativa, ISRA, ha evidenziato che l’esperienza e la percezione di corruzione del pubblico albanese è peggiorata nell’ultimo anno. Più o meno il 49% della gente è convinta che la corruzione sia peggiorata rispetto all’anno precedente. I funzionari della dogana, i funzionari delle tasse, i ministri, i parlamentari e i dottori sono ritenuti i più corrotti.

La percezione di corruzione in Albania è condivisa dal Consiglio europeo il quale ha dichiarato che la corruzione e il crimine organizzato in Albania rappresentano l’ “unica e più grande minaccia per il funzionamento delle istituzioni democratiche e dello stato di diritto.”

Nel contempo, anche la Banca Mondiale considera l’Albania il paese più corrotto nei Balcani occidentali. Poi vi è il crimine organizzato, anche se alcuni insistono che la situazione non sia poi così negativa.

Un esperto locale ribadisce che nonostante i gruppi del crimine organizzato dell’Albania ricevano particolare attenzione da parte dei media, e che spesso godano di protezione politica, essi non abbiano raggiunto i livelli preoccupanti dei gruppi della mafia siciliana. “La verità in merito al crimine organizzato albanese è che non è poi così organizzato,” ha dichiarato Agron Sojati, l’ex rappresentante della Southeast European Cooperative Initiative Regional Centre for Combating Trans-Border Crime.(Organizzazione operativa con sede a Bucarest che collabora per migliorare la sicurezza nei paesi dell’est Europa ndr).

Nel 2009, l’indice di Transparency International ha mostrato come anche la Serbia abbia un lungo cammino d’innanzi a sé prima di poter entrare a far parte dell’Unione, nonostante le iniziative attuate per porre un argine ai suoi problemi e le promesse del governo all’Ue di porre fine alla corruzione.

Secondo l’indice la Serbia è 83sima con un IPC del 3.5, facendo del paese una nazione con un prominente problema di corruzione. Il risultato dell’IPC della Serbia è aumentato di 0.1 durante l’ultimo anno, quando era all’85esimo posto con Montenegro, Albania, India, Madagascar, Panama e Senegal.

Tutti i rapporti della Commissione europea e del Dipartimento di Stato americano indicano che il crimine organizzato è il principale problema del Montenegro.

Sembrano esserne consapevoli gli stessi cittadini montenegrini. Secondo un sondaggio svolto dal Monitoring Center, CEMI, un’ong montenegrina, tra i più corrotti sono indicati doganieri, giudici, polizia, operatori sanitari, i funzionari fiscali, le imprese private, il governo locale, gli amministratori immobiliari e i parlamentari.

Il dover affrontare così spesso la corruzione ha avuto una sfortunata, ma non sorprendente, conseguenza sulla gente del Montenegro. All’incirca il 70% ha dichiarato di credere che un comportamento corrotto sia il miglior modo per ottenere risultati.

In Kosovo, il Progress Report del 2009 della Commissione europea – seguito da taglienti commenti dei diplomatici internazionali – è stato un campanello d’allarme per le istituzioni a rivedere il loro agire.

Secondo il rapporto, “complessivamente, il progresso nel combattere la corruzione, che è una priorità per accedere all’Ue, è stato limitato". “La corruzione continua a dilagare in molte zone del Kosovo e ancora rappresenta una vera e propria piaga”.

In un’intervista rilasciata nel febbraio scorso, l’ambasciatore americano Christopher Dell ha criticato l’incapacità del Kosovo nell’assicurare alla giustizia i funzionari corrotti. Ha dichiarato: “Sappiamo tutti che la corruzione è una delle sfide che questo paese deve affrontare e ancora, in 10 anni, per quanto io ne sappia, non c’è un personaggio di spicco, ma nemmeno un leader di medio livello, che sia stato arrestato con accuse di corruzione, e io ritengo che questo venga notato dai semplici cittadini”.

Ramadan Ilazi è il direttore esecutivo del movimento FOL08, un’ong kosovara che si occupa di corruzione. “La corruzione in Kosovo è collegata con il crimine organizzato e, sembra, con la politica. E’ difficile e pericoloso combatterla. Questo ha portato al dilagare della corruzione, che è divenuta il lubrificante dei processi decisionali in Kosovo”.

