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La lingua della pace

Avviati i primi negoziati ufficiali, sotto l’egida dell’Onu, tra il presidente greco-cipriota Dimitri Christofias e l’omologo turco-cipriota Mehmet Alì Talat. La strada è lunga e difficile, ma la "lingua della pace" potrebbe sortire un dialogo produttivo

12/09/2008, Gilda Lyghounis -

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"In che lingua parlerete?" "In quella della pace". Così ha risposto giovedì 11 settembre il presidente greco cipriota Dimitri Christofias a un giornalista turco-cipriota, all’inizio dei primi negoziati ufficiali, sotto l’egida dell’Onu, fra i due "nuovi" leader (nominati alle ultime elezioni, Christophias nel 2008 e la controparte turco cipriota Mehmet Alì Talat nel 2005) delle due comunità dell’isola, divisa dal 1974 in seguito all’invasione militare di Ankara che ha occupato il terzo settentrionale di Cipro, invasione a sua volta avvenuta dopo un tentativo di golpe e di unificazione dell’isola alla Grecia da parte dell’allora dittatura dei colonnelli di Atene. Da allora, i greco ciprioti vivono nella Repubblica democratica di Cipro, unica riconosciuta dall’Onu e dal 2004 entrata a pieno titolo nell’Unione europea. I turco ciprioti, invece, nell’autoproclamata Repubblica di Cipro nord, riconosciuta solo dalla Turchia.

In che lingua parleranno? Quella della pace, è la speranza di tutti. Ma in pratica, i due leader Christofias e Mehmet Alì Talat potrebbero dialogare sia in greco, sia in turco, sia in inglese, essendo ex compagni di studi e amici di lunga data. Nell’isola di Afrodite quasi tutti coloro che hanno più di 40 anni parlano le tre lingue, perché prima della divisione la minoranza turco-cipriota, che prima del 1974 si aggirava intorno al 12 percento sul totale della popolazione, era disseminata in tutto il territorio, e avere dirimpettai dell’altra etnia era normale. Christofias, poi è nato a Kyrenia, nella costa nord di fronte alla Turchia, a maggioranza turco cipriota. Quanto all’inglese si imparava a scuola essendo stata Cipro protettorato britannico.

Comunque sia, le questioni ancora in sospeso per arrivare a una riunificazione sono molte.

I punti già dibattuti negli incontri preliminari sono sette: la modalità di condivisione del governo e la relativa distribuzione degli incarichi fra i rappresentanti delle due comunità; le relazioni estere e in particolare con l’Unione europea; la sicurezza e le garanzie rispetto alla partenza dei 30mila soldati turchi che ora presidiano Cipro nord; il risarcimento delle proprietà confiscate durante l’invasione e la conseguente guerra civile del 1974 (molti di questi processi sono stati portati negli anni scorsi davanti alla Corte europea dei Diritti dell’uomo); lo sviluppo economico e la nascita di una Banca centrale.

Gli attriti maggiori, elencati dal quotidiano greco cipriota "O Philelefteros" riguardano i meccanismi di distribuzione ed elezione degli incarichi di governo del nuovo stato condiviso, che diverrebbe una federazione fra le due comunità etniche. In particolare, i greco ciprioti mirano al voto diretto del presidente e del vicepresidente, affiancati da un Consiglio dei ministri, ed eletti tramite una sola scheda elettorale uguale per tutti gli isolani, ma con percentuali fisse attribuite alle due comunità in relazione al loro diverso peso numerico: in pratica, per diventare presidente, un candidato deve raccogliere un minimo prefissato di suffragi dell’altra etnia. I turco ciprioti, invece, preferiscono che le due massime cariche dello Stato siano scelte dal Parlamento. Inoltre, sempre i turco ciprioti mirano a un Consiglio dei ministri i cui membri rispecchino un rapporto 4:5 fra politici greco e turco-ciprioti: rapporto giudicato eccessivamente favorevole alla minoranza turco cipriota da parte di Christophias.

Ma ci sono anche questioni su cui si è già raggiunto un certo consenso. Per esempio sul fatto che le due comunità etniche non avranno diritti illimitati di firmare distinti accordi con terzi stati, e che potranno farlo su alcuni temi culturali o commerciali. La politica estera sarà appannaggio esclusivo del potere centrale.

"E’ stato un dialogo produttivo e di sostanza" ha dichiarato, dopo le prime 4 ore di negoziati, l’inviato speciale dell’Onu Alexander Downer, aggiungendo che "la strada sarà ancora lunga, questo è solo l’inizio delle trattative che riprenderanno già il 18 settembre".

L’agenda prevede al primo punto il proseguimento del dialogo sul tipo di condivisione del governo centrale e sui suoi meccanismi. Seguirà la questione delle proprietà confiscate da risarcire.

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