Engjellushe Morina, direttore esecutivo della think tank Iniciativa Kosovare per Stabilitet, IKS, ha dichiarato che la vastità del problema non è propriamente conosciuta.

“E’ difficile conoscere l’entità effettiva della corruzione in Kosovo. Ci sono rapporti e sondaggi che trattano dell’esperienza e della percezione della corruzione. Ciononostante, questi dati non sono sufficienti per comprendere a pieno la natura della corruzione kosovara. Fino ad ora nessuno ha mai offerto una spiegazione dettagliata di che tipo di corruzione dilaghi nel nostro paese ed i settori maggiormente colpiti.”

Il problema della corruzione dei funzionari di alto livello in Kosovo è simile a quello della Bosnia, dove la situazione è drammatica e presumibilmente coinvolge le più alte cariche del governo.

Secondo il Progress Report della Commissione europea sulla Bosnia del 2009 – che ha dichiarato voler far domanda di ammissione all’Ue alla fine dell’anno – il paese ha compiuto pochi progressi nel combattere la corruzione.

Il rapporto sottolinea il fatto che in Bosnia non vi sia efficace attività d’indagine, e sia scarso il lavoro dei pubblici ministeri e che non si arrivi mai all’arresto di funzionari di alto livello sospettati di corruzione. Il rapporto inoltre si sofferma sul persistente problema del debole coordinamento a livello statale tra gli organismi preposti alla lotta alla corruzione.

Altri problemi indicati nel rapporto includono la debole cooperazione tra la polizia e i pubblici ministeri e il procedere troppo lento dei processi riguardanti casi di corruzione.

“Complessivamente la corruzione in Bosnia dilaga in molte zone e continua ad essere un problema serio, specialmente all’interno del governo e in altre strutture statali che hanno a che fare con appalti pubblici, concessioni, settori della sanità, dell’energia, dei trasporti, delle infrastrutture e dell’educazione,” nota il rapporto.

L’anno scorso, Trasparency International ha classificato la Bosnia Erzegovina tra il 99esimo e il 105esimo posto in una lista sulla corruzione che include 180 paesi, piazzandosi sotto tutti gli altri paesi dell’ex-Jugoslavia. La Russia è stata l’unico paese europeo con un punteggio peggiore.

Srdjan Blagovcanin, il direttore esecutivo di Trasparency International in Bosnia, ha commentato che il paese è uno “stato prigioniero”, intendendo che tutto è sotto il controllo dell’oligarchia al potere. “Controllano persino il processo legislativo così da assicurarsi che le leggi siano a loro vantaggio,” ha dichiarato. “La Bosnia è vista come il paese più corrotto nell’Europa sud-orientale, nonostante ci siano numerosi contendenti per questo titolo infelice.” “In rare occasioni, quando casi di corruzione riguardanti leader politici giungono nei tribunali, questi fatti sono presentati come attacchi al loro intero gruppo etnico.”

Svetlana Cenic, economista ed ex ministro delle Finanze della Republika Srpska, ha spiegato che i funzionari del governo spesso affidano pubblici contratti lucrativi a chi sia disposto a pagare la tangente più consistente e utilizzino le previste “unità anti-corruzione” per regolare questioni politiche con gli oppositori. In questo modo, il governo alimenta l’economia sommersa poiché “le aziende sono costrette a lavorare illegalmente per poter ottenere denaro per le tangenti”.

Rischia allora di non essere una sorpresa che la mancanza di volontà della politica e della magistratura nel combattere la corruzione abbia portato ad un profondo intreccio di quest’ultima con la quotidianità dei bosniaci. Gli esperti avvisano che la corruzione è diventata uno stile di vita, con tangenti, nepotismo e evasione fiscale considerati regolari modi di svolgere gli affari.

La proprietaria di un negozio a Sarajevo, che ha chiesto di essere identificata come Fata, ha affermato di aver pagato 7mila euro l’anno scorso per poter assicurare a sua figlia un lavoro come donna delle pulizie in un’azienda pubblica. “So che non è corretto, ma lo fanno tutti e non c’è altro modo. Devi pagare per essere trattato adeguatamente da un dottore. Devi pagare per iscrivere tuo figlio a scuola e devi pagare per essere assunto,” ha detto. “Questa è la normalità.”

La pressione politica sta bloccando riforme significative in Macedonia che, sulla carta, ha leggi efficaci contro la corruzione.

Sladjana Taseva, a capo dell’Ong Transparency-Zero Corruption, afferma che le leggi anti-corruzione della Macedonia sono onnicomprensive e che il paese ha firmato la maggior parte delle convenzioni internazionali presenti in questo specifico campo.

Nonostante questo, ha notato che c’è un approccio alquanto selettivo a seconda che ci si occupi della corruzione dei politici di altro livello, attuali o ex, o piuttosto di casi di corruzione nei livelli più bassi della società e dalla pubblica amministrazione. “La cosa che manca è la volontà politica di smascherare i grandi casi di corruzione, la volontà di permettere alle istituzioni di operare efficacemente e applicare le leggi senza pressione politica,” ha dichiarato laTaseva.

Le origini del problema

Durante gli anni ’90, tutti i paesi dei Balcani hanno dovuto affrontare la privatizzazione delle industrie statali, un processo che ha rafforzato il legame tra l’oligarchia del business e l’élite politica. Da allora, questo legame ha coinvolto i media, il parlamento e molte altre sfere della società.

I modelli di privatizzazione adottati nei primi tempi della transizione hanno concesso ai manager pubblici, quasi sempre schierati con il partito politico al potere, di comprare porzioni di aziende statali. Oggi, gran parte di questi ex manager sono i grandi magnati dei Balcani, e spesso influenzano le decisioni del parlamento e spingono affinché le leggi proteggano la loro ricchezza e quella dei loro nuovi o vecchi alleati politici.

Il finanziamento illegale dei partiti politici rimane una delle principali fonti di corruzione, che in seguito si dirama negli strati più bassi della società.

Ancor oggi le aziende statali svolgono il ruolo di "ricompense post-elettorali", al loro interno i ruoli di spicco vengono offerti dal partito vincente ai propri sostenitori.

Il settore economico, che resta iper-regolato, offre ulteriori opportunità di corruzione nelle lunghe e complesse procedure burocratiche impiegate per esempio per ottenere o registrare licenze, permessi di costruzione ecc. A questo si aggiunge la mancanza, in alcuni paesi, di leggi fondamentali come quelle sul lobbying o sulla protezione degli informatori di giustizia.

Le guerre in ex-Jugoslavia e le sanzioni dell’Onu imposte a Serbia e Montenegro hanno spesso permesso ai servizi segreti dei paesi in esame di stringere forti relazioni e tenere sotto controllo i gruppi del crimine organizzato che contrabbandavano armi, tabacco e droghe, per poi dividersi con loro il profitto. Grazie a queste fonti illegali, l’élite dominante riusciva a riempire le casse dello stato, per non parlare delle proprie tasche. Il legame tra i politici e il crimine organizzato è ancora evidente in alcuni di questi paesi.

Quando il comunismo/socialismo è crollato negli anni ’90, guerre sanguinose e schemi di Ponzi hanno dilagato in tutta la regione, e gli stati sono stati ricostruiti dal nulla. Di conseguenza, c’è un’eccessiva e poco efficace burocrazia, un mercato economico inadeguatamente sviluppato, risorse insufficienti e la mancanza di una pubblica amministrazione trasparente. Il governo prolungato di un singolo partito ha consolidato cattive abitudini, come succede in Montenegro, e fino a poco tempo fa, in Croazia.

Il risultato è che gli stati balcanici hanno istituzioni deboli; quelle più soggette all’influenza politica comprendono la polizia investigativa e il settore giudiziario.

Lutfi Dervishi, direttore esecutivo di Transparency International in Albania, ha spiegato: “Se analizziamo la questione da un punto di vista storico, questo paese non ha certo un buon rapporto con lo stato di diritto. Per 500 anni è stato sotto l’impero ottomano e per 50 anni è stato comunista, i cittadini si sono abituati a vedere lo stato come un’istituzione da cui tenersi alla larga. Questa è una tradizione che promuove la corruzione. Manca inoltre la piena consapevolezza di cosa comporti effettivamente la corruzione. Quest’ultima è vista solo come una scorciatoia per ottenere quello che si vuole".

La cultura della corruzione esiste da lungo tempo anche in Macedonia, ma ha raggiunto il suo apice dopo l’indipendenza nei primi anni ’90. La controversa privatizzazione delle aziende statali che è seguita all’indipendenza ha contribuito a rafforzare il legame tra l’oligarchia finanziaria e l’élite politica, un rapporto che ha poi coinvolto i media, il parlamento e altri settori della società.

Saso Ordanoski, di Transparency Macedonia, ha spiegato che le modalità con cui le aziende statali sono state privatizzate sono ampiamente criticabili. “Il modello che la Macedonia ha abbracciato è stato quello di consentire ai manager di comprare parti delle allora aziende statali. Questo veniva concesso nella speranza che i dirigenti sapessero come meglio gestire le imprese così da salvarle dalla bancarotta,” ha affermato Ordanoski. “L’idea era quella che il loro interesse come proprietari li avrebbe portati ad ad avere più successo.”

Ma le cose non andarono esattamente come previsto e con poco controllo sulle loro attività da parte del governo o del sistema giudiziario i manager cominciarono ad arricchirsi. Il fattore chiave di tutta la questione, secondo Ordanoski, è stata la mancanza di un efficiente e imparziale sistema giudiziario, svincolato da influenze esterne, in particolar modo, politiche.

Sam Vaknin, consigliere del ministro delle Finanze macedone dal 1998 al 2002, dichiara: “La corruzione non si è mai arrestata dai tempi del socialismo. Durante la transizione dal socialismo al cosiddetto capitalismo la corruzione ha solo mutato la sua natura. In Macedonia la corruzione non è stata importata, ma è sempre esistita nel sistema stesso. La corruzione è lo stato, ed essere corrotti è qualcosa di cui essere orgogliosi. Invece di mettere in prigione i ministri corrotti, la gente vuole essere come loro, guidare le loro macchine e dormire con le loro donne".

Anche la geografia macedone – paese situato in una zona tendenzialmente instabile e circondata da paesi spesso in conflitto – ha giocato un ruolo rilevante in termini di corruzione. Quando la comunità internazionale aveva imposto un embargo commerciale contro il vicino settentrionale della Macedonia, la Serbia, i fornitori del governo di Belgrado hanno usato la Macedonia come una delle principali vie per i rifornimenti provenienti dalla Grecia.

“I cittadini macedoni aprirono finte aziende in giro per il mondo il cui vero scopo era il riciclaggio del denaro e come ricompensa ricevettero appalti enormi,” ha dichiarato Vaknin. “All’inizio hanno smerciato petrolio, acciaio e nickel ma non appena la situazione in Serbia è peggiorata cominciarono persino a smerciare cibo e altri prodotti".

Così come in Macedonia, anche in Serbia le privatizzazioni e l’eredità di guerra sono stati fattori influenti sulla corruzione attuale. E’ l’opinione di Cedomir Cupic, presidente dall’Agenzia anti-corruzione del paese.

“La Serbia è precipitata in questo stato di corruzione come conseguenza delle politiche governative degli anni ’90, politiche di guerra, e per l’orrendo modo in cui sono state condotte le privatizzazioni” ha affermato. “La corruzione ha sempre offerto una rapida fonte di guadagno. Come tale, si espande facilmente e diventa sempre più difficile da estirpare.”

In Bosnia-Erzegovina è la stessa complicata configurazione istituzionale che ha portato alla pace ad essere una delle cause di un sistema impregnato di corruzione.

Gli accordi di pace di Dayton del 1995, che sancirono la fine del conflitto, lasciarono la Bosnia con strutture governative multi-strato controllate da leader etnici e nazionalisti. "Hanno gestito il denaro pubblico come fosse loro e hanno usato la loro permanenza al potere come mezzo di auto arricchimento", ha dichiarato Svetlana Cenic, economista ed ex ministro delle Finanze della Republika Srpska.

Quest’ultima ha inoltre sottolineato che per spostare l’attenzione dalle pratiche di corruzione i leader politici hanno fatto leva sui sentimenti nazionalistici e ostacolato le riforme necessarie. “La Bosnia è una paese perfetto per la corruzione poiché la corruzione è parte integrante del sistema stesso,” ha dichiarato la Cenic.

La debolezza delle istituzioni è anch’essa un fattore che contribuisce ampiamente alla corruzione.

Srdjan Balgovanin di Transparency International Bosnia ritiene che la causa di alcuni dei problemi attuali della Bosnia sia “il fatto che il paese sia stato costruito dal nulla dopo la guerra. In più, come tutte le altre nazioni che sono etnicamente divise e che vivono un dopoguerra, offre un terreno fertile per la corruzione, a causa dell’assenza di strutture istituzionali e di regolamentazioni adeguate".

Balgovanin afferma inoltre che mentre alcuni settori – come ad esempio l’ambiente imprenditoriale – rimangono facilmente corruttibili per via della lunghe e complesse procedure di registrazione o ottenimento di licenze e permessi di costruzione – altri settori permangono privi di regolamentazione. La Bosnia è tutt’ora priva di leggi sul lobbying o sugli informatori di giustizia.

Una delle rare inchieste sulla corruzione che non si sia basata su sondaggi di opinione ma su analisi di sistema è il Swedish Development Agency report del 2007 dal titolo “Corruzione in Montenegro: visione d’insieme dei problemi principali e dell’andamento delle riforme”.

Il rapporto conclude che il Montenegro ha problematiche comuni ad altri paesi post-comunisti tra cui: un’eccessiva e poco efficace burocrazia, un mercato economico inadeguatamente sviluppato, risorse insufficienti e la mancanza di trasparenza nell’amministrazione.

[…]

L’esigua popolazione del Montenegro è anch’essa un fattore contribuente in quanto, statisticamente, le persone che ricoprono cariche chiave sono quasi sempre imparentate o comunque connesse l’una con l’altra.

In altri paesi della regione, il legame tra istituzioni e crimine è diminuito grazie ad un ricambio delle leadership, il passaggio di potere in mano a diversi gruppi politici, questo in Montenegro non è ancora avvenuto.

“Tra tutti i paesi della regione, riteniamo che solo in Kosovo il problema sia più critico,” ha dichiarato Vanja Calovic del Network per l’affermazione del settore non-governativo, MANS.

L’agenzia anti-corruzione kosovara ha ricevuto 400 denunce in merito a casi di corruzione da quando ha avviato le proprie attività nel febbraio 2007. Di queste, 61 pratiche sono state esaminate e sono stati emessi sette inviti ad avviare procedimenti giudiziari, ma nessuno di questi si è concluso in tribunale.

Hasan Preteni, direttore dell’agenzia, ha inviato al pubblico ministero 150 pratiche inerenti frodi, ma nessuna è stata portate in tribunale. Preteni ha richiesto avvengano cambiamenti nel settore giudiziario che, a suo avviso, ostruisce il suo lavoro non avviando processi.

In Macedonia, indagini scadenti e processi scorretti portano spesso al proscioglimento dei colpevoli.

Arresti di alto profilo di forze dell’ordine, funzionari di dogana, medici, e contrabbandieri di tabacco in operazioni con nomi suggestivi come “Cenere” o “Occhio di Serpente” sono finiti sulle prime pagine dei giornali, ma poche sono state le condanne, a riprova dell’inefficienza delle indagini di polizia.

“I massicci arresti svolti davanti agli obbiettivi delle telecamere televisive caratteristici dell’ultimo paio d’anni hanno contribuito a creare l’impressione che si stia davvero svolgendo una battaglia contro la corruzione. In seguito, nei tribunali, si scopre che non ci sono prove sufficienti contro gli indagati,” ha dichiarato la Taseva.

Secondo il Progress Report della Commissione europea sul Montenegro del 2009, esistono sentenze di colpevolezza emesse su casi di corruzione, ma in numero ancora molto basso.

La Commissione europea afferma che la capacità investigativa delle forze dell’ordine è ancora debole a causa dell’inadeguatezza in termini di competenze, attrezzature a disposizione e condizioni di lavoro. Particolarmente carente in Montenegro è l’esperienza in materia di indagini finanziarie, ha affermato la Commissione.

Agron Sojati, del SECI Regional Centre for Combating Trans-Border Crime, che adesso dirige l’Unità di protezione dei testimoni della polizia, ha dichiarato che la polizia che indaga su casi di corruzione nel paese fronteggia un grave dilemma. “Si può essere stupidi e rischiare di venir uccisi, o si può essere corrotti o fingere di essere incompetenti e chiudere un occhio,” ha affermato.

Cosa stanno facendo i governi

E’ un quadro desolante, ma i governi balcanici sostengono di star facendo progressi e di star prendendo seriamente le problematiche relative a corruzione e crimine organizzato dei loro paesi.

Il presidente serbo Boris Tadic ha dichiarato guerra alla mafia e ha affermato che non farà marcia indietro a nessun costo. “Non ci sarà nessuna concessione politica e noi andremo fino in fondo,” ha commentato Tadic.

L’ultimo giorno del gennaio di quest’anno, le linee telefoniche dell’Agenzia anti-corruzione serba erano tutte occupate, poiché gran parte dei 18.000 pubblici ufficiali hanno richiesto assistenza nel compilare dichiarazioni sulle loro attività prima della scadenza di fine mese. L’agenzia ha annunciato che i resoconti delle dichiarazioni verranno pubblicati sul sito web, dopo una verifica sui dati contenuti.

In Kosovo, il primo ministro Hasim Thaci è stato spinto ad allontanare funzionari corrotti nel suo rimpasto delle istituzioni iniziato a fine marzo 2010.

Il Rappresentante Civile Internazionale, Pieter Feith, e l’ambasciatore britannico Andy Sparkes hanno invitato ripetutamente il primo ministro ad adottare il metodo definito “reformatisation” per liberarsi di funzionari corrotti.

Thaci ha sostituito sei ministri così come numerosi viceministri e capi di agenzie pubbliche in una mossa da lui ritenuta importante per fermare la corruzione e migliorare l’efficienza delle istituzioni kosovare.

A seguito dei cambiamenti, l’ufficio di Thaci ha emesso un comunicato dichiarando che “queste decisioni sono parte di una iniziativa presa per rafforzare la buona governance, lo stato di diritto, la trasparenza e la guerra contro la corruzione e il crimine organizzato”.

Nel contempo, EULEX ha preso di mira il ministro dei Trasporti. Il procuratore capo di EULEX ha affermato che il ministro dei Trasporti kosovaro, Fatmir Limaj, e il ministro responsabile degli appalti pubblici, Nexhat Krasniqi, potrebbero essere condannati fino a 55 anni di carcere se trovati colpevoli dei casi di corruzione di cui sono sospettati. Altri sei ministri sono attualmente sotto indagine per corruzione.

Il ministro della Giustizia croato, Ivan Simonovic, durante il meeting Ue-Croazia tenutosi a Zagabria il 29 aprile scorso, ha dichiarato che le riforme stanno procedendo bene. La Croazia è riuscita a dimezzare la quantità di processi arretrati e ottenere diverse condanne per corruzione. Tra i detenuti per corruzione ci sono un ex vice primo ministro e un ex ministro.

In Croazia, l’aumento delle indagini da parte della polizia in merito a casi di corruzione è coincisa sorprendentemente con le dimissioni del Primo ministro Ivo Sanader e l’arrivo del suo successore, Jadranka Kosor, nel luglio del 2009.

“A seguito di un periodo nel quale la procura e la polizia subivano pressioni per tralasciare determinate indagini, il nuovo Primo ministro, Jadranka Kosor, ha posto fine a questa usanza. Questo ha permesso loro di svolgere il loro lavoro e persino di indagare su questioni che precedentemente sarebbero state subito arch

